ADUNATE NAZIONALI |
TREVISO 1967 |
TREVISO, 1967
Terza adunata improntata alla celebrazioni per il
Cinquantenario della 1a Guerra Mondiale. In cielo sfrecciano le Frecce tricolori solcano l'azzurro. Nel pomeriggio gli alpini sono sul campo di volo per vedere la Pattuglia acrobatica che si esibisce in spericolate manovre.
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Mentre sto riassumendo le sensazioni provate durante la 40° Adunata nazionale, sento gli ultimi
canti degli alpini che lasciano Treviso; ho fatto due piani di scale per tornarmene a casa (anzi, lo confesso, ho usato
l’ascensore) ma quelli che partono han centinaia di chilometri, talvolta migliaia, e molti dovranno attraversare gli
oceani per far ritorno alle loro case.
Durante la notte udivo il continuo giungere delle auto, delle autocorriere, sentivo i primi passi
degli alpini sotto le mie finestre, e quando sono uscito mi sono trovato immerso in una continua distesa di penne nere.
Nei giorni precedenti Treviso aveva iniziato a vivere l’irripetibile esperienza di questa magnifica
adunata.
Al Teatro Comunale, la sera del 20 aprile, ha cantato il coro «Stella Alpina» dell’A.N.A. di
Treviso. La sala e i palchi erano gremiti di gente esultante, tanto che il prof. Bepi Tomaselli - presidente del Coro -
ha persino ritenuto di scusarsi pubblicamente con i molti che non avevano potuto trovare posto a sedere, senza
considerare che tutti coloro che erano presenti si sentivano dei fortunati anche se avessero dovuto stare ritti con un
piede solo; sarebbe stata scalogna dover rimanere fuori o essere stati sordi.
Presentate dal dott. Perale (un simpaticissimo bellunese che ha pure recitato alcune sue poesie di
carattere alpino) le belle canzoni della nostra naja sono state eseguite con sensibilità e bravura sotto la direzione
del maestro Piero Pagnin, tra un succedersi di scenografie di eccellente concezione e di squisita efficacia; è pure
stata eseguita - per la prima volta - la preghiera alpina composta dal maestro Ferdinando Della Ragione su testo del
bravo bocia Luigi Battaggia d Treviso.
Mentre si levavano le ripetute richieste di «bis» riandavo agli anni dell’immediato dopoguerra
quando il Coro «Stella Alpina» era composto da pochi giovani che a sera inoltrata cantavano le canzoni alpine sotto i
portici semideserti del Calmaggiore, senza immaginare i successi che li attendevano in Italia e all’estero, senza
sperare nelle incisioni discografiche che invece meritarono. Erano pochi gli incoraggianti applausi di quegli anni
difficili; la sera del 20 aprile - come ormai da parecchi anni - bisognava chiedere che i battimani cessassero.
Il Coro «Stella Alpina» ha pure cantato, nei giorni precedenti l’adunata a Castelfranco Veneto, a
Paderno del Grappa, a Possagno, Cavaso del Tomba, Montebelluna, Pederobba e a Cornuda.
Anche il Coro «Monte Cesen» di Valdobbiadene - dopo la serata tenuta il 15 aprile a Treviso nella
sala teatro di Casa «Toniolo» - ha effettuato applaudite trasferte in altre località della provincia.
La vigilia dell’adunata
La città si andava intanto «vestendo» di manifesti (anche se la colla era spesso scadente da farli cadere sul davanti
come piegati in un goffo inchino) con i quali il Comune di Treviso, il Comando dell’Aeronautica militare, la Sezione
trevigiana dell’A.N.A., le associazioni combattentistiche e d’arma e le altre organizzazioni patriottiche rivolgevano il
convinto ed affettuoso saluto agli Alpini d’Italia.
I negozi hanno allestito delle ottime vetrine con soggetti alpini e con riferimenti all’omaggio
che, con questa adunata, le Penne Nere intendevano esprimere all’Aeronautica militare; sono state assegnate coppe,
targhe e premi diversi a oltre cinquanta ditte della città.
Analogo concorso si è svolto a Mogliano Veneto, e la perla del Terraglio - come è meritatamente
definita - è stata una delle cittadine della provincia che si son date da fare per accogliere degnamente la grande
adunata. Ottima anche la mostra fotografica della montagna inaugurata il 29 aprile.
Concorso vetrinistico anche a Vittorio Veneto, ove gli alpini locali avevano predisposto un ampio
programma di manifestazioni.
Le case di Treviso erano imbandierate con inconsueta dovizia di tricolori, ma siamo ancora lontani
- sia per le nostre adunate che per ogni altro evento patriottico - dal sentirci sufficientemente sazi di bianco rosso e
verde.
Molte le altre encomiabili iniziative, difficili anche da elencare.
L’Aeronautica militare ha allestito una interessantissima mostra aviatoria nel monumentale tempio
di S. Caterina, ed altra mostre statica di mezzi aeronautici all’aeroporto di S. Giuseppe.
Dopo la conferenza stampa tenuta dal col. Aldo Rasero il 27 aprile, le manifestazioni hanno
cominciato ad intensificarsi anche perché cominciavano ad arrivare i primi alpini.
Il primo a giungere a Treviso è stato Antono Godina - classe 1913 - partito dal suo paese di Villa
di Cordignano; era stato il primo anche l’anno scorso a La Spezia ove era arrivato facendo buona parte del tragitto a
piedi.
Paolo Alessi di Torino, dipendente della Fiat, è arrivato a Treviso in bicicletta: ha pedalato per
quarantasette ore (non di seguito, naturalmente).
Già al sabato le piazze e le vie principali della città erano piene di alpini; qualche «musso»
collaborava a portar le provviste e le scorte di vino, dando nel contempo una nota di allegria ben più gradita di quella
che suscitano i molti asini a due gambe che se ne stanno solitamente stravaccati sulle sedie dei caffé del centro.
Intanto, nella mattinata, sono iniziate le cerimonie di omaggio ai Caduti e le prime manifestazioni
di rilievo.
A Cima Grappa, ove era presente anche il generale Emiliano Scotti commissario generale per le
onoranze ai Caduti in guerra - è atterrato un elicottero militare con a bordo il presidente nazionale dott. Merlini, il
vice presidente nazionale rag. Bertagnolli, il consigliere nazionale avv. Benvenuti e il colonnello Bonn
dell’Aeronautica. Sul Monte Sacro erano convenuti numerosi i bravi alpini della Pedemontana; erano pure presenti gli
alpini di Bergamo e di Brescia che nel loro programma di trasferimento a Treviso avevano encomiabilmente incluso un
reverente pellegrinaggio ai caduti del Grappa.
Al cimitero maggiore di Treviso, una rappresentanza del consiglio direttivo nazionale ha recato un omaggio floreale alla tomba del generale Tommaso Salsa, eroico comandate di
Libia e prima medaglia d’oro alpina di Treviso.
Bella cerimonia anche al Distretto militare ove padre Carlo Marangoni - cappellano della sezione di
Treviso e reduce di quattro guerre - ha benedetto l’antenna portabandiera il cui basamento è stato formato con rocce del
Grappa, del Montello, del Tomba e del Monfenera e con un grande masso tratto dal grato del Piave, In tale occasione - e
mentre cantava il coro «Stella Alpina» - sono state consegnate ventuno croci di guerra ad altrettanti alpini della
provincia, tra cui i nostri soci Tubia Angelo e Pietro Susanetto di Pieve di Soligo, Lino Stival, Mario Pin e Giuseppe
Zaia di Godega S. Urbano, Giacomo Silvestrini di Conegliano, Giacinto Feltrin di Mareno di Piave, Emilio Dal Cin di San
Vendemiano, Domenico Cescon di S. Lucia di Piave e Emilio Sossai di Susegana.
Ha tra altri parlato il comandante del Distretto col. Concini il quale ha ricordato che quello di
Treviso è uno dei distretti militari istituiti nel 1872 con il primo reclutamento degli alpini.
Nel pomeriggio è stata inaugurata anche l’antenna portabandiera giunta a completare il bel
monumento eretto qualche anno fa dagli alpini di Arcade. Autorità e rappresentanze sono poi saliti al Montello per la
deposizione di corone d’alloro al sacello di Francesco Baracca (una corona è pure stata deposta dagli alpini di Lugo di
Romagna, paese natale dell’eroe) e all’imponente monumento-ossario di Nervesa della Battaglia.
I Caduti del Piave sono stati commemorati al monumento-ossario di Fagarè della Battaglia ove autorità e rappresentanze
si erano trasferite prima della successiva cerimonia svoltasi in piazza della Vittoria a Treviso.
Al monumento dedicato ai Caduti ha infatti avuto inizio ufficialmente la nostra grande adunata di
Treviso; all’alzabandiera e alla deposizione di corone erano presenti i picchetti armati dell’Aeronautica e della
Brigata alpina «Cadore» con fanfara, autorità e rappresentanze, il nostro presidente nazionale dott. Merlini e gli altri
membri del consiglio direttivo nazionale, il prefetto dott. Blandaleone, il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica gen. Remondino, il comandante della Folgore e del Presidio gen.
Viglione, il sindaco grand’uff. Marton, la medaglia d’oro dell’aeronautica magg. Rigatti, alcune medaglie d’oro alpine e
numerosi generali in servizio, e infine una folla di cittadini e di alpini.
Nel magnifico salone del palazzo dei Trecento e avvenuto il saluto della civica amministrazione ed
e stata contemporaneamente inaugurata la mostra dei manifesti e dei francobolli ispirati agli alpini e alla montagna.
Rivolgendosi idealmente a tutte le Penne Nere affluenti all’adunata, il Sindaco Marton ha detto:
«Treviso riconosce in voi gli uomini che cinquant’anni fa l’hanno difesa sulle nostre montagne salvandola
dall’invasione. Voi unite le vostre gesta a quelle memorabili di Francesco Baracca, dei suoi gloriosi compagni che
diedero vita alla gloriosa arma del cielo affratellata a voi in queste giornate di festa. Voi uniste il vostro valore a
quello di tutti gli eroi di tutte le che fecero del Piave, del Monte del Grappa are di sacrificio per la libertà e la
gloria d’Italia, - ha proseguito il Sindaco - che sempre seppe difendere la sua libertà con fierezza e dignità, sente e
vive questa adunata con voi. Vi partecipa con la sua medaglia d’oro testimonianza del suo sacrificio e del valore dei
suoi figli. Sono con voi suoi caduti, le sue medaglie d’oro alla memoria, le gloriose medaglie d’oro viventi, la nostra
popolazione, vecchi e giovani, che sa come questa vostra onori Treviso e la sua provincia in questa vigilia della
celebrazione del cinquantenario della Vittoria».
Il sindaco ha infine fatto omaggio al presidente Merlini - a ricordo dell’adunata - di una bella
statuetta d’argento, opera dello scultore trevigiano Memi Gasparini, riproducente S. Liberale guerriero patrono di
Treviso. Il nostro presidente nazionale ha ringraziato per l’accoglienza che Treviso si apprestava a dare agli alpini,
ed ha offerto al sindaco una riproduzione, in grande formato, della medaglia commemorativa dell’adunata.
Ha infine preso la parola il nostro consigliere sezionale prof. Giacomo Vallomy che - come
presidente dell’Ente per il turismo e del comitato - ha illustrato il significato dell’importante mostra dei manifesti e dei francobolli realizzata con la consueta bravura dal
direttore dell’EPT Giuseppe Mazzotti (ben noto agli alpini anche come scrittore di montagna) e dal prof. Batacchi.
La rassegna comprendeva anche una serie di disegni del pittore alpino Novella pur egli presente
alla manifestazione; sono suoi anche i bei disegni riguardanti l’adunata di Treviso e riprodotti sulle cartoline che i
partecipanti hanno spedito a decine di migliaia per inviare i saluti agli amici che non son potuti intervenire.
Dopo cena, applauditissimo concerto della Banda dell’Aeronautica militare, e concerti vari di
fanfare alpine negli angoli più impensati della città. Molti erano accorsi a Venezia, dove gli ottimi alpini di Quota
Zero avevano organizzato la 2° Rassegna di Canti della Montagna svoltasi nella magnifica cornice di piazza S. Marco;
hanno cantato i cori «Stella Alpina» di Treviso, «Monte Cauriol» di Genova, «Marmolada» di Venezia, «Gev» di Vicenza,
«Crodaioli» di Arzignano e il coro dell’ANA di Milano.
La sfilata
Nella notte tra sabato e domenica sono continuati gli arrivi e al mattino le bellissime mura
cittadine erano ricolma di alpini in attesa della sfilata.
Ero di malumore sebbene fosse quella la tanto attesa giornata.
E’ proprio all’ammassamento che è più facile incontrare gli amici più cari; sai dov’è il settore
degli Abruzzi, del Piemonte, della Carnia, ecc.: passi, riconosci i cartelli, chiedi di Tizio, te lo chiamano, lo
abbracci. Forse andavo in cerca di troppi amici, quasi tutti vecchi della «15-18», e non ho trovato quasi nessuno.
Ci tenevo ad incontrare almeno il vecio cav. Angelo De March, l’inconfondibile mustacchione di
Somma Lombardo, decorato del glorioso «Monte Pelmo», mio buon «nonno alpino» acquisito in lontane adunate. Mi aveva
scritto di essere divenuto quasi cieco, di avere le gambe a remengo, che forse proprio quella di Treviso sarebbe stata
la prima adunata nazionale cui doveva mancare...; io non gli ho nemmeno risposto, quasi per non fugare quella comune
speranza di rivederci nella mia città.
Questo fatto, unito alla constatazione che di veci se ne vedono ormai tanto pochi, mi ha
accresciuto il malumore; persino i bocia con gli ancor troppi cappelli da culo, ricoperti di stellette e fiocchetti ed
altre bojate, mi riuscivano meno sopportabili del solito e non mi parevano nemmeno lontani parenti (è grave ma
lasciatemelo dire) dei pochi alpini della Grande Guerra che se ne stavano assorti e un po’ isolati, unici - forse - a
capire fino in fondo il grande significato di questa 40° adunata indetta principalmente per ricordare il sacrificio e
gli eroismi che cinquant’anni or sono han reso possibile la salvezza della Patria.
La sfilata è iniziata con puntualità cronometrica, e nella tribuna d’onore ci attendevano il
ministro alpino della Difesa on. Tremelloni al quale va tutta la cordiale stima e simpatia delle Penne Nere, il capo di
Stato maggiore della Difesa gen. Aloja, il capo di S.M. dell’Aeronautica gen. Remondino, il capo di S.M. dell’Esercito
gen. Vedovato, l’Ammiraglio Cantù in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina. L’Ordinario militare mons.
Maffeo col cappellano capo del V corpo d’armata mons. Corazza, il nostro presidente dott. Merlini, il prefetto dott.
Blandaleone, il sindaco di Treviso grand’uff. Marton, il vice presidente della Provincia prof. Ulliana, innumerevoli
altre alte autorità civili e militari; applauditissimo, il ministro Spagnolli è giunto in tribuna dopo aver sfilato con
la sua sezione, quella di Trento.
Sono sfilate affiancate - prima dei reparti militari - le bandiere di combattimento della 51°
Aerobrigata (decorata di medaglia d’oro e di medaglia d’argento al valore militare) e del 7° Alpini (decorate di due
croci dell’ordine militare, di una medaglia d’oro al valore civile, di otto medaglie d’argento e di tre di bronzo al
valore militare) con la banda musicale dell’Aeronautica e la fanfara reggimentale del 7° ; poi sono giunti il gonfalone
della città di Treviso, decorato di medaglia d’oro al valore militare, e il labaro nazionale dell’A.N.A. con le 209
medaglie d’oro meritate dagli alpini.
Gli aviogetti dell’Aeronautica seguivano il percorso da bassa quota, tracciando suggestive fumate
tricolori; per iniziativa della civica amministrazione un velivolo del locale Aero Club lasciava cadere cinquantamila
manifestini inneggianti agli alpini.
Con il magg. Rigatti, medaglia d’oro dell’Aeronautica, sono sfilate le medaglie d’oro alpine gen.
Tua, col. Ponzinibio, mar. Ziliotto, ten. col. Reginato, don Brevi e dott. Zani.
Dopo i soci fondatori dell’A.N.A. con la bandiera dell’Associazione dell’anno di fondazione 1919, è
iniziata la stilata degli alpini esuli di Fiume, Pola e Zara e delle sezioni all’estero: Uruguay, Svizzera, Somalia,
Perù, Inghilterra Francia, Canada, Brasile, Belgio e Argentina.
Poi le sezioni in Italia, nel previsto esatto ordine di incolonnamento ma con meno apprezzabile
disordine in quanto a disciplina e serietà associativa.
Ho già detto prima che avevo una giornata nera, e ciò mi ha consentito di osservare le cose con
maggiore distacco, senza i facili entusiasmi con i quali si è pronti a giustificare gli errori cui dobbiamo invece
badare seriamente.
E dobbiamo convenire che la sfilata di Treviso ha assunto - in molti casi - l’aspetto di una
mandria ai belanti pecore in transumanza.
Cominciamo col grattare le nostre pulci sezionali: a Treviso eravamo in molti, non abbiamo esposto
quei maledetti fiaschi che erano frequenti e bene ostentati da diverse altre sezioni, non avevamo i cartelli dei gruppi
che - maledetta miseria - molte altre sezioni si interìstardiscono a far portare alle adunate nazionali (e ce n’erano
persino di «sottosezioni», denominazione addirittura non prevista dallo statuto), avevamo la nostra brava fanfara e
c’era con noi persino il sindaco cav. Salvador; ma non abbiamo sfilato con adeguata disciplina come invece è avvenuto in
molte altre adunate anche di minor rilievo.
Sono d’accordo che le strade di Treviso sono strette e che il percorso era troppo breve per
«scaldare» a sufficienza i muscoli, ma se i consiglieri sezionali si fossero dati da fare per inquadrare e tener
inquadrati i soci (e molti capigruppo li attendevano per collaborare) la riuscita della nostra sfilata ne avrebbe
guadagnato ampiamente.
Da noi è troppo radicato il convincimento che «buttati» avanti la fanfara e il vessillo sezionale,
raggruppati i gagliardetti e fatto un bel fronte di ufficiali nelle prime file, tutti gli altri s’inquadrino da soli e
seguano ordinatamente la marcia; concetto troppo fiducioso.
Lo so, in prossimità delle tribune tutti gli alpini cercavano di sistemarsi affrettatamente e con
impegno; per cento metri la sfilata può essere apparsa decente, prima che le file (di sei, otto, undici, chissà quanti
alpini ognuna) si sfasciassero nuovamente, prima che riemergessero le sigarette alla bocca e le scomposte urlate di «
ciao bionda, ‘spétame che végno».
Se partiamo dal criterio che dobbiamo figurare bene solo davanti al presidente nazionale o al
ministro della Difesa e a un gruppo di generali, allora è meglio stare tutti fermi e farci passare in rivista.
Pur senza diventare una parata miliare, la sfilata deve venire fatta in modo che venga apprezzata
soprattutto dalla cittadinanza che accoglie le nostre adunate e che per ore si affatica a spellarsi le mani per
applaudirci; in fin dei conti, portiamo dei cartelli dove affermiamo che «ci precedono i Caduti della Divisione, ecc.» e
che «con noi sfilano i Morti», ecc. La serietà s’impone perché, con l’impegno di tali cartelli diverremmo o dei bugiardi
o dei profanatori; e dovremmo coscientemente capire che le «scarpe» rimaste «al sole» sentono la prepotente esigenza di
timbrarci convenientemente il sedere.
Non sono poche le sezioni che vanno escluse - più o meno - da tali osservazioni «cattive»; ho visto
sfilare bene le sezioni delle Marche, di Cividale, degli Abruzzi, di Napoli, della Sardegna, di Pisa-Lucca, quella
Bolognese-Romagnola, di Parma, di Piacenza, di Reggio nell’Emilia, di Asti, di Biella, di Novara, di Pinerolo, di Aosta.
Di altre encomiabili sezioni mi è sfuggito il nome, ed altre di esemplari ne saranno indubbiamente state quelle che
immediatamente precedevano e seguivano la nostra.
La sfilata è e deve essere dunque una delle parti più serie delle nostre adunate, l’occasione in
cui non sono ammissibili tutte le altre espressioni di spensierata vita alpina che non i nostri vessilli (e le medaglie
d’oro che vi appaiono).
Un po’ di cagnara è compatibile dopo questa parentesi di serietà; veramente dovrebbero essere i
momenti di cagnara a dover rappresentare delle parentesi - quasi avulse, o di cornice - al fondamentale contenuto
patriottico dei nostri raduni.
Ritorniamo alla cronaca della nostra manifestazione, non senza affermare però che tra i migliori
che hanno sfilato vanno ricordati il magnifico cane da valanga del gruppo rocciatori di del Predil e un
disciplinatissimo mulo intelligentemente portato non so da quale sezione e che ha ricevuto la sua parte di applausi in quanto - giustamente osserva Paolo
Monelli - metà della Grande Guerra l’hanno vinta i muli con le loro preziose e insostituibili prestazioni.
*
Sui discorsi tenuti al pranzo svoltosi nell’hangar di uno degli aeroporti di Treviso ci intratterrà più diffusamente
L’ALPINO; hanno preso la parola il nostro ammirevole presidente nazionale, il Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e
il ministro della Difesa
E’ seguita una manifestazione aeronautica in onore degli alpini, con evoluzioni da mozzare il
fiato; ne è stata protagonista la pattuglie acrobatica nazionale «Frecce tricolori» cui fa parte il capitano pilota
Vittorio Zardo il quale, provenendo dall’artiglieria da montagna, porta una piccola penna nera sul casco d’aviatore.
Molti sono gli alpini che hanno ricevuto il battesimo dell’aria usufruendo dei mille voli messi a
disposizione dall’Aeronautica militare.
Frattanto, in città, l’allegria alpina assumeva le espressioni più varie.
Gruppi di alpini si cuocevano salsicce e braciole con improvvisati fuochi all’aperto e sui quali
sovrastavano anche solenni paioli per fare la polenta; quasi ovunque i canti sorgevano spontanei, e i suonatori delle
fanfare ficcavano negli strumenti l’ultimo fiato rimasto.
Qualcuno riposava sopraffatto dalla stanchezza. Un alpino dormiva beato nel verde di un’aiuola del
palazzo della Provincia, allineato lungo i fiori ma compostissimo e sereno: mi è spiaciuto di non aver sonno poiché mi
sarei sdraiato anch’io in barba al custode del palazzo che - in tempi normali - mi guarda storto se con una scarpa
sorvolo lo spigolo delle aiuole.
La cittadinanza di Treviso ha accolto con tanta simpatia la pacifica invasione delle Penne Nere, e
tutti si sono dati da fare per essere utili in ogni necessità; lo stesso sindaco Marton s’è portato a casa due veci
giunti dalla Liguria e che erano in cerca di alloggio.
Gli alpini non han fatto malanni, dimostrando una correttezza veramente ammirevole; solo qualche
teppista minorenne (e quindi per niente alpino) ha approfittato per creare un po’ di disordine, col fermare automobili
in transito, versare vino sui cristalli delle macchine, ecc.: tutti piccoli episodi che non hanno compromesso la
manifestazione e che cessavano al solo apparire delle camionette del servizio di «pulizia alpina» al quale bisogna
riconoscere il merito di una efficace salvaguardia del buon nome del Corpo.
Incontri di reparto e visite ai campi di battaglia
L’adunata ha naturalmente facilitato l’incontro di reduci di molti reparti alpini.
Si sono ritrovati i «falchi» del battaglione «Ivrea» tra i quali i veci che il 22 agosto 1917
raggiunsero - al comando di Giuseppe Chiardola, pure presente a Treviso - senza scarpe per non far rumore, la quota 1000
di S. Giovanni in Val di Ledro catturando l’intero presidio nemico.
I reduci dell’«Uork Amba» hanno pranzato insieme all’«Universo» (e hanno anche sfilato insieme, col
gen. Peluselli in testa), gli artiglieri del «Val Tagliamento» e dell’«Agordo» si sono ritrovati intorno al capitano
Zanette che ha finalmente ridato alle stampe il suo magnifico e introvabile libro «Tempesta sulle alpi albanesi»;
all’«Universo» c’erano anche quelli del battaglione «Tirano» e del V battaglione misto del genio della Pusteria poi
quelli del «Monte Berico», dell’«Intra», del battaglione Bolzano riuniti al Meridiana di Mogliano Veneto col commilitone
generale La Verghetta attuale comandante della Zona militare di Treviso; alla trattoria
Selvatico si sono riuniti i reduci del battaglione «Monte Clapier» del l° Reggimento (cinquant’anni
fa - sull’Ortigara - meritarono una medaglia d’argento al proprio reparto). Intensissimo è stato il programma degli
alpini di Fiume, Pola e Zara i quali hanno pure assistito, tutti insieme, a una Messa per i propri amici caduti.
I partecipanti all’adunata avevano anche capito che le raccomandazioni di sfollamento da Treviso -
piccola città con assai meno abitanti rispetto ai più di centomila alpini presenti - erano concrete e necessarie; ed
hanno preferito portarsi prontamente fuori del capoluogo, recandosi prevalentemente all’aeroporto e infine sul Montello,
lungo il Piave e verso la pedemontana del Grappa dove d’altronde convergeva l’interesse del raduno.
La visita ai campi di battaglia era stata favorita anche da opportuni programmi predisposti per l’1
maggio dall’Ente per il turismo, mediante l’organizzazione di gite a Vittorio Veneto, al Cansiglio e al Monte Pizzoc, e
fino al lago di S. Croce.
A Vittorio Veneto, ove sono stati accolti con molto entusiasmo, gli alpini hanno assistito a uno
spettacolo folcloristico in piazza del Popolo. Ha cantato il coro della locale sezione A.N.A. diretto dal maestro Efrem
Casagrande e presentato dall’Ing. Livieri; si sono esibiti i complessi di Bottanuco (Bergamo), i «Pioppini» pure di
Bergamo, i « Ruzzantini» di Padova e i danzerini di Lucinico (Gorizia) oltre che il gruppo padovano di arte varia.
Accoglienza e stampa
L’accoglienza della popolazione è stata - in ogni località della provincia - veramente superiore ad
ogni migliore aspettativa, e il corretto contenuto degli alpini l’hanno saputa meritare.
I giornali hanno avuto parole di elogio e di simpatia, riconoscendo (come scrive li Gazzettino di
Venezia) che gli alpini «son gente buona, laboriosa, paziente, usa a sacrifici altrove ignoti, abituata a dire “signor-
sì” ai superiori, al fisco implacabile, alle intemperie, alle alluvioni, e tuttavia bisognosa - di quando in quando - di una qualche evasione, di un suo conforto di canto, di una sua allegrezza brindata, della
modesta gioia di un calice, o di un litro, o di più litri, per poi tornare al suo lavoro lontano, ai suoi silenzi, alla
sua proverbiale operosità ».
Qualche giornale ha affermato che non s’era mai vista una bella adunata come quella di Treviso. Il
successo d’insieme è stato comunque confermato da tutti i giornali che hanno seguito il nostro raduno.
Un quotidiano della sera ha generosamente dedicato largo spazio per l’avvenimento anche se è
incorso nell’errore di comunicare che l’adunata avveniva nel 40° anniversario della fondazione del Corpo.
La Televisione ci ha riservato quattro spanne di pellicola peraltro ben riuscite. Il commentatore
ha però preso il grosso duplice granchio di definire l’on. Tremelloni «anch’egli ex penna bianca»; il ministro è infatti
capitano degli alpini e quindi «penna nera».
L’inesattezza più grave è però sempre quella dell’«ex», in quanto la nostra è l’Associazione
Nazionale Alpini - ANA - e non l’associazione nazionale ex alpini, che dovrebbe semplificarsi in ANEXA e che
contrasterebbe anche perchè noi non siamo per niente «annessi» ad altro che non sia l’amore alla Patria e alla nostra
penna nera.
A parte i giochi di parole, teniamo a confermare che quella dell’alpino non è una condizione
accidentale e temporanea che viene a cessare col congedo. Noi continuiamo ad essere alpini (a parte l’eventualità del
richiamo alle armi, e allora sì che sono «accidenti») anche se non portiamo più le stellette.
E’ il cappello che portiamo che è sempre quello dell’alpino; è la testa che c’è dentro al cappello
che continua a pensare da alpino; è dentro che siamo alpini, fino alle ossa; noi, moriamo alpini.
Essere alpini è un modo di volere e di vivere che non cambia nel tempo; sostenere il contrario
sarebbe come dire «ex uomo» a un vecchio solo perchè è ormai virilmente inefficiente.
Conclusioni
L’adunata nazionale è per noi alpini l’annuale riprova della maturità raggiunta dagli associati,
vale a dire la dimostrazione di quanto l’Associazione sia riuscita a migliorare i propri soci che, nell’epoca attuale,
sono prevalentemente bocia che abbisognano di ancor più migliorare.
Con l’adunata noi scopriamo i nostri difetti e ci sottoponiamo perciò al giudizio di quanti ci
vedono e di quanti sentono parlare o leggono i resoconti dei nostri ineguagliati incontri annuali.
Non dobbiamo imporre, alle città che ci ospitano, una sopportazione benevola, ma dobbiamo essere
portatori di un sano patriottismo cui possano con convinzione partecipare i cittadini di ogni livello sociale.
Non è che non accettiamo buoni consigli ed eventuali giuste critiche; ma delle nostre lacune
dobbiamo essere i primi a prendere atto e a deciderne il rimedio.
L’adunata di Treviso è comunque stata magnifica: è anzi stata ottima perchè ci ha dato modo di fare
preziose riflessioni che renderanno ancor migliori ed ammirati nostri futuri raduni.
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Del felice esito della 40° Adunata noi ringraziamo il Consiglio Direttivo Nazionale (anche per la
scelta che stava tanto a cuore a noi trevigiani) e a quanti hanno generosamente faticato per la buona riuscita della
manifestazione.
Dopo l’adunata si è svolta una commovente cerimonia durante la quale il presidente nazionale si è
reso interprete della gratitudine di tutti gli alpini. Una medaglia d’oro è stata offerta al col. Aldo Rasero
insuperabile organizzatore e addetto all’ufficio stampa; altre medaglie d’oro, per aver attivamente collaborato alla
realizzazione di dieci adunate nazionali, sono state assegnate all’angelica Maria Grazia della segreteria nazionale
dell’A.N.A. e al maresciallo Mandich.
La riproduzione in grande formato della medaglia dell’adunata è stata offerta al prof. Del Fabro
presidente della sezione di Treviso.
Targhe d’argento sono state consegnate al generale La Verghetta comandante la Zona militare, al
dott. Giuseppe Mazzotti e al capogruppo di Treviso rag. Bruno Manfren.
Altri riconoscimenti sono stati destinati ai tanti soci della sezione di Treviso che hanno profuso
ogni energia perché i più di centomila ospiti potessero trovare fraterna e bene organizzata accoglienza nella capitale
della Marca.
Molti ancora sarebbero i nomi da ricordare (e senza dimenticare l’opera preziosa del generale Vide
e del consigliere nazionale avv. Benvenuti) ma vogliamo concludere ricordando l’auspicio contenuto nella frase latina
scolpita nel duro marmo della cinquecentesca Porta S. Tomaso e che è così traducibile: «Iddio protegga il tuo ingresso e
la tua uscita dalla città».
Il Signore ci ha ascoltati. Grazie.
M. ALTARUI