ADUNATE NAZIONALI |
BOLOGNA 1969 |
BOLOGNA, 1969
42° adunata.
Giugno 1969
La Presidenza, con il vessillo sezionale scortato
dai decorati e i gagliardetti dei Gruppi,
alla testa della Sezione nel corso dell’Adunata nazionale
(Fotopress - Torino)
Un aspetto della sfilata dei nostri partecipanti
alla 42° Adunata Nazionale di Bologna
Non lo diciamo noi, essendo il titolo ripreso dalla
Rivista «Attualità Amministrativa», rassegna mensile di dottrina e pratica amministrativa per gli enti locali, che apre
il n. 6 dell’1 giugno con questo «Viva gli Alpini!» che ci ha sinceramente commosso stimolandoci in notevole misura
quella fiducia che il generale andazzo ci fa deprimere.
Qualche nostro lettore ci ha benevolmente rimproverato di trascurare la rievocazione delle adunate nazionali,
limitandoci alla pubblicazione di una o poche fotografie.
I motivi sono due.
Il primo - e l’abbiamo detto più volte - è quello di evitare ogni duplicazione con «L’Alpino», nel quale la cronaca
delle maggiori adunate viene riportata con la dovuta ampiezza e che rappresenta pertanto il documento storico
dell’avvenimento.
Un giornale sezionale non può (a parere nostro) ridursi a pubblicare il riassunto di ciò che appare su L’Alpino; la sua
funzione è di integrazione al giornale nazionale che rimane quindi la pubblicazione-guida per tutti gli associati.
In tema di avvenimenti quali l’adunata nazionale i nostri giornali devono badare ad altro, come ad esempio alla faccenda
della caccia alle fanfare operata dagli Agenti della SIAE (da noi evidenziata nel numero scorso) oppure alla cronaca
strettamente attinente alla partecipazione sezionale alle adunate di maggiore rilievo. Ma questa ultima funzione si è
rivelata impossibile in quanto, essendo il redattore di Fiamme Verdi quasi sempre impossibilitato a presenziare, ben
raramente uno delle migliaia di nostri soci che partecipano alle adunate si premurano di segnalare qualche notizia da
illustrare sul giornale della Sezione.
Il secondo è un motivo di pudore, perchè parlando di un’adunata come quella di Bologna dovremmo dire che è stata
magnifica e che i bolognesi - in rappresentanza di tutti gli italiani - sono stati altrettanto magnifici. Dovremmo
quindi dire che siamo stati calorosamente applauditi, implicitamente ammettendo che tutto ciò lo meritiamo.
Preferiamo quindi che siano gli altri a scrivere viva gli Alpini!
Ecco articolo che con detto titolo ha pubblicato
l’accennata «Rivista Attualità Amministrativa» diretta dal Dott. Alfonso Rizzoli: una rivista che ha finalità
rigorosamente tecniche ma che ha voluto aprire il colloquio con i propri lettori parlando di noi Alpini. Lo
pubblichiamo. ringraziando per questa attestazione di fiducia che ci impegniamo di sempre meritare.
Nel secondo numero di questa Rivista, uscito il 1°
novembre del 1953, la prima pagina fu dedicata al ritorno di Trieste all’Italia. Una pagina breve si, ma ricca di
entusiasmo come un momento di «italianità vecchio stampo».
Oggi gli ideali sono in discredito e, nel dilagare degli scioperi, delle contestazioni e del debito pubblico, sono
diventati rari i momenti del genere; tanto più, ciò, forse, perchè ogni proposito va a naufragare in un materialismo
imperante che soverchia e soffoca, anche sul nascere, ogni ideale. Questo sembra potersi dedurre dalla panoramica
quotidiana che si presenta in ogni settore della vita pubblica e privata.
C’è però una particolare eccezione, una eccezione che annualmente si ripete e che sempre torna a commuovere: si tratta
degli Alpini, questi meravigliosi combattenti che convengono da ogni parte per darsi appuntamento in una delle nostre
città per commemorare, vivere e far rivivere agli italiani di ogni generazione il glorioso esempio che dettero in tante
battaglie per la difesa della nostra terra.
Quest’anno la sorte ha prediletto Bologna, la città di Irnerio, culla e risorgimento insieme del diritto. A Bologna gli
Alpini sono giunti, scendendo dai loro monti dove il patriottismo non passa, né è di
moda) con ogni mezzo a disposizione, ovvero da ogni parte del mondo, portando il fascino di una fierezza che per i
«veci» par significhi l’abolizione della parola «vecchiaia» dal vocabolario, mentre per i «bocia» vuol dire risoluzione
fervida e tenace a rinnovare in qualsiasi occasione che si presenti le glorie imperiture di coloro che li precedettero.
Alla presenza delle autorità civili, militari e religiose è avvenuta la imponente sfilata delle penne nere. Ci
vorrebbero pagine e pagine per ricordarle tutte. Ma ci limitiamo a ricordarle e ad abbracciarle generalmente tra fiori e
applausi scroscianti.
Una folla plaudente ed entusiasta ha visto passare questo fiore della nostra gente in una selva di bandiere tricolori,
«con il loro incedere lento e misurato e la loro compostezza tradizionale», con le decorazioni al valore che brillavano
sui petti, sui vessilli, con le fanfare inneggianti. C’erano anche i mutilati e gli invalidi, da ricordare per primi
quali simbolo di eroismo e di sacrificio.
Tra le parole che ben vanno a coronare la giornata degli Alpini si ricordano quelle del Ministro della difesa on. Luigi
Gui che, fattosi interprete del riconoscente unanime apprezzamento, ha detto che «le penne nere continuano ad essere,
come sempre, in prima linea, anche e soprattutto in pace, con il loro esempio di solidarietà e di abnegazione
nell’adempimento dei doveri di cittadini».
Alle quali parole uniamo le nostre di gratitudine che spontanee nascono dal cuore: viva gli Alpini!
CARLO PANTANI
E l’altra stampa, e la televisione?
La RAI-TV ha semplificato la nostra adunata con poche
frettolose immagini; salvo qualche eccezione la stampa quotidiana e periodica è stata altrettanto tanto avara.
Non possiamo rivolgere riconoscenti applausi ai maggiori organi d’informazione, ma dobbiamo saper frenare il nostro
impulso a pur comprensibili proteste.
Anzitutto dobbiamo convincerci che la nostra adunata nazionale rappresenta un annuale miracolo: un miracolo di sempre
confermata fraternità, di crescente disciplina, di organizzazione efficiente, di esemplare adattamento di centomila e
più alpini che riempiono ma non disturbano le ospitanti città sia grandi che piccole. In certo senso (ci sia consentito
di parlare ai margini dell’irriverenza) è come il miracolo della liquefazione del sangue di S. Gennaro: si ripete con
tanta prodigiosa puntualità (salvo l’occasione recente che taluni han voluto ritenere una protesta al «declassamento»
dal calendario liturgico) che, giornalisticamente, «non fa notizia»; ed ogni volta che avviene i giornali si limitano ad
annunciarlo con cinque righe.
C’è anche un motivo più serio: più che alle «fiamme verdi» i giornali si interessano ai «balletti verdi» e a quelli di
tutti gli altri colori. Certamente occuperebbe almeno una spanna di colonne il titolo Alpino culatone sorpreso con una
guardia dì finanza (la guardia di finanza è citata senza alcun riferimento, anche perché l’amore per i finanzieri - da
parte degli alpini, in parte contrabbandieri - è sempre stato difficile); allora sì che i giornali si scatenerebbero.
Non certe per centomila alpini che si radunano per dire, sostanzialmente, che amano la Patria.
A proposito di certe «tendenze amorose» è capitato un
fatterello proprio nel corso dell’adunata di Bologna.
Quattro giovani inglesi (due maschi e due femmine) si stavano baciando in un albergo che ospitava anche un gruppo di
alpini: va precisato che i due maschi si baciavano tra loro, ed altrettanto facevano le due ragazze. Non erano
evidentemente i casti baci che si usano tra conoscenti che si rivedono dopo tanto tempo; sembra inoltre che uno dei
giovanotti avesse rivolto gesti irriguardosi verso un alpino che osservava esterrefatto. Questo alpino - Enrico
Fracazzetti, di 33 anni, da Bergamo - ha cominciato a menare cazzotti; ne ha dati e ne ha presi, evidentemente, ma
l’episodio vale a dimostrare che certi gusti non sono coltivati dagli alpini.
Di sganassoni ne sono volati a Bologna anche per altri motivi.
La sera di sabato 24 aprile un tizio si è messo a gridare
«militaristi» e «guerrafondai» - aggiungendo «siete pagati da Agnelli» - contro un gruppo di alpini che se ne andavano
per i fatti loro. Ne è venuto fuori un alpino, uno solo, che ha scaraventato una sventola in faccia all’insolente
facendolo volare contro una vetrina fortunatamente infrangibile.
Lo stesso giorno una «penna bianca» di oltre ottant’anni passava tranquillo quando un lazzarone, indicando le medaglie
del vecio, gli gridò: «Butta via quelle porcherie!»; il nostro vecio rispose: «Se avessi trenta o quarant’anni di meno
ti pentiresti di ciò che hai detto». E’ arrivato subito un alpino che intervenne dicendo «colonnello, ci sono io che ne
ho trenta o quaranta meno di lei»; e giù un formidabile cazzotto in faccia al villano provocatore.
A parte questo - e lo ripetiamo - tutti sono concordi nel giudicare stupenda l’Adunata di Bologna; ed ammirevoli anche i
bolognesi i quali hanno dimostrato, per le Penne nere, un’accoglienza veramente affettuosa confermando - quel che è più
importante - che la città è sempre e sostanzialmente italiana.
Numerosi cittadini di Bologna hanno scritto ai giornali per rinnovare la propria affettuosa ammirazione per gli Alpini.
Noi esprimiamo la nostra gratitudine per questi cittadini, per quei giornali, per l’intera Bologna; non dobbiamo
peraltro risentirci troppo, al punto da farne battaglia, se la televisione e parte dei giornali e riviste non ci
dedicano molto spazio. Basti pensare al caso di un quotidiano veneto che, per aver pubblicato solo un breve articolo
sulla nostra adunata nazionale, si è visto arrivare le lettere di protesta con la conclusione che noi alpini siamo stati
inopportunamente mescolati con i missini e con De Gaulle.
Più che far uscire articoli sui giornali dobbiamo badare a far uscire il Tricolore sui balconi. Se poi possiamo
constatare che ci sono direttori e redattori di riviste sensibili all’amor patrio come quelli di Attualità
Amministrativa, tanto meglio.