ADUNATE NAZIONALI |
ROMA 1979 |
ROMA, 1979
I momenti più significativi:
- il saluto al
presidente della Repubblica Sandro Pertini al Quirinale,
- il grande incontro
col Pontefice Giovanni Paolo II e il suo discorso in Piazza San Pietro
medaglia commemorativa |
Giugno 1979
Per fare un’adeguata cronaca della 52° nostra Adunata Nazionale occorrerebbero decine di pagine; per giustamente
descrivere il contenuto più vero - la commozione nostra e di quanti ci attorniarono in quei giorni, il conforto e la
speranza che l’avvenimento ha suscitato - non ci sono adatte parole.
Bisogna quindi anticipare la conclusione (che è la solita) affermando che coloro che non furono a Roma hanno tanti
motivi per rammaricarsi dell’assenza, purtroppo in molti casi dovuta a motivi indipendenti dalla volontà anche di nostri
soci i quali si sono sentiti spiritualmente presenti specialmente assistendo alle trasmissioni televisive che da
quest’anno - con evidente ravvedimento - sono andate in rete con la dovuta ampiezza ed accuratezza.
Con il presidente prof. Giacomo Vallomy, i vice presidenti geom. Lino Chies (impegnato nelle funzioni di alfiere del
Labaro nazionale dell’Associazione) ed enot. Luigino Basso e la quasi totalità dei consiglieri ed altri dirigenti
sezionali, erano presenti a Roma più di cinquecento nostri soci con i gagliardetti dei dipendenti Gruppi.
Il momento culminante dell’indimenticabile manifestazione si è avuto con la cerimonia religiosa seguita dall’imponente
sfilata lungo i Fori imperiali.
La nostra numerosa rappresentanza - che ha suscitato entusiasmanti applausi - era preceduta dallo striscione (recato da
baldi soci di Bibano, in base ad una concordata rotazione dei Gruppi) raffigurato nella foto e che ricorda l’avvenuta
costituzione del 7° nella nostra città (oltre che del 6° Reggimento come giustamente ha riferito l’annunciatore);
seguiva il vessillo portato dall’alfiere cav. Olindo Battistuzzi decorato di medaglia d’argento in Russia, con il
presidente Vallomy, gli altri dirigenti sezionali, i decorati e i cavalieri di Vittorio Veneto, i gagliardetti dei
Gruppi, e la banda musicale che si segnava egregiamente il passo.
Questo è un cenno stenografico, affrettato, inadeguato del grande incontro avvenuto tra gli Alpini d’Italia - anzi degli
Alpini con l’Italia - e che oltre al plauso e alla significativa presenza del Presidente della Repubblica ha meritato
l’amicizia spontanea e commovente del grande Papa delle Montagne.
Ogni partecipante della nostra Sezione ha poi vissuto la sua personale gioiosa vicenda fatta di incontri con vecchi
commilitoni, di apprezzamento per le bellezze della Città Eterna, di sempre ripetuta riconoscenza che i romani - pur
così adusi ai grandi avvenimenti di massa - anche mutamente esprimevano per la pacifica occupazione alpina della
capitale. Ed erano sguardi, ed applausi e strette di mano che volevano auspicare concordia, fratellanza, fiducioso
augurio per la nostra Patria che, per gli innumerevoli sacrifici da tante generazioni offerti sui campi di battaglia e
su quelli del Lavoro. merita più fortunati tempi di quelli che sta vivendo.
R. B.
19 maggio 1979
Carissimi Alpini d’Italia!
Siate i benvenuti in questa storica Piazza di San Pietro!
Celebrando quest’anno a Roma il vostro periodico raduno, denso di memorie, di nostalgie, di poesia e di
amicizia, avete anche voluto incontrarvi col Papa.
Alpini d’Italia! Anziani, reduci da tante battaglie, feriti forse e mutilati, graduati e umili soldati,
Cappellani militari, decorati e benemeriti, giovani che appartenete a questo corpo generoso e coraggioso,
ricevete il mio saluto più cordiale.
Vi ringrazio sentitamente di essere venuti! Vi ringrazio in particolare dei vostri sentimenti di fede, di stima,
di simpatia e di ossequio, e vorrei che ognuno sentisse nel profondo del suo animo quanto la Chiesa e il Papa vi
amano; amano ogni uomo pellegrinante sulla terra!
L’incontro di oggi divenga per voi tutti una pagina gioiosa
della vostra vita, che torni per voi e per i vostri cari di conforto e di
sprone ad essere sempre migliori.
Ma vorrei che insieme alla gioia così spontanea e calorosa
dell’incontro, portaste con voi anche il ricordo della parola del Papa,
che vi parla in nome di Cristo, Redentore dell’uomo.
1. Voi uomini temprati dalle vicende drammatiche e dolorose
della storia, insegnate al mondo a vedere negli avvenimenti la mano della
Provvidenza divina che guida la storia.
La situazione internazionale, sempre precaria e instabile, il risorgere continuo della violenza politica e
sociale, il senso diffuso di insoddisfazione e di inquietudine, le pesanti preoccupazioni per l’avvenire
dell’umanità, le amare delusioni di numerosi ceti della società, le incognite che gravano sul futuro di tutti e
altre cause ancora, possono insinuare il veleno del pessimismo e spingere all’evasione, all’indifferenza,
talvolta all’ironia spregiudicata ed inerte, e in certi casi perfino alla disperazione!
Ebbene, le vicende disagiate e gloriose della vostra vita insegnano ad avere il coraggio di accettare la storia,
che significa in fondo amare il proprio tempo, senza vani rimpianti e senza mitiche utopie, convinti che ognuno
ha una missione da compiere e che la vita è un dono ricevuto e una ricchezza che si deve donare, comunque siano
i tempi, sereni o intricati, pacifici o tribolati.
Per questo però occorre la “pedagogia della volontà”, ossia è necessario l’allenamento al sacrificio e alla
rinunzia, l’impegno nella formazione di caratteri saldi e seri, l’educazione alla virtù della fortezza interiore
per superare le difficoltà, per non cedere alla pigrizia, per mantenere la fedeltà alla parola e al dovere.
Oggi particolarmente il mondo ha bisogno di uomini tenaci e coraggiosi che guardino in alto, come l’alpino che
scala la ripida parete per raggiungere la vetta e né l’abisso del sottostante precipizio né la dura roccia o
l’avverso ghiaccio possono fermarlo.
Molti oggi si sentono fragili e smarriti; ed è anche comprensibile, data la conoscenza più concreta e immediata
delle vicende umane e la mentalità di facile consumismo. Ed è perciò tanto più necessario ritornare ad insegnare
lo spirito di sacrificio e di coraggio.
2. Ma non basta accettare la storia: voi ci insegnate che bisogna “trasformare” la storia! Quanti di voi
potrebbero raccontare le loro avventure in pace e in guerra, ora tragiche e meste, ora allegre e serene!
E che cosa si può ricavare da questo patrimonio di vita vissuta? Una sola conclusione e un solo imperativo: la
storia deve essere trasformata mediante la “civiltà dell’amore”, che fu la costante preoccupazione di Papa Paolo
VI, di venerata e sempre presente memoria.
E perciò io dico a voi, Alpini d’Italia, come dico a tutti
gli uomini della terra: Amate! Questo è il “comandamento nuovo” di Cristo:
“Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv
15,12).
– Amate la vostra famiglia, la vostra casa, e rimanete
fedeli nell’amore!
– Amate il vostro paese, il vostro quartiere, la vostra
città! Ognuno dia il suo contributo di impegno, di servizio, di carità,
specialmente verso i sofferenti e i bisognosi, per creare centri di
solidarietà, affinché nessuno si senta solo ed emarginato a causa
dell’egoismo.
– Amate l’Italia, la vostra cara Patria, che pur tra tanti
travagli e contrasti, è sempre la vostra terra, ricca di storia, di
bellezza, di genio e di bontà!
– Amate l’Europa, la quale per millenni ha riversato nella
storia le ricchezze incalcolabili dell’intelligenza e del
sentimento.
– Amate il mondo intero, perché siamo tutti fratelli e
ognuno deve portare nel suo cuore tutta l’umanità! Quanti profughi,
disoccupati, sinistrati, senza casa e senza pane attendono il nostro
amore!
Ricordiamo una figura ben nota in Italia e all’estero: il
Cappellano degli Alpini Don Carlo Gnocchi! Egli, ritornato dalla
spaventosa esperienza della campagna bellica in Russia, si impegnò ad
amare ancora di più e fondò l’Opera di assistenza per i mutilatini ed i poliomielitici.
3. Infine, vorrei ancora aggiungere: eleviamo la storia
mediante la fede in Gesù Cristo!
Per qual motivo Dio si è incarnato? Perché Gesù Cristo, il
Verbo di Dio, ha voluto inserirsi nella nostra storia umana? Solo per
salvarla, rivelando i valori trascendenti e ultramondani di tutte le
nostre azioni. Questa è la verità che tanto rende sublime la nostra
esistenza: siamo destinati a Dio, all’eternità, alla felicità eterna che
dipende dalle nostre libere scelte. Gesù è venuto per testimoniare e
garantire la verità” (Gv 18,37).
Il noto scrittore francese François Mauriac,
nell’introduzione alla sua celebre “Vita di Gesù” (F. Mauriac, La vita
di Gesù, Ed. Mondadori, Milano 1943), scriveva: “C’è stato bisogno che Dio s’immergesse nell’umanità e che ad
un preciso momento della storia, sopra un determinato punto del globo, un essere umano, fatto di carne e di
sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi getti in ginocchio... Io non credo che a
ciò che tocco, che a ciò che vedo, che a ciò che si incorpora nella mia sostanza; ed è perciò che ho fede nel
Cristo”.
Bisogna aver fede in Cristo per salvare l’uomo! Per elevare
la storia, bisogna salvare gli uomini! E Cristo ci dice: “Venite a me, voi
tutti che soffrite e siete affaticati, e io vi ristorerò” (Mt
11,28). Egli solo ha parole di vita eterna! Egli solo è la salvezza dell’uomo
Alpini d’Italia! Cristo vuol fare anche di voi degli
strumenti di pace e di salvezza! Ascoltate la sua voce! Testimoniate il
suo amore!
Vi assista Maria Santissima, che voi chiamate la “Madonna degli Alpini”!
Vi accompagni la mia propiziatrice Benedizione, che desidero estendere a tutti i vostri cari, a tutte le vostre
famiglie!
Il papa sull'Adamello con gli Alpini