ADUNATE NAZIONALI |
BERGAMO 1986 |
BERGAMO, 1986
Tre grandi autoarticolati
portano i pesanti "containers"
dell'ospedale di pronto intervento della Protezione Civile che ha fatto per la
prima volta la sua comparsa proprio in occasione della 59° Adunata Nazionale.
Partecipa anche la rappresentanza della Federazione internazionale della
montagna, composta dai membri delle cinque Nazioni aderenti (Italia, Austria,
Francia, Usa, Germania).
medaglia commemorativa |
La prima pagina del quotidiano di Bergamo che testimonia il caloroso saluto che ci ha rivolto tutta la Città.
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Se le cronache dei giornali ad ogni adunata, da quelle nazionali alle locali, la parola
che viene regolarmente usata per definire l’incontro degli alpini con le popolazioni è «abbraccio», qui la parola ha sui
suono particolare pieno di letizia in famiglia, di consuetudine quotidiana, di intesa, di affetto e, diciamo la cosa più
importante, di profondissima stima. E’ proprio in questa stima il motivo più lieto del saluto di questo giornale.
Quella degli alpini è associazione patriottica, gloriosa come le altre, ma con in più innegabilmente dei fenomeni tutti
suoi. Una personalità associativa unica.
Intanto, è una associazione che cresce con vitalità impressionante. Si noti, in una società dove ogni onda lunga sembra
invece
afflosciare gli slanci in tutte le cose, dove lo spirito associativo subisce particolarmente l’usura del tempo con
l’assalto dell’individualismo e tutto si burocratizza c si stanca. Questi alpini si confermano da sempre stupendamente
inossidabili nel loro entusiasmo e nella loro vitalità. Passino tutti gli anni che vogliono sui calendari, tutte le
vicende che credono accumulino ceneri sui ricordi, arrivino in tutti i campi le grandi «depressioni», loro gli alpini,
non cambiano. La penna sul loro cappello non è affatto una piuma mobile e neppure una antenna sul tetto o un anemometro
che gira secondo i venti. Gianmaria Bonaldi, la famosa «Ecia», che gli alpini bergamaschi non potranno mai
dimenticare, cantò in bellissime pagine di dura poesia il marchio che
vecchi muli testardi del Pasubio lasciavano per sempre nel carattere dei loro alpini.
Crescono, dunque, in un paese dove tante cose anche stupende finiscono presto, dove continuiamo a perdere un po’ di noi
stessi per strada, e si assottigliano le schiere fraterne, gli ideali dormono nei cassetti e la patria sembra diventata
solo problemi economici, listini di Borsa, e via di seguito. Essi stanno così creando una grande tradizione, in un mondo di tradizioni
che purtroppo si spengono, o si tirano giù una volta tanto dal solaio come reperti per museo.
E cantano, cantano! In un mondo ingrugnito, dove anche il canto è surrogato dalle «cassette», e tutto è pagato, e
città e
contrade paiono diventate un solo triste accasciato sfacelo di mugugno, loro fanno imperterriti la loro gioiosa
primavera alle adunate nazionali e ogni volta che si trovano tra loro.
E Dio sa se questo nostro paese ha bisogno anche di un po’ di semplice antico canto genuino, della letizia non
computerizzata, del morale sempre così alto di questi nostri alpini. Quel tipo loro di canti fraterni che non è venuto
dai festival, ma dalle trincee, dalle ore più dure cioè della vita. Essi hanno imparato la saggezza ben intesa del «canta che ti passa».
Ecco, questo giornale vuoi salutare l’adunata nazionale degli alunni a Bergamo non solo con l’affettuoso abbraccio dei
fratelli dentro casa, ma con la gioia di una profonda stima per gli alpini e dl riconoscenza per quello che essi
rappresentano di concreto per la speranza della Patria in pace e per il suo domani. Come asse portante, appunto,
importantissimo su tutti i piani, della nostra società italiana.
La partecipazione numerosa delle penne nere della nostra sezione ha contribuito a rendere sempre più grande questo nostro annuale incontro, e ha dimostrato quanto sia importante ritrovarci per incontrare non solo i vecchi amici, ma per rinverdire i nostri sempre pii consolidati ideali, in un clima di completa serenità e gioia.
La «testa» della nostra sezione durante la sfilata