ADUNATE NAZIONALI |
PADOVA 1998 |
PADOVA, 1998
Leonardo Caprioli, presidente nazionale
dell'Associazione Nazionale Alpini, per quattordici anni, lascia la guida
dell'Associazione.
La sfilata di Padova diventa per Caprioli un saluto
collettivo per tutti gli alpini in armi e in congedo. Decine gli striscioni a
lui dedicati: "Grazie, Nardo".
Presenti il ministro della Difesa (on.
Beniamino Andreatta), il capo di stato maggiore della Difesa (ammiraglio Venturoni), il capo di stato maggiore dell'Esercito (generale Cervoni) e il
comandante delle Truppe Alpine (tenente generale Pasquale De Salvia).
medaglia commemorativa |
Sconosciuti.
Lunedì 4 maggio. E’ la
settimana dell’Adunata nazionale. Sul
Gazzettino si può cogliere per la prima volta un segno che a Padova stanno
arrivando gli Alpini: in una lettera al giornale certo signor Oscar bacchetta
aspramente le Penne Nere perché stanno fissando sugli alberi chiodi, puntine
e graffette. Parole dure per il loro cattivo insegnamento e per questi
intollerabili esempi di inciviltà.
Come accoglienza non è male.
Gli Alpini, questi sconosciuti. Pensavamo fossero noti per la ventata di
amicizia e serenità che si portano appresso, per il loro senso del dovere.
Sono uno dei collanti che uniscono la nazione, danno lezione di dignità, di
senso civico, di amore per la patria; sono pronti a partire per portare il
loro aiuto dove si abbatte la calamità, hanno scritto pagine stupende di
solidarietà, in Friuli, Campania, Russia ed Armenia (ma voi sapete dov’è
l’Armenia?). E per qualcuno rimangono una massa di allegri beoni che
lasciano segni di inciviltà sul tronchi del verde cittadino... Ho la
sensazione che nemmeno questa Adunata, tra polemiche, la stampa in cerca di
scoop, le mille contraddizioni che accompagnano la verde tribù, riuscirà a
dare la vera immagine degli Alpini.
Il nostro Nucleo di Protezione Civile.
E, proprio per dimostrare la
sensibilità degli Alpini nei confronti della salvaguardia dell’ambiente,
nella settimana che precede l’Adunata alcuni volontari della nostra
Protezione Civile nella periferia di Padova trasformano una discarica in un
verde parco giochi. Ai lavori partecipano anche due squadre di soci del nucleo
di Protezione Civile della nostra Sezione, coordinate dal responsabile
Giuliano Zanin.
La prima è formata da Masero
A., Masero G., Lorenzon S., Liessi O., Cuch G., Frare G.D., Burgio F., Borsoi
V., Foltran F. e dallo stesso Zanin; la seconda da Cais A., Frassinelli U.,
Ghirardi G., Meneghin R., Callegari M,. Da Ruos G., Danieli B., Cisotto P. e
Saranello F.
Il panorama che accoglie i
volontari è tutt’altro che invitante: si tratta di un’area di 100.000
metri quadrati piena di ogni sorta di maleodoranti rifiuti; un miscuglio di
detriti e fango dove si affonda fino al ginocchio. Ma dopo cinque giorni di
lavoro i volontari trasformano la distesa in una verde spianata erbosa che,
una volta fornita di infrastrutture, sarà chiamato “Parco degli Alpini”.
Le Penne Nere, com’è nel
loro stile, vogliono lasciare anche a Padova un segno tangibile del loro
passaggio.
Trippe alla Poggiolini.
Giovedì 7 maggio. Padova
comincia ad essere terra degli Alpini. Chi passa nelle vicinanze della tenda
del Gruppo San Fior, nello scalo ferroviario presso la stazione, non ha
scampo. Vengono inesorabilmente coinvolti tutti, addetti allo scalo, Alpini di
altri gruppi, quelli che stazionano nella vicina tradotta. Guai a chi non si
degna di assaggiare le profumatissime trippe “alla Poggiolini”, scaturite
dalla fantasia culinaria di Bruno, che si fregia, per ragioni sconosciute ai
più, proprio di tale nome d’arte. Ma poi c’è anche la sopressa
investida de casada, ed altre specialità della casa, il tutto
accompagnato dall’inconfondibile aroma dei bianchi della collina
coneglianese. Cadono nella “trappola” anche tre poliziotti in servizio
nella zona, che inizialmente declinano l’invito: dicono che non possono...
che non potrebbero... Ma chi resiste agli Alpini? chi resiste al richiamo di
una accoglienza così calorosa. I militari chiedono di poter continuare il
loro servizio, ma gli Alpini di
San Fior assicurano che non ci sono problemi in quanto questa sera la città
è sotto il controllo delle Penne Nere, e cioè in buone mani. E così per i
tre della Celere c’è l’occasione di un sontuoso rancio alpino.
Anacronismi
Le struggenti note dell’
”Ave Maria” e del “Signore delle cime” di Bepi De Marzi avvolgono le
alte volte della Basilica. Segue
la solenne preghiera dell’Alpino: “Sulle
nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la Provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi, purificati dal
dovere pericolosamente compiuto...”. Solenne e bella, bella ma, forse,
anacronistica: l’Alpino di oggi non ha più vette e frontiere da difendere.
Alle soglie del nuovo che avanza, nell’Europa del terzo millennio, i nemici
da cui guardarci sono altri, e non stanno più sulle nude rocce. E’ stata
costituita una nuova brigata alpina internazionale con Ungheria e Slovenia e
gli Alpini della Taurinense sono appena rientrati dalla missione in Bosnia...
Una invocazione certamente toccante, che ripropone quello scenario suggestivo
così caro alla memoria storica delle Penne Nere. Ma l’habitat in cui opera
l’Alpino del 2000 è totalmente mutato.
La festa
Festa non solo alpina ma festa
nazionalpopolare che qualcuno ha definito la kermesse più bella del mondo. Un
incontro sempre uguale eppure sempre diverso: lo spirito, l’attaccamento ai
valori ed alle memorie sono immutati; cambiano i modi, c’è sempre qualcosa
di nuovo, data la stupefacente fantasia e la meravigliosa diversità del
popolo degli Alpini.
Una festa, mille feste, in
ogni piazza, ogni strada, ogni angolo. Tante norme violate, a cominciare da
quelle del codice della strada (oggi gli Alpini se lo, possono permettere). Ho
visto su uno (uno) scooter quattro (quattro) alpini con relativa panza
scorrazzare in Prato della Valle in barba non solo al codice della strada ma
anche alle leggi fisiche della dinamica e della statica; ho visto un’Ape con
dieci persone e congruo numero di damigiane a bordo. Violate, come sempre,
anche le direttive del CDN che vieta l’uso dei cosiddetti trabiccoli.
Poi arriva la notte e non
tutto è raccontabile. Altro che le puntine da disegno contestate dal signor
Oscar... Ci sono, purtroppo, vari modi di concepire l’Adunata.
Il miracolo
Domenica l’asfalto
restituisce un odore strano, acre e pungente, un odore che si sente solo alla
domenica mattina di una Adunata: sono i segni che fiumi di vino ne sono corsi
parecchi durante la notte. Più di qualcuno porta i segni inevitabili della
allegra nottata. Poi il miracolo si ripete perché tutti si ricompongono ed è
una marea che sfila per quasi 9 ore, fitti come acciughe ma diritti come fusi,
testa alta e petto infuori, veci e bocia a recitare quella che è la parte più
importante della Adunata: quell’indecifrabile rito che è la sfilata.
Nessuno è mai riuscito e riuscirà a spiegare bene quale sia il suo
significato. Forse rappresenta solamente il segno di appartenenza, il
giuramento di fedeltà al corpo ed a tutto quanto significa essere Alpini. “Sotto ogni
cappello un fratello”, recita uno striscione. Il cappello: ecco il filo che
lega le migliaia di veci e boce che sfilano interminabilmente sotto il sole.
Miracolo, perché marciano
anche quelli che fino all’alba, col bicchiere in mano, hanno cantato, a
volte con le lacrime agli occhi, la storia tristissima di quel capitano che
morì giovane e lasciò il famoso testamento che da quasi 100 anni ci spezza
il cuore; perché sfilano gli stessi che con la vecchia tromba, tra una
stonatura e l’altra, durante la notte hanno intonato un inno montanaro o un
silenzio fuori ordinanza per invitare, invano, gli irriducibili, ad andare in
branda.
Sempre pronti a partire
Sparisce tutta la
sovrastruttura goliardica e marciano solo Alpini a testimoniare, con il loro
passo, la loro incrollabile fede nei valori dell’alpinità. E c’è
tangibile l’orgoglio e la serietà di chi sa di avere un preciso ruolo nella
Storia di questo Italia. E per quel grande rispetto che gli Alpini hanno per i
loro morti, sembra che oggi sfilino anche gli amici passati avanti, evocati
dai labari, dalle medaglie e dagli striscioni. I morti che si sono sacrificati
per la Patria ma anche quelli che c’erano l’ultima Adunata e non sono più
ed i cui cappelli sono portati, con gesto di grande sensibilità, dagli amici
su dei cuscini.
Una fila lunga ed
interminabile. Ma ancor più lunga ed interminabile è la lista degli
interventi di ogni tipo, degli atti di solidarietà di cui i vari Gruppo e
Sezione si sono resi protagonisti nelle proprie zone. Al passaggio della
Protezione Civile lo speaker chiede ed ottiene un minuto di silenzio in
memoria delle vittime della frana di Sarno. Gli applausi della folla si
interrompono. E questo momento di irreale silenzio è la cosa più toccante
dell’Adunata. «Siamo qui - dicono gli Alpini - ma siamo pronti a partire
per la Campania sconvolta dalla nuova tragedia. Bastano 12 ore per far
fagotto, levare le tende e partire con le uniche nostre armi, che sono il
cuore e le braccia».
La Sezione Conegliano
Numerosissimi come sempre gli
Alpini della nostra Sezione; è l’occasione unica per vederci tutti assieme
e contarci: ed è sorprendente quanti siamo. Fieri, non marziali, guidati dal
nostro Presidente Paolo Gai, fiero più di tutti, incapace di contenere il
giusto orgoglio di guidare una sezione numerosa e compatta. Precede i vice
Brunello e Maretto, il colorato sfoggio di vessilli e gagliardetti, la nostra
splendida fanfara, i consiglieri, i sindaci alpini e tutti i gruppi,
coordinati impeccabilmente dal servizio d’ordine di San Pietro di Feletto.
Al passaggio della Sezione Conegliano, speaker di turno è, ovviamente, il
nostro Nicola Stefani, che ricorda come i legami tra le Sezione trevigiane
siano ancor più vivi ora che viene commemorato l’ottantesimo della
Vittoria: nella memoria di tanti veci non si è ancora spento infatti il
ricordo delle sofferenze nel tragico anno di occupazione seguito alla rotta di
Caporetto, sofferenze che martoriarono proprio le popolazioni delle nostre
terre.
Passando davanti al Labaro, il
nostro Presidente rende gli onori alle autorità sulla tribuna: Ministro della
Difesa, Capi di Stato Maggiore della Difesa e dell’Esercito, Comandante
delle Truppe Alpine, politici ed amministratori locali. Ma il suo saluto ed il
ringraziamento più vivo vanno ad un personaggio del palco che oggi
difficilmente riesce a cacciare indietro le lacrime, nel vedere, per
l’ultima volta da Presidente, gli alpini che gli sfilano davanti...
Ferite da taglio
Bella, bellissima Adunata. Ma
non sono mancati alcuni aspetti negativi. Troppe, per esempio, le ambulanze
che nella notte tra sabato e domenica hanno dovuto fare gli straordinari per
far la spola con l’ospedale. Troppi casi di baldoria sfrenata ed
indisciplinata. Eccessivo, poi, il numero di ambulanti di tutti i tipi e
colori: mercatini di bandiere, cappelli e souvenir, ma anche bancarelle con
cuccioli di gomma, peluche, giocattolini semoventi, elefantini vari, cassette
pirata, profumi veri, firme false... Presso la stazione una macchina della
carovana del Giro d’Italia ti spacca i timpani per proporti, a 10.000 lire,
maglietta, berretto da baseball, orologio e calcolatrice. Ma gli Alpini tutto
sopportano, perché una delle loro doti è la tolleranza. E poi anche un
alpino, ve lo ricordate, si intrufolava sempre con la bici nel Giro
d’Italia...
Oltre che per i soliti
“eccessi” etilici, questa volta i ricoveri al pronto soccorso sono stati
causati da un nuovo tipo di inconveniente: ferite da taglio. Non si è
trattato di ...duelli all’arma bianca, ma di ferite alle mani
nell’affettare qualche salame o soppressa. I salami o gli alpini non sono più
quelli di una volta...
DMGF