ADUNATE NAZIONALI |
ASIAGO 2006 |
ASIAGO, 2006
13-14 maggio
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Alla fine di ogni adunata nella testa di ognuno ci sono cose che volentieri ricordi; altre invece vorresti eliminarle
al più presto. Tra quest’ultime metterei senza ombra di dubbio i cosiddetti «trabiccoli», un insulto, nel vero senso
della parola, all’organizzazione dell’adunata e ai loro partecipanti. Tra le cose belle di questa adunata ho messo il
camper, soprannominato dell’amicizia, per l’alta affluenza di amici che sono passati di lì: era diventato il faro per le
navi che devono attraccare in porto. Il padrone di casa era Andrea Todeschini coadiuvato da Piero Frizzarini, suo
inseparabile compagno di adunata. Punto di richiamo per tutti i soci della nostra sezione e non solo, per degustare
un’ottima ombra di prosecco, e “scoop sensazionale” per ammirare la maestria del nostro presidente sezionale Antonio
Daminato nell’affettare la soppressa.
Abbiamo potuto ascoltare con piacere e rinnovato entusiasmo le vecchi e glorie del Corocastel (Leopoldo Miorin e Lauro
Piaia, giusto per citarne alcuni) che hanno allietato il sabato pomeriggio. Altre personalità si sono avvicendate
attorno al camper: anche il vicepresidente Tuan non ha mancato di farci visita. Sono stati due giorni meravigliosi,
grazie a quel camper e al suo timoniere. Speriamo che anche il prossimo anno ne possiamo far conto, e come dicevano i
vecchi: «Piuttosto che rompere una tradizione è meglio buttare giù il campanile».
Alberto Galli
In cima all'Ortigara c'ero stato più volte e in stagioni diverse. Ricordo la volta che arrivai in
Cima con gli sci da fondo lungo la pista nera che parte da Campomulo...
...Avevo fatto tardi e faticato molto perchè gli ultimi chilometri di cresta erano battuti da un
vento gelido di tramontana. Inconsciamente decisi di scendere dalla cima lungo il sentiero che sale dal Lozze che già
conoscevo. Non ci volle molto per capire,e rendermi conto dell'imprudenza:una discesa impossibile con
quell'attrezzatura;immerso in due metri di neve fresca sarebbe bastato che si fosse sganciato uno sci o che avessi rotto
un bastoncino... E non sarei qui a raccontarla,anche perchè,tornare indietro sarebbe stato pressoché impossibile.
Cercai di non farmi prendere dal panico, divallai lentamente e mi lascia andare a quello che era il
mio istinto;probabilmente fui aiutato anche dallo spirito delle migliaia di morti di quella Montagna sacra che non mi
vollero con loro.
Mi ritrovai sulla pista battuta,dalla quale il sole se n'era già andato.
Questa volta però,c'era un motivo in più per ritornarci:la cerimonia ufficiale di commemorazione il
sabato mattina in cima all'Ortigara. A condividere l'idea di questa esperienza l'amico Luciano già compagno in altre
escursioni in montagna.
Per poter giungere sull’Ortigara prima delle 10.30(inizio della cerimonia) dovevamo partire presto
da Campomulo dove eravamo arrivati già venerdì in tarda serata. Alle 22 ci corichiamo con la luna che illumina “la busa
fonda”. Fa freddo. Ci svegliamo durante la notte,la luna quasi ci abbaglia attraverso il lunotto posteriore del
furgone;dormiamo vestiti nei sacchi a pelo. Alle 4.30 siamo svegliati dal bisbiglio di un gruppetto di alpini che
percorreranno un itinerario diverso dal nostro;la maggior parte salirà al piazzale Lozze con i furgoni navetta e molti
con l’elicottero. Una breve colazione al rifugio Campomulo e poi via in direzione Fiaretta. Il termometro è fermo sullo
zero,il tempo si preannuncia bello e inizialmente la neve tiene,ma in un passaggio in mezzo al bosco ci troviamo sotto
fino alla cintura. Arranchiamo con i bastoncini però non si va avanti;siamo già in ritardo di mezz’ora sulla tabella di
marcia mentre sopra di noi rombano già gli elicotteri.(Saranno purtroppo l’unica nota stonata della giornata)
Impossibilitati a proseguire cambiamo decisamente itinerario e ci buttiamo a capofitto in direzione della mulattiera che
collega malga Fiara con malga Moline e piazzale Lozze. Qui la neve battuta tiene,merito anche della temperatura che
stenta a salire. Al bivio delle Saline facciamo una breve sosta,abbiamo bisogno di mangiare qualcosa ma soprattutto di
bere,perché il precedente passaggio nel bosco ci ha messo a dura prova e quasi certamente l’attraversamento della “busa
fonda” di Moline ci vedrà sprofondare nella neve anche per l’improvviso innalzamento della temperatura.
Arriviamo a piazzale Lozze che sono gia le 9.15; non possiamo permetterci un’altra sosta. Tiriamo
dritto,dobbiamo essere puntuali alla S. Messa; è una questione di stile e di rispetto per quanti andiamo a commemorare.
Nel tratto di sentiero che conduce alla chiesetta del Lozze,apprezziamo molto il lavoro degli Alpini della sez. di
Marostica che hanno scavato un’autentica trincea su oltre un metro di neve. Da qui alla cima la neve sarà molto più
compatta. Siamo ormai in vista della Cima. Una lunga colonna di cappelli alpini ormai ci unisce alla vetta che
raggiungiamo con immensa soddisfazione alle 10.25 . Inizia la cerimonia ufficiale e la S. Messa celebrata da don Rino
Massella,conosciuto in un recente pellegrinaggio sul Don che saluteremo con grande piacere prima di iniziare la discesa.
Abbandonata l’idea della traversata verso Campigoletti-bivio Italia e bivacco Tre fontane causa i grossi cumuli di neve
in quota,iniziamo la discesa per lo stesso itinerario di salita. Una lunga teoria di penne nere fino al piazzale
Lozze,poi da soli,con la neve che sciogliendosi,trasforma la pista battuta al mattino in tanti rivoli d’acqua e
lentamente ci caliamo nel silenzio che la montagna ci regala e che la storia ci impone.
La sera, scesi a Gallio, respiriamo il clima festoso del sabato dell’adunata ma presto la
stanchezza prese il sopravvento e alle 22 siamo gia infilati nel nostro sacco a pelo.
Uno scroscio d’acqua improvviso ci sveglia bruscamente,guardo l’orologio:sono le 5. E’ quasi ora.
Una gavetta di the caldo, un pezzo di cioccolato, della frutta secca; mettiamo l’occorrente per la giornata nello zaino.
La meta è monte Zebio (mina dello Scalambron) poi Asiago,sfilata e ritorno a Gallio. Sono le 6.30,piove ma non fa
freddo. Ci incamminiamo lungo una strada che attraversa la borgata Gastagh quindi una carrareccia che risale un lungo
costone in un bosco di faggi e poi d’abeti; in un paio d’ore giungiamo nei pressi del bivacco Stalder adiacente ad un
cimitero di guerra austro-ungarico, poco sotto lo Zebio. Ci troviamo proprio nel cratere provocato dalla mina dello
Scalanbron. La zona è un autentico museo all’aperto e, nonostante la pioggia e le forti raffiche di vento,riviviamo i
momenti dello scoppio descritti dalle documentazioni in loco.
Lasciata la zona della mina, nei pressi di una piccola radura, con un improvviso batter d’ali
decolla un bellissimo esemplare di gallo cedrone che poi si infila e sparisce nel bosco sottostante.
Dopo una breve sosta al bivacco per rifocillarci decidiamo di scendere. Sono passate le 10 e
dobbiamo far presto se vogliamo essere puntuali alla sfilata. Ha smesso di piovere e sentiamo in lontananza il suono del
tempo scandito dalla grancassa delle fanfare. In poco tempo siamo nei pressi dell’aeroporto e ci immergiamo nel clima
festoso della sfilata. Incrociamo i piemontesi bagnati fradici che sono gia di ritorno e con non poca fatica troviamo il
nostro posto di ristoro; ci aspetta una fumante pastasciutta offerta dagli alpini di Barbisano. Un violento acquazzone
ci coglie verso l’ammassamento. Teniamo duro. Se abbiamo fatto trenta possiamo fare anche trentuno…anzi,
trentatré…trentatré…
Alle 14 siamo inquadrati. sez. di Conegliano “avanti”.
Tiziano Marchesin
gruppo alpini Pieve