ADUNATE NAZIONALI |
CUNEO 2007 |
CUNEO, 2007
12-13 maggio
Partenza posticipata
Le avanguardie del gruppo dovevano partire oggi, mercoledì, per Cuneo per
installare la tenda ed organizzare il campo, ma la partenza è posticipata a domani mattina. Oggi, infatti, diamo
l’ultimo saluto ad un nostro vecio, e si sa che nella vita degli alpini ci sono delle scadenze ancora più importanti
dell’adunata.
92 anni, le sue adunate Gino Tonon le ha
fatte tutte, fino a quando le gambe glielo hanno permesso. Essere alpino è stato l’orgoglio della sua vita e adesso è
certamente orgoglioso di vedere la chiesa piena di penne nere.
20 mesi di prigionia dopo l’8 settembre
‘43, quante volte ci ha raccontato le sue avventure in Germania. Sì, per Gino la prigionia era stata un’avventura, mai
il racconto del viaggio della paura, le umiliazioni patite, le vessazioni, il duro lavoro coatto: si compiaceva di
raccontarci gli stratagemmi messi in atto per fregare ai tedeschi il pane, le patate, ed il rocambolesco viaggio di
ritorno a piedi per le strade d’Europa, la gioia nel rivedere i colori della sua terra e riabbracciare la sua famiglia.
Ciao Gino, ottimista inguaribile.
Sulla via di Cuneo
E’ la mia prima volta a Cuneo. Qui la
storia degli alpini si intreccia con la storia della Provincia Granda, le montagne che circondano la città, infatti,
richiamano alla mente la divisione “Cuneense” (13.000 uomini, annientata nella ritirata di Russia) con i battaglioni di
città (Ceva, Mondovì, Saluzzo, Borgo San Dalmazzo) che hanno riempito di lapidi i paesi di questa terra.
Ci chiamano i 4 dell’Ave Maria anche se
siamo in 5 (questa volta si è aggiunto Vanni).
Il camper è nuovo fiammante, Fiore l’ha
cambiato proprio un mese fa per l’adunata.
Partenza venerdì alle 17, la prima sosta
è nell’autogrill dell’A21 dopo Brescia, il piazzale è popolato di soli alpini. Qualcuno è già in condizioni tali (cioè
sta in pedi solo perché aggrappato ad un palo dell’illuminazione) che sarebbe meglio tornasse a casa. Perché tutte
queste dichiarazioni di guerra ai trabiccoli e poca attenzione agli atteggiamenti indegni che disonorano il cappello?
Pare che qualcuno per fare l’unica grande
balla in un anno scelga proprio i giorni dell’adunata. E’ il retaggio delle adunate di 50 anni fa, ma ormai siamo fuori
dalla storia.
Lasciati a casa tutti i nostri problemi,
saranno tre giorni “alpini” ma abbiamo tante di quelle cose da raccontarci che ad Asti est si va via diritti e così ad
Asti ovest e così chilometri e chilometri per uscire alla barriera di Villanova e poi rientrare e tornare indietro.
A mezzanotte siamo a Cuneo, dove scopriamo che la città, come succede sempre il venerdì delle adunate, ha già preso
forma alpina.
Squilli di tromba
Le notti alle adunate sono corte… Anche
quella passata è stata una notte “difficile”… e chi pensa che le notti dell’adunata siano facili, l’adunata non è cosa
per lui.
Alle ore quattro una tromba dalle
vibrazioni molto incerte ha suonato il silenzio, un’ora dopo dalla stessa tromba sono partite le note, questa volta
disperate, della sveglia.
Ma il popolo degli alpini è già sveglio.
Ci troviamo in un’area verde vastissima, con una grande varietà di idiomi, in prevalenza veneti. Tra gli altri sono
accampati qui i gruppi San Fior, Pianzano, Bibano-Godega, Codognè, Refrontolo e Pieve di Soligo.
Mi è impossibile capire se l’alpino che
cammina smarrito tra i camper sia di ritorno o di partenza.
Da una tenda si leva un nostalgico e
struggente Va l’alpin pieno di poesia, ma sono le sei di mattina e l’olezzo proveniente da fiaschi lasciati
aperti la sera si confonde con l’aroma del caffè, spesso corretto grappa.
Consumato il rancio di mezzogiorno,
mentre sull’accampamento aleggia ancora il profumo di grigliata parte spontaneo un concerto di brani alpini, sotto il
sapiente accompagnamento della fisarmonica di Vanni. Ma il programma prevede solo canti gioiosi, per cui va a finire
che, a corto di repertorio, anche qui all’adunata volano alte le note di Romagna mia.
Bach, compositore alpino
Alle 17 al palazzetto dello sport di
Cuneo va in scena lo “spettacolo” più bello di tutta questa adunata, il momento più alto: la messa in ricordo degli
alpini che non ci sono più. Si recita nella vastità di quest’arena perché nessuna chiesa della città potrebbe contenere
la marea di alpini qui convenuti.
Una celebrazione solenne di grande
suggestione, preparata, commentata, suonata, cantata dagli alpini alla presenza di una vastissima assemblea di alpini.
Straordinario il contributo del Vescovo
della città che nell’omelia rifà la nostra storia, quella che sì è intrecciata con la storia della nostra nazione, parla
del nostro impegno, della nostra presenza contagiosa nella comunità: alpini esempio di convivenza civile, costruttori di
pace, operatori di pace e di unità.
All’offertorio 10 alpini partono
dall’altare e si inoltrano tra i fedeli ricevendo le elemosine all’interno del loro cappello. Un gesto che nella sua
semplicità riesce a dirci come sono unici il cappello e gli alpini.
Il coro intona muto una nenia di Bach di
rara e struggente intensità e che sembra scritta giusta giusta per gli alpini. Da oggi annovero il sommo musicista
tedesco tra i compositori tanto cari alle penne nere.
Alla fine due colpi di tromba e viene
letta la preghiera dell’alpino accompagnata dalla note sommesse del Signore della cime. È il momento più alto
della cerimonia perché gli alpini ascoltano la loro preghiera con lo stesso
sentimento con cui ascoltano la voce della montagna. “Dalle nude rocce, dai
perenni ghiacciai…” Potranno modificarla, ritoccarla, rielaborarla… sostituirla mai! Non folclore o romanticismo, ma
solo preghiera. E forse la più bella poesia delle penne nere.
Amico mulo
Al ritorno ci imbattiamo in un alpino che
cammina per la strada con un mulo gigantesco, tenendolo a guinzaglio come si fa con i cani a passeggio per la città.
Tanti gli alpini che si fermano per toccarlo ed accarezzarlo. Scambi di tenerezze che evocano storie e scene di naia.
Ricordo che, se per tanti artiglieri i muli erano bestiacce maledette, in alcuni casi tra mulo e conducente si creava
una strana e misteriosa intesa. Ricordo le lacrime di un artigliere quando il suo Antenore si sfracellò contro le rocce
cadendo dal dirupo, ricordo la guerra tra due conducenti (tutti due una testa peggio di un mulo) per aggiudicarsi
Luciana, la mula più bella e gigantesca, ma anche la più pericolosa della batteria.
Anche questa era naia.
Cogliendola di sorpresa, un alpino prende
in braccio la giovane moglie e la mette in groppa al mulo per una foto di rito. La donna è terrorizzata, ma le sue urla
e le imprecazioni perché qualcuno la faccia scendere lasciano tutti (mulo compreso) nella più totale indifferenza.
Va di scena l’emozione
Sabato sera chi non c’è non gli si può
spiegare. Corso Nizza è il lungo viale in cui domani si svolgerà la sfilata, l’asse centrale attorno cui si distribuisce
la città di Cuneo. Portici profondi, larghi i marciapiedi e la sede stradale. Eppure non si riesce a camminare.
In corrispondenza delle due tribune il
corso si restringe e lì si crea un ingorgo pauroso dove ci troviamo a ruotare a mulinello come nei vortici della
corrente, spostati dall’ondeggiare della calca, ed una volta entrato non sai se raggiungerai l’altra sponda o tornerai
al punto di partenza.
Ed a complicare il tutto ci sono sempre
loro. Avevo l’impressione che fossero diminuiti, forse sono davvero diminuiti, ma ci sono sempre, con il loro incedere
insulso, con il loro carico di gente spesso in equilibrio instabile, con le accelerazioni improvvise che si
sovrappongono in modo innaturale ai suoni della festa, con la puzza di petro-gasolio irrespirabile. Diciamocelo chiaro:
se battaglia c’è stata sui trabiccoli, la battaglia è persa. C’è solo da sottolineare che la nostra sezione si è
comportata sostanzialmente bene.
Nelle varie chiese e teatri sono più di
cento i concerti programmati di cori e fanfare, ma bande e complessi canori improvvisati coinvolgono il popolo alpino in
ogni angolo della città. Naturalmente è il “33” a farla da padrone, ma non mancano mazurke e jazz, tanto jazz, che
qualche volta ti par d’essere a New Orleans.
Tra i 90 cori registrati all’adunata
anche il BAJ (gli ex coristi Brigata Alpina Julia, forse il più alpino tra i cori alpini) con la loro applauditissima
esibizione nella chiesa di Santa Chiara. Il più classico dei repertori alpini e l’imponente numero di coristi danno
forza alla loro esibizione catturando subito la platea. Gli ex provengono da tutta Italia, si incontrano solo in
occasione dei concerti dandosi appuntamento, con il tam tam su internet, solo mezz’ora prima di esibirsi. E in quella
mezz’ora si decide il programma ed il nome del direttore (si tratta pur sempre di alpini…).
Alle 23, in piazza Galimberti, la piazza
centrale di Cuneo, ai piedi dell’imponente statua di un personaggio di cui ci rimangono ignoti sia il nome che le gesta,
è di scena l’emozione. Qui si sono dati appuntamento tutti i cori e 2000 voci intonano assieme Signore delle cime,
il canto più amato dalle penne nere.
Brividi, occhi lucidi ed alla fine un
grande boato.
Fanfara in festa
La nostra fanfara non è a Cuneo questa
sera, è ospitata a Montanara, paesetto di 600 abitanti a 12 chilometri dal capoluogo. La presenza del nostro complesso è
l’occasione per una festa paesana: piccola sfilata, sindaco in testa, alzabandiera, omaggio ai caduti, cena offerta dal
paese, concerto in piazza, dove è presente tutta la comunità, una accoglienza oltre ogni aspettativa. Un gemellaggio non
scritto per i nostri musicisti che si sono sentiti gente di quel paese. Una pagina che verrà annoverata tra le più belle
nella storia del complesso fondato da Giovanni Carlet.
Per l’occasione sono state inaugurate le nuove camicie, molto simili a quelle della sezione e dal colore più vivace. La
speranza di Sergio Saccon è quella che qualche bocia venga a ringiovanire il gruppo.
La vecchia
Tolta dal dimenticatoio di qualche
soffitta e liberata dalla patina del tempo, c’è una novità nell’ostaria la vecchia.
Gestita da Lino, Angelo, Aldo, Toni e
Luciano, la vecchia è ormai diventata un’istituzione, essendo punto obbligato di passaggio e di ritrovo dei Vip
(alpini e non) presenti all’adunata.
Ogni gestore ha un compito ben preciso,
che fondamentalmente è uno solo, e cioè accogliere gli ospiti con l’apertura di una bottiglia di verdiso dei colli di
Ogliano (rigorosamente solo verdiso dei colli di Ogliano). Ma ci sono anche i complessi preparativi per l’allestimento
del sontuoso spiedo, confezionato giornalmente, che mai però vedono impegnato Toni, il cui compito è quello di inforcare
la fisarmonica appena il clima si surriscalda.
La novità di cui si diceva sopra è la
machina da tajar foja pa’ i cavalier, che, ripulita ed oliata, ora serve da affettatrice per la mortadella. Idea
geniale, ma per la mancanza di un adeguato meccanismo di controllo, lo spessore delle fette va da 0.5 a 4 millimetri… Ma
va bene lo stesso, perché con il pane fresco che arriva dal vicino forno è comunque la riscoperta di antichi sapori.
Grande accoglienza alpina, con Luciano
che distribuisce le tradizionali spumiglie fatte in casa (3 ceste). Una miriade di ospiti (tra cui Giovanardi, Perona,
l’avvocato Paniz). Beppe Parazzini vorrebbe brevettare il brindisi che si onora di aver creato anni fa in coppia con
Toni Battistella, ma per far le cose bene, come si confà agli alpini, bisogna provare e riprovare musica, gesti e
…brindisi.
Così a forza di brindisi nella ostaria
la vecchia succede un fatto inaspettato, incredibile (ed increscioso): il vino ad un certo punto sta per andare
esaurito, e ciò nonostante le bottiglie siano state portate in numero multiplo delle centinaia.
L’intraprendenza del cantiniere (Aldo)
riesce a tamponare l’emergenza e ad evitare la figuraccia.
La notte leoni…
Domenica mattina sono i cinguettii degli
uccellini a svegliarmi. Nessuno ha suonato il silenzio questa notte, nessuna tromba ha dato la sveglia. La cosa mi
appare ancor più strana quando, aprendo la porta del camper, mi accorgo che la popolazione dell’accampamento è quasi
raddoppiata rispetto a ieri, tende, roulotte, macchine e furgoni ovunque, non un metro quadrato libero. Ieri non s’era
dormito la notte, ora un silenzio impressionante.
Il motivo dovrebbe essere semplice: la
baraonda è finita ed ora il popolo degli alpini si sta preparando alla parte sacra dell’adunata. Ma mi frullano nella
testa le parole che mi diceva spesso mio nonno: la notte leoni, la mattina co…
Alpin pride
Quante razze di alpini esistono? Ne
conosco di destra, di sinistra, di centro, divisi su tutto, 1000 alpini sono 1000 idee, 1000 progetti, 1000 razze. Oggi
c’è una razza solo, quella che sfila.
Sfilano tutti con lo stesso spirito e lo
stesso orgoglio, consapevoli di incarnare una tradizione, sfilano affiancati veci e bocia, generali, ufficiali e truppa,
sfilano anche quelli che all’alba stavano ancora cantando davanti ad un bicchiere. Un caffè e via. Alpini così diversi
e così uguali. E questo ti tocca il cuore.
Passa l’esercito, l’interminabile
esercito, della Protezione Civile, il fiore all’occhiello della nostra associazione. E’ il presente ed il futuro
dell’ANA.
Passano i reduci su carri militari
d’epoca accompagnati dal gruppo giovani, una coreografia piena di significati. Sono i più applauditi, al loro passaggio
commozione e lacrime.
I giovani dell’ANA sono la più bella
novità di questi ultimi due anni. Significativo il loro striscione: “noi dopo di voi”, e quanto recita la scritta della
loro maglietta: “dal 1919… l’impegno continua”, che induce alla speranza chi ha a cuore il futuro delle penne nere. Sono
numerose le iniziative messe in campo dai giovani, di cui il nostro Manuele Cadorin è uno dei trainer, che qui a Cuneo
hanno voluto essere presenti a tutti gli appuntamenti, gestiscono un gazebo promozionale ed hanno organizzato una mostra
storica sugli alpini (il fronte greco-albanese).
Col cappello sul cuore
“Uniti per donare” e “Alpini: in guerra
per dovere in pace per donare”. Basterebbero questi due striscioni per spiegare al mondo cosa sono gli alpini.
Quell’esercito sfortunato di uomini di montagna che andavano a combattere per puro senso del dovere, male equipaggiati,
mandati a morire in terre sconosciute per motivi ignoti e mai condivisi. Li stessi uomini ora sono un esercito di pace
che corre quando ci sono inondazioni, terremoti, tsunami, un esercito modernissimo che tutti ci invidiano.
Tutti i messaggi che vengono dalla
sfilata sono di facile lettura ed interpretazione.
Passa Verona, interminabile, 5 blocchi.
In testa, assieme ai rappresentanti della sezione, una ragazza: incedere fiero, immenso sorriso sul volto, forse una
lacrima nell’anima. Ed un cappello alpino stretto sul cuore. Sta portando il cappello del padre, o del nonno, che sul
letto di morte le ha chiesto di portarlo ancora una volta, l’ultima, all’adunata.
E tante altre storie messe allo scoperto,
come l’alpino che non rinuncia alla sfilata anche se costretto su una sedia a rotelle.
Standing ovation
Quando Luigino Donadel apre la nostra sfilata, i toni di Nicola
Stefani, uno dei tre speaker dell’adunata, si fanno improvvisamente più caldi, e così diventa palese a tutti che quella
che sta sfilando in quel momento è la sezione Conegliano.
Raggiante Toni Daminato, davanti ai vice
Carniel, Geronazzo e Visentin, che non riesce a celare l’orgoglio di essere alla guida di questa piccola-grande sezione.
Sfilano con la fascia tricolore i
sindaci, o loro rappresentanti, dei comuni di Conegliano, Pieve, Refrontolo, Codognè e Sernaglia.
Al passaggio di Giuseppe Benedetti, oggi
alfiere sezionale, sotto la tribuna che ospita il gotha dell’ANA, si assiste ad una autentica standing ovation, che
mette il nostro Bepo in difficoltà, diviso tra l’irrefrenabile impulso di rispondere al saluto e l’atteggiamento austero
e solenne che deve tenere chi porta il vessillo della sezione.
Ora si capisce perché il nome d’arte del
Bepo sezionale è “ministro degli esteri”.
Nei giorni dell’adunata Benedetti ha presenziato con il nostro vessillo a tutte le principali manifestazioni, portandolo
anche alla funzione voluta dal Tenente Pietro Marchisio in memoria del leggendario Tenente Colonnello Domenico
Rossotto, di cui fu l’ultimo aiutante maggiore nella Campagna di Russia.
Per Boves
Ripartiamo col nostro camper, mentre
alcuni alpini stanno smontando la tenda che ha ospitato il gruppo. Anche all’adunata, che è una festa, ci sono gli
alpini che non smettono mai di lavorare. Li vedi sempre in prima fila nel gruppo, tutto l’anno, e qui all’adunata
preparano, cucinano, servono ai tavoli, puliscono, riassettano, piantano e spiantano. In silenzio. Sono sempre gli
stessi, il loro nome non compare mai da nessuna parte. Sono i più umili, sono i più alpini.
Al rientro prendiamo la strada per Boves
perché Fiore, dopo 40 anni, vuol rivedere la sua caserma.
Alzi la mano l’alpino che non è più
tornato nella caserma dove ha fatto la naja… essere alpino ti segna la vita.
Ma la caserma è vuota, diroccata, un
simulacro spettrale. Anche il bar che era il ritrovo nella libera uscita è chiuso. Una tristezza.
Intanto si discute sull’adunata, almeno
fino a quando qualcuno (indovina chi) non cade nelle braccia di Morfeo.
Bella città, Cuneo ha retto bene, anche
se con qualche falla (scarsi i tram, servizi igienici ormai impraticabili la domenica). Bene la logistica, efficiente
l’assistenza sanitaria con un punto medico attrezzatissimo, anche se sembra non ci sia stato troppo lavoro (un
farmacista sabato sera sulla porta della farmacia mi ha confessato con aria stanca: “la grappa deve essere il vostro
antibiotico, visto che io sto aperto da due giorni inutilmente”).
Tante donne, più di sempre, al seguito.
Ottima l’accoglienza. Ma pare che
qualcosa stia sfuggendo di mano agli alpini, perché spesso si ha la sensazione di essere alla sagra dei osei, c’è
di tutto ed anche di troppo.
Anche se gli alpini vi si sono ormai
abituati e reagiscono con tolleranza o indifferenza. Sabato lungo Corso Nizza un grosso assembramento ha catturato la
nostra attenzione: c’erano gli indiani, si, proprio gli indiani, che si esibivano in danze, canti e rituali.
L’ultima cena
Al ritorno vogliamo finire in gloria
questa adunata ed una cena in casa è l’occasione per assaporare il prosecco delle colline di Castello Roganzuolo, quello
che non ha nulla da invidiare né ai bianchi del Piemonte, né al verdiso delle rive di Ogliano. Non per niente la storia
ci racconta che ne consumava in abbondanza tal Tiziano Vecellio, che da queste parti aveva una casa e che era solito
chiamarlo la mia divina ambrosia.
E come ogni anno, certi di aver passato
tre giorni indimenticabili, sentenziamo che, fra tutte, questa è stata la nostra più bella adunata e ci diamo
appuntamento alla prossima.
Amici affiatatissimi, la vita ha un po’
diviso le nostre strade e forse sarà proprio Bassano l’occasione per ritrovarci la prossima volta.
E mentre ci salutiamo mi vengono in mente
quattro versi sentiti chissà quando e chissà dove e scritti da chissà chi (di certo un poeta nostrano):
La vita senza amicìzia
no la à tant morbìn
sarìe come ‘na bèa
magnàda
senza vin
Gianfranco Dal Mas
Sfilano veci e giovani
I nostri sindaci
Il Labaro Nazionale
Sfila la Bandiera di guerra
Lino e Michele in azione con la supertecnologica affettatrice dell’ostaria la vecchia
Onore ai Caduti da
parte del Presidente Perona, e l'alzabandiera.
Il Consiglio Nazionale scorta il glorioso Labaro
Sempre benvenuto un mulo all’Adunata