GRUPPO BIBANO GODEGA


Dicembre 1969

Inaugurato a Godega S. Urbano il Monumento dedicato ai Caduti di tutte le guerre


Don Paolo Bolzan rievoca il sacrificio dei Caduti, nel corso della cerimonia inaugurale
del monumento. Come ha poi ricordato il cav. Benedetti, presidente del Comitato per
l’erezione dell’opera, il comune di Godega S. Urbano - che nel periodo intercorrente tra
le due guerre contava meno di mille abitanti - ha sofferto la perdita di 34 Caduti:
20 nella guerra 1915-18 e 14 nel conflitto 1940-45. (Foto Vinera)

E’ stata una festa magnifica alla quale, con la consueta grande affluenza di alpini e di ex combattenti, hanno partecipato numerose le autorità e larga parte della popolazione godigese e dei paesi viciniori.
La sera precedente, sabato 25 ottobre, si è svolto l’applaudito concerto tenuto dal Coro Alpes di Oderzo nell’accogliente sala parrocchiale del capoluogo.
Al mattino di domenica il paese ha iniziato la sua grande festa poiché - oltre che per celebrare il primo anniversario della costituzione del Gruppo alpino di Godega-Bibano - la manifestazione era indetta per la solenne inaugurazione dei monumento ai Caduti di tutte le guerre e per la consegna di distinzioni onorifiche ad ex combattenti del conflitto 1915-18.
La sfilata è stata aperta dalla scattante fanfara dei bersaglieri e dai reparto del 182° Reggimento corazzato «Garibaldi» di stanza a Sacile. Con la bandiera del Comune di Godega erano quelle delle sezioni di Orsago, Cordignano, San Vendemiano e Pianzano dell’Associazione combattenti e reduci, e le bandiere delle sezioni di Cordignano e di Godega dell’Associazione mutilati ed invalidi di guerra; tra le insegne alpine, oltre al vessillo della nostra Sezione, c’erano numerosi gagliardetti tra i quali abbiamo potuto annotare quelli di Cappella Maggiore, Brugnera, Rivas, Pasiano, Colle Umberto, Piavon di Oderzo, Motta di Livenza, Ormelle, Cordignano, S. Lucia di Piave, Collalto, Pieve di Soligo, Collalbrigo, San Fior, Orsago, San Vendemiano, Ogliano, Vazzola, Mareno di Piave, Corbanese, Colfosco, Fontigo, Pianzano, quello del Gruppo-città e infine quelle del locale Gruppo di Godega-Bibano.
Sul palco e attorno al monumento - con la folla numerosa di popolazione e rappresentanze - c’erano le autorità con il sindaco prof. Guerrino Gobbo e tra le quali abbiamo notato l’on. dott. Francesco Fabbri (anche in qualità di presidente provinciale dell’Associazione ex internati), il generale Sante Traversa dei bersaglieri, il ten. col. Bortolo Benedetti presidente del comitato per l’erezione del monumento, il ten. col. (di recentissima promozione: felicitazioni!) Italo Beltramba comandante della Sezione staccata di artiglieria di Conegliano, il nostro consigliere nazionale ten. col. A. Piasenti, il parroco di Godega don Geminiano Nardi, il direttore della Cassa di risparmio rag. Gorza, il ten. col. Manzin, e infine i membri del consiglio direttivo sezionale con il presidente comm. G. Curto e il vice presidente avv. Travaini, capigruppo e dirigenti anche di altre sezioni.
C’ero anch’io (e ciò ha stupito tutti) in quanto questa è l’unica manifestazione alpina cui ho partecipato quest’anno; impegni, disgrazie e altri impedimenti mi hanno tenuto lontano dagli alpini e da cerimonie di vario genere. Domenica 26 ottobre di malore ne avevo più del solito ed allora ho decisamente preso la soluzione di mandare tutto al diavolo e di venire qui a Godega: mi ha fatto bene, perchè vi ho ritrovato vecchi amici e mi sono arricchito di nuove amicizie; e di nuovi incoraggianti insegnamenti. Come quello del bersagliere generale Traversa - 76 anni e due spanne di medaglie partito in corsa alla testa dei giovani bersaglieri in armi, come l’aiutante di battaglia Giacomo Dal Borgo - altrettanto anziano, ardito e grande invalido, nostro socio di Susegana - che anche col solo braccio che gli è rimasto svolgeva con fermezza e competenza il suo incarico di «servizio». Mi ha commosso (derivandomene quindi un ulteriore insegnamento) un alpino forse nemmeno trentenne che una disgrazia ha quasi privato dell’uso delle gambe; quando a cerimonia conclusa la fanfara alpina di Cappella Maggiore è partita dal monumento per portarsi alla sala indicata per il ricevimento, il giovane alpino è stato il primo a mettersi in marcia alle note del «33»: con le gambe rigide come il legno e divaricate per consentirgli l’equilibrio, aiutandosi con le braccia come se nuotasse nell’aria, seguiva con difficoltà ma decisamente il passo gagliardo della fanfara. Giunti al luogo di riunione, la fanfara si è fermata e l’alpino si è appoggiato al muretto ansando con il suo monumentale torace da lottatore; mi sono avvicinato per chiedergli qualche notizia sulla sua disavventura: era sudato. affaticato ma felice. E allora (qualcosa dovevo pur dirgli dal momento che mi aveva visto avvicinarsi con tale scopo) gli ho chiesto... di dove veniva quella fanfara alpina; oltre a quello che avevo visto, non avevo infatti bisogno di altre notizie per sentirmi fratello di quel giovane che porta il suo cappello alpino con tanta coraggiosa fierezza.
Torniamo però alla cronaca; dopo questa piccola divagazione che mi sono concessa per evidenziare validità - anche sotto il puramente umano - di che, come quella di Godega. ancorate ai comuni ideali di perno, di fratellanza, di costruttiva concordia tra tutti.
Non possono infatti essere diversi i sentimenti di coloro che si trovano attorno a un monumento ai Caduti; come è stato palese a Godega dove ci siamo sentiti anzitutto e soprattutto italiani.
Dopo lo squillo dell’attenti mons. Giuseppe Gava - combattente nella guerra mondiale, classe 1894 - ha benedetto l’opera monumentale a nome del Vescovo di Vittorio Veneto, mentre veniva deposta una corona d’alloro recata dal vecchio combattente cav. Francesco Och e dall’alpino in armi Giovanni Dal Cin del Gruppo di Godega-Bibano; l’inno nazionale ha coronato il rito inaugurale e il nostro socio don Paolo Bolzan in iniziato la celebrazione della S. Messa assistito da due graduati montagnini alle armi. Anche il cippo portabandiera, donato dal locale Gruppo alpino, è stato contemporaneamente inaugurato con la benedizione e l’innalza mento del Tricolore.
Don Paolo ha ricordato i sacrifici dei combattenti sui tanti fronti che impegnarono il soldato italiano nelle guerre combattute per l’indipendenza e l’integrità della Patria, ed ha efficacemente commentato l’alto significato del monumento che riassume e testimonia questi innumerevoli sacrifici
Un socio del Gruppo di Godega-Bibano ha recitato la preghiera dell’Alpino, e la fanfara dei bersaglieri ha seguito la celebrazione della Messa con appropriate musiche tra le quali «il testamento del capitano».
Per incarico del capogruppo Vittorio Padovan, il socio Maset ha ringraziato le autorità e le rappresentanze e popolazione intervenute ed ha infine lasciato il microfono al ten. col. Bortolo Benedetti presidente del comitato realizzatore del monumento.
Dopo aver ricordato che sono 34 i cittadini godigesi caduti in guerra (20 nella guerra 1915-18, e 14 nel corso dell’ultimo conflitto; su una popolazione che a quel tempo non raggiungeva i mille abitanti!) il cav. Benedetti ha brevemente accennato ai più importanti fronti e campagne che richiesero il sacrificio dei nostri soldati e, parlando del realizzato monumento, ha detto che:

questo modesto ma significativo ricordo viene oggi consacrato al preciso scopo di poter tramandare alle future generazioni quanto è stato grande, di generosità senza limiti, il sacrificio compiuto dai nostri fratelli per la salvezza delle nostre famiglie.
I giovani di oggi hanno anche il preciso dovere di apprendere e ricordare quanto è stato doloroso vedere la propria terra calpestata dal nemico, quanto è stato grave e difficile vivere con il nemico in casa.
Sapere cosa significa la schiavitù, la sottomissione ad un nemico che non perdona se non con la morte. Ricordare cosa significa la fame, il trovarsi in gravi difficoltà di vita, senza un minimo aiuto morale e materiale, privi di ogni assistenza, in particolare per i bambini e le persone anziane.
Questa è la storia vissuta e molti sono ancora validi testimoni.
Auguriamoci che tutto ciò non si verifichi mai più e che i popoli trovino la maniera di convivere in pace per il bene di tutti.
Cittadini, questa cerimonia di così elevata importanza morale la dobbiamo soprattutto al valido ed encomiabile aiuto dei vari componenti il Comitato, alla cittadinanza che ha risposto degnamente all’appello, all’Amministrazione comunale per il particolare contributo riservato all’iniziativa, al Gruppo degli alpini in congedo dì Godega-Bibano per la generosa offerta dell’antenna e relativa bandiera a coronamento dell’opera.
Questa imponente adunata di Penne Nere tiene a dimostrare quanto è grande lo spirito di corpo fra i vari componenti la specialità e mi sia concesso far presente che un altro importante ammassamento di Fanti, Artiglieri, Bersaglieri, Marinai, Granatieri, Genieri, Avieri e così via, sono qui con noi, in questo momento, e sono tutti inquadrati - in silenzio - dietro i vari labari e bandiere qui intervenuti.
Lo dobbiamo inoltre alla premurosa attenzione del Comando di Artiglieria di Conegliano che ha voluto contribuire con i trofei di guerra qui sistemati, il Comando territoriale di Padova per averci concesso il picchetto d’onore e la fanfara per dare così maggior lustro e un più alto significato morale e patriottico alla cerimonia stessa.
Non posso certamente non far presente la premurosa e gratuita prestazione svolta dal nostro concittadino geom. Mario Modolo per la direzione dei lavori e quella dell’artigiano Zambon Guglielmo per la messa in opera.

Con l’auspicio alla Patria, e alla pace e gloria degli Eroi, il cav. Benedetti ha concluso affidando l’opera all’Amministrazione comunale.
Il sindaco prof. Guerrino Gobbo ha rivolto il saluto all’on. Fabbri e alle altre autorità e a tutti gli intervenuti e - nel prendere in simbolica consegna il monumento - ha espresso il proprio compiacimento al Comitato realizzatore e ai cittadini di Godega i quali hanno pure sostenuto ed incoraggiato l’iniziativa.
Riferendosi alle decorazioni che sarebbero state consegnate nel corso della manifestazione, il sindaco ha ricordato che il numero delle onorificenze già assegnate (comprese quelle distribuite nella cerimonia del 14 marzo) è ancora assai limitato rispetto a quello delle domande inoltrate dagli ex combattenti della grande guerra.
Parlando dell’inaugurato monumento il sindaco ha affermato che esso ci dice la profonda pietà, la commossa riconoscenza e la profonda ammirazione verso gli eroi che morirono sui campi di battaglia, vittime di un dovere, sacrificati alla grandezza e incolumità della Patria.
Su questo monumento, voi cittadini di Godega - ha continuato il sindaco - avete voluto scolpire la memoria del sacrificio che i nostri fratelli hanno saputo compiere. Con questo ricordo voi dimostrate quanto sia grande l’affetto che vi lega ai loro nomi, divenuti per voi come un sacro deposito, come un valido incitamento a quello spirito di sacrificio e di solidarietà che deve essere imprescindibile dovere di ogni buon cittadino.
Quelle membra che il piombo nemico ha barbaramente stroncate, quelle carni che il ferro sapiente ma inesorabile del chirurgo ha torturate, quei corpi che il morbo e i disagi hanno deformato e lentamente consunto, per noi credenti un giorno risorgeranno; perché il sublime significato di questo monumento ci dice che qui l’amore di Patria è fuso coi sentimenti che ci suggerisce la fede. Qui l’immortalità si abbraccia col conforto, qui l’anima si ritempra al coraggio, alla speranza, al sacrificio.

Rivolgendosi ai combattenti della grande guerra, riuniti per ricevere l’onorificenza loro conferita, il sindaco ha detto:
In questo momento, guardandovi ci passano dinnanzi allo sguardo le ardue cime del Grappa, le nevose montagne del Cadore, l’arido Carso con l’insidioso Isonzo, le pendici insanguinate del Tonale e il sacro e amato Piave.
E’ una visione di eroismi e di stenti, di coraggio e di abnegazione, di imprese ardite: tangibili prove del soldato italiano sui campi di battaglia, dove ignorato e nascosto egli dà senza ricevere, senza pretendere nulla. Innumerevoli sono stati i sacrifici che voi avete compiuti durante il periodo bellico
1915-18.
Il sacrificio della libertà, i disagi della trincea e soprattutto il sacrificio del distacco. Padri di famiglia, vi siete distaccati dalle vostre creature innocenti e dalle vostre giovani spose che, forse, dopo la vostra forzata partenza, hanno dovuto lottare con la miseria e la fame. Figli amorevoli, avete lasciato i genitori forse ormai vecchi, dei quali eravate l’unico sostegno.
Grandi sacrifici, che certamente bastano da soli a creare il titolo più legittimo alla gratitudine della Patria, per coloro che la servirono a costo di tante privazioni e con il più assoluto disinteresse. Perciò, le insegne che oggi vi vengono consegnate potete riceverle con fierezza; portatele a casa, fatele vedere ai vostri figli, ai vostri amici e conoscenti, affinché tutti si sentano orgogliosi di voi, che avete compiuto il vostro dovere con generosa dedizione, senza nulla chiedere, ma solo col desiderio di essere degni figli di questa nostra amata Italia
.
Il sindaco ha poi proceduto alla consegna delle insegne di cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto, e della medaglia commemorativa, agli ex combattenti Garroni Alberto, Favretto Antonio, Fabris Severino, Benedetti Bortolo, Zaia Domenico, Brisotto Giovanni, De Faveri Andrea e Zangrando Vincenzo; la medaglia commemorativa del cinquantenario della Vittoria è stata consegnata anche all’ex combattente Giobatta Zanella.
Conclusa la consegna delle distinzioni onorifiche, sottolineata dai ripetuti applausi dei presenti, ha preso la parola l’on. Fabbri che ha espresso il proprio plauso per la lodevolissima iniziativa che trova conclusione in questa giornata di festa, nel ricordo dei Caduti che vale anche quale richiamo a più sane direttrici di vita umana e civica; un atto estremamente educativo non solo per i giovani - i quali non hanno avuto la ventura di conoscere gli orrori di un conflitto - ma anche per gli anziani in quanto viene spesso dimenticato quanto sia tuttora valido il sacrificio del Caduti ed operante quello dei superstiti.
Prendendo motivo da una recente riunione svoltasi a Conegliano, nel corso della quale un gruppo di giovani ebbe ad osservare che a loro nulla dice questo ricordo che gli anziani spesso fanno dei conflitti cui ebbero a partecipare, l’on. Fabbri ha dichiarato che tale forma di contestazione si rivela inutile oltre che ingrata. Ed ha ricordato che pochi giorni dopo quella riunione egli ebbe occasione di assistere ai funerali di un ex internato che ha prematuramente conclusa la sua esistenza segnata da anni di dolore causati dalle infermità contratte dietro i reticolati nemici; e ciò ha rivelato, come tanti esempi continuano a ricordare, che le sofferenze della guerra sono ancora presenti in molti sopravvissuti giacenti negli ospedali o mutilati, nel dolore dei loro congiunti e soprattutto nei familiari dei Caduti: e tutto ciò non si può contestare.
A tale proposito l’on. Fabbri ha ricordato che i combattenti italiani hanno saputo contestare nella maniera più difficile, quando era in pericolo la loro vita e l’incolumità delle proprie famiglie; e hanno generosamente combattuto per contestare un destino avverso che sembrava sottrarre la meritata vittoria nella guerra 1915-18, e che faceva prevedere una resa umiliante e definitiva nell’ultimo conflitto quando invece il combattente italiano ne è uscito con onore sapendo infine meritare alla Patria un posto tra le nazioni libere.
Quella era contestazione difficile e costruttiva, che costava innumerevoli sacrifici; quella in atto oggi è troppo facile per essere sincera, assai poco rischiosa per essere apprezzabile, inequivocabilmente demolitrice anziché costruttiva. Su tale contestazione non si può né credere né edificare; è invece sul patrimonio di sofferenze e di ideali che vanno radicate le opere durature. Non per esaltare lo spirito guerriero quale fine a se stesso, ma per riconoscere gli eroismi che hanno reso possibile la libertà e la pace; e ogni combattente non può non desiderare ed augurare la pace e la concordia tra i popoli.
Riferendosi alle frequenti sollecitazioni che vengono rivolte per un più celere esame delle giacenti richieste di riconoscimento a favore dei combattenti della guerra 1915-18 - e per le quali si è pure espresso il sindaco prof. Gobbo - l’on. Fabbri ha ricordato con quanta attenzione il problema è costantemente seguito in sede parlamentare, ed ha segnalato che - con l’ottenuto decentramento dell’esame delle richieste presso i Distretti militari - è prevedibile che le domande (spesso incomplete di documentazione, se non addirittura presentate senza i requisiti richiesti per la concessione) possano venire esaminate con notevole rapidità.
L’on. Fabbri ha concluso con rinnovate espressioni di compiacimento per la significativa opera realizzata dal comitato per il monumento, e con l’augurio che le celebrazioni patriottiche trovino il crescente interessamento particolarmente delle giovani generazioni.
Il comm. G. Curto ha recato il saluto della nostra Sezione, esprimendo la propria ammirazione per l’opera coraggiosamente portata a compimento dagli alpini del Gruppo e dal Comitato promotore.
Ha poi preso la parola l’oratore ufficiale ten. col. Alberto Piasenti il quale ha recato il saluto del nostro Presidente nazionale, e ricordato la festa inaugurale del Gruppo alpino di Godega-Bibano celebrata un anno fa e che costituì la base, rivelatasi essenziale, per la realizzazione del tanto atteso monumento dedicato ai Caduti.
Piasenti ha infatti affermato che il monumento ai Caduti ora c’è per la volontà della popolazione che ha generosamente e spontaneamente contribuito, c’è perché l’Amministrazione in carica l’ha deliberato partecipando alle spese, ma ricordiamoci che il Monumento c’è perchè l’han voluto gli Alpini: i primi a lanciare l’idea e che hanno organizzato col loro entusiasmo e con la loro caparbia volontà di riuscita, la cerimonia significativa e commovente a cui noi oggi assistiamo.
Ma ci voleva questa Amministrazione comunale, con la sensibilità e lo spirito patriottico del suo Sindaco, della sua Giunta e dei suoi Consiglieri, c’è voluta la costituzione di un Comitato presieduto mirabilmente dal signor Bortolo Benedetti che ha profuso tutto il suo entusiasmo, c’è voluta la passione ed abnegazione del suo costruttore signor Zambon Guglielmo perchè finalmente il complesso ingranaggio si mettesse in moto ognuno per la sua parte, per la sua competenza, per il suo incarico, per il suo compito.

Dopo aver ringraziato i realizzatori del monumento, il ten. col. Piasenti ha rivolto il proprio compiacimento particolarmente agli Alpini del Gruppo ai quali è stata affidata la preponderante parte organizzati va di questa festa inaugurale, ed ha così continuato:

A ricordo di questa giornata memorabile per il vostro paese, gli alpini hanno voluto fare una cosa in più, una cosa tutta loro. Hanno voluto erigere un pennone per la bandiera d’Italia, per sostituire idealmente il tricolore che avrebbe dovuto coprire e accompagnare le salme dei nostri eroi, sepolti senza il conforto della Bandiera sul loro tumulo, ma col nome d’Italia sulla bocca e nel cuore.
Ed ora, davanti a questo monumento, assistiamo commossi ad un confronto: quelli che sono caduti e quelli che sono rimasti. Pochi purtroppo i rimasti di cui finalmente la Nazione si è ricordata. Vecchi commilitoni della Guerra 1915-18, siate orgogliosi e fieri del dovere compiuto, del sangue versato. Voi avete combattuto non per il premio, ma perchè la Patria lo richiedeva; tutto avete dato senza nulla chiedere. Voi pochi rimasti di un conflitto che rivelò subito il suo volto pauroso, e le sofferenze senza limiti, avete avuto la fortuna di rivedere il volto della Patria risorta e libera, ma molti purtroppo non tornarono. Forse fra quelli che il monumento ricorda c’è un parente, un amico, un commilitone con cui avete diviso paure e gioie, speranze ed illusioni, pioggia e fango, pagnotta e neve, sacrifici e sangue.
E ai giovani qui presenti, che costituiscono le nostre speranze di domani, io rivolgo un particolare affettuoso saluto, un augurio sincero, uno sprone ad inserirsi nelle associazioni d’arma, unici sodalizi in cui si senta e si viva l’amore di Patria; inseritevi non come conte statori, ma come apportatori di idee nuove, di attività nuove, atte ad espandere sempre più l’amore per le nostre tradizioni, per la nostra storia, per le nostre genti, e non trascurate mai di rendere onore a chi ha dato alla Patria la propria vita. Sono essi che ci precedo no sulla via dell’onore, sulla via del dovere e degli ideali di Patria.

L’oratore si è poi soffermato su quanto prevede l’art. 52 della nostra Costituzione («La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge») e sui movimenti ispirati all’obiezione di coscienza i quali contrastano con il predetto disposto costituzionale.
Richiamandosi all’ideale patrio che trova concreta testimonianza nell’appena inaugurato monumento, il ten. col. Piasenti ha concluso il suo discorso, ripetutamente applaudito, con l’evviva all’Italia.
Al termine della cerimonia ufficiale le autorità e rappresentanze hanno partecipato al rinfresco nell’accogliente sala dell’asilo. La fanfara e il plotone dei bersaglieri sono stati accolti presso l’ampio chiosco eretto per l’occasione e che è stato allegramente visitato da tanti alpini con la degustazione di saporite brisiole e luganeghe ai ferri, ottimo vino, e polenta (ne sono andati consumati quattro quintali!).
Allegra comitiva anche al rancio, svoltosi in un bel ristorante di recente apertura alla periferia del paese, dove i commensali hanno mangiato bene, bevuto meglio, e cantato quasi ininterrottamente. Ciò principalmente per l’instancabile gruppetto di alpini di S. Fior e di Pianzano, riunitosi in un angolo della tavolata (e tra i quali Angelo Zanetti, Pietro Visentin, Giovanni Zanetti, Lorenzo Vinera, Remo Talamini e Pietro Tomasella) che cantavano accompagnandosi con potenti pugni sul tavolo da far ballare le bottiglie come se fossero marionette.
Verso il termine del pranzo il presidente comm. Curto ha ringraziato la signora Piasenti, il generale Traversa, il consigliere nazionale ten. col. Piasenti, per la partecipazione e la collaborazione data per la buona riuscita della manifestazione, esprimendo un caloroso elogio al capogruppo Vittorio Padovan e ai suoi bravi alpini per la perfetta organizzazione dimostrata anche per la realizzazione di questo raduno; espressioni di compiacimento sono state brevemente pronunciate anche dal vice presidente avv. Travaini.
Don Paolo Bolzan ha coloritamente raccontato i primi allegri episodi della sua vita con gli alpini, e il ten. col. Piasenti ha raccontato una barzelletta.
Ancora qualche brindisi e poi il ritorno in paese (festosamente imbandierato nelle sue strade ed edifici, e con la fanfara di Cappella Maggiore che eseguiva canzoni alpine) ad ancor più saziarsi di questa giornata veramente stupenda e memorabile.
M. A.


GRUPPO BIBANO GODEGA


Ottobre 1969

GRUPPI IN GITA SOCIALE
Domenica 27 luglio i nostri Gruppi di San Fior e di Godega-Bibano hanno effettuato l’annuale gita, con diversa destinazione ma con comune cordiale appuntamento a Osoppo - di buon mattino - per una cordiale bevuta valevole quale buon augurio per il restante viaggio. E l’augurio stato efficace poiché tutti i partecipanti, di entrambi i Gruppi, hanno concluso soddisfatti la bella giornata estiva.

Alla stessa ora sono giunti a casa i Soci di Godega-Bibano, anch’essi partiti di buon mattino per giungere ad Osoppo per il previsto incontro con gli amici di San Fior.
Dell’allegra compagnia facevano parte i veterani Silvio Bolzan (classe 1891) e Angelo Peruch (del 1892, e che a Osoppo ha iniziato col tracannarsi il primo «quartino»), oltre al Moro Bernardi che, pure a Osoppo, ha cominciato a far piazza pulita della sua scorta-viveri rivolgendo poi uguale attenzione a quella di Meni Marcon.
Salutati gli alpini di S. Fior, la comitiva ha raggiunto Tolmezzo e - dopo una breve visita alla cittadina - è proseguita verso Passo Monte Croce Carnico giungendo al confine alle ore 11. Mezz’ora di sosta tra il traffico intenso degli austriaci e tedeschi diretti alle nostre spiagge inondate di sole, e poi - previa discussione con le guardie di frontiera per poter far invertire la direzione del pullman nello spiazzo del confine - la ricerca del posto adatto per il rancio e che venne felicemente scelto in un accogliente bosco a circa metà strada fra Tolmezzo e Passo M. Croce.
Le bottiglie (provenienti dalla cantina del capogruppo Padovan) vennero collocate sotto una cascatella perchè si rinfrescassero, e i volonterosi addetti alla cucina si misero al lavoro; in breve la pastasciutta fu pronta e anche le monumentali braciole cotte sulle braci, con relativo contorno di verdure. Non mancava nemmeno il caffé corretto con la grappa (e poi il «resentin» per accertare se la sgnapa era più gustosa senza il caffé).
Per i canti, cominciati con il Barcarol del Brenta (immaginando el Brenta pien de vin) sono principalmente emerse le voci del vecio Angelo Peruch, di Angelo Peruch junior, Biasi Peruch e Gustin Bellon.
Puntuali, alle ore 14,30 sono partiti per Sappada con sosta di circa mezz’ora tra l’accogliente simpatia dei villeggianti e dei bocia alle armi, raggiungendo poi Pieve di Cadore per una più lunga fermata della quale molti hanno approfittato per andare a far visita a commilitoni o parenti ed amici in vacanza. Angelo Peruch ha incontrato, al Caffé Tiziano, il vecchio compagno d’armi Antonio Bergamo: dopo un momento di esitazione (dovuto al lungo tempo che non si vedevano) si sono vicendevolmente riconosciuti ed abbracciati.
Una successiva sosta è stata fatta a Longarone, in un commosso ricordo della sventura che colpì quel povero paese, proseguendo poi sulla via di casa; tra Nove e Vittorio Veneto, a causa dell’ingorgo del traffico, sono occorsi tre quarti d’ora per percorrere nove chilometri. La gita si è comunque conclusa, come prima detto, con l’arrivo alle ore 22 e con la soddisfazione della bella giornata trascorsa.