GRUPPIO BIBANO GODEGA |
Dicembre 2020 |
Quest’anno, il tradizionale appuntamento del Gruppo Alpini di Bibano-Godega
presso l’antica chiesetta di San Bartolomeo per commemorare tutti gli associati
deceduti, tra cui il giovane Guido Da Re nel terremoto del Friuli, ha assunto un
particolare significato.
Il raduno ha infatti voluto soprattutto ricordare gli amici scomparsi durante il
lockdown imposto dalle norme Covid-19: Enrico Gava, Giovanni Dal Pietro, Franco
Zambon e Mario Peruch.
Amici che hanno varcato solitari il ponte dell’arcobaleno, verso il paradiso di
Cantore, senza quella ritualità alpina che contraddistingue l’ultimo saluto
tributato alle Penne Nere che posano definitivamente lo zaino a terra. Per loro,
in ottemperanza alle tassative norme di isolamento sociale, niente picchetto
d’onore attorno al feretro e l’abbraccio reverente di tanti gagliardetti e
alpini, come pure le struggenti note del silenzio a fare da sottofondo alle
dolci parole della Preghiera dell’Alpino, per finire alla toccante consegna
dell’amato cappello ai familiari. Ed è in particolare a loro, per colmare tale
lacuna, che il Gruppo guidato dal dinamico Christian Diana ha voluto dedicare la
cerimonia che si è svolta, nel rispetto del distanziamento dei molti convenuti,
all’aperto della chiesetta, suggestivo e silenzioso luogo contornato dal verde e
dalle tremule acque del laghetto prospiciente.
Nell’omelia, il celebrante don Alessio Magoga ha voluto mettere l’accento
sull’impegno che gli Alpini dedicano per finalità solidali proprio in ricordo
degli amici scomparsi e come il coronavirus in loro non abbia scalfito tali
valori relazionali che ne sono il collante genetico.
Idealità e motivazioni riprese poi dal capogruppo Christian Diana, che ne ha
dapprima esternato l’affetto e il ringraziamento per la loro opera a favore del
Gruppo e ha poi elogiato i suoi alpini per il lavoro svolto anche in un periodo
di particolare emergenza operativa. Egli, inoltre, ha ringraziato la famiglia
Brunetta per l’ospitalità nonché le tante ditte locali e quelle famiglie alpine
che, proprio nel ricordo dei loro congiunti scomparsi, con generose e spesso
anonime elargizioni sostengono l’attività del Gruppo.
Il presidente sezionale Gino Dorigo, rimarcando l’insostituibile ruolo che gli
alpini svolgono nel territorio, si è complimentato per la bella iniziativa che
fa onore all’intera Sezione di Conegliano.
Il saluto dell’Amministrazione è stato portato dal sindaco Paola Guzzo che ha
ringraziato gli alpini di Bibano-Godega per la collaborazione e il loro costante
impegno a favore della collettività.
Giorgio Visentin, già capogruppo al tempo del restauro di San Bartolomeo, ha poi
tratteggiato le figure di Enrico, Franco, Mario e Giovanni nei vari ambiti del
volontariato alpino e nel servizio generoso a favore della collettività. In
particolare ha voluto sottolineare come proprio la chiesetta di San Bartolomeo
rappresenti il loro qualificante denominatore comune in quanto essi, pur con
ruoli e attitudini diverse, ne hanno favorito la rinascita e la valorizzazione
attuale.
La cerimonia si è conclusa con il gesto più empatico e toccante della ritualità
tipicamente alpina: la consegna da parte del capogruppo Christian Diana,
impettito sull’attenti, del cappello delle quattro Penne Nere “andate avanti”
alle vedove, visibilmente commosse, mentre la tromba spargeva tutt’intorno le
dolci note del “Signore delle cime”.
Un semplice gesto che racchiude però il messaggio, unico e straordinario, della
filosofia che sta alla base dell’ANA e che la rende grande e inimitabile: finché
ci sarà qualcuno che porta quel cappello, nessuno sarà mai dimenticato!
Il raduno, infine, ha avuto come appendice la ricollocazione sul sagrato della
statua lignea di San Bartolomeo, pregevole opera degli scultori Boscariol e
Tonon, opportunamente sanata dalle ferite che ultimamente le intemperie le
avevano inflitto e che rischiavano, senza un incisivo e immediato intervento, di
danneggiarla irreparabilmente.
Altro gesto d’amore che gli alpini di Bibano-Godega hanno dedicato al Santo e al
suo solitario oratorio, antico luogo di culto e ora assurto a simbolo
dell’alpinità più vera.
Giorgio Visentin