GRUPPO COLFOSCO |
Luglio 2007 |
Terra di colline coltivate e di vigneti al sole, la comunità di Colfosco
conserva un forte legame con la tradizione contadina.
E bastano due sole parole
per riassumere la storia di questo piccolo paese: il Piave ed i Collalto.
E
questo le penne nere di Colfosco lo sanno.
Anche se scorre silenzioso in rivoli
effimeri, il Piave ha segnato in maniera indelebile le vicende di questa
popolazione.
Quando ancora non era imbrigliato nelle dighe alpine, il fiume era
una importante via commerciale di cui Venezia si serviva per i suoi traffici in
terraferma.
Come tutti i paesi rivieraschi, Colfosco subì poi la dura prova
della grande guerra, con l’epilogo della tragica ritirata di Caporetto del
novembre 1917: edifici rasi al suolo e campi devastati dalle granate che
provenivano dall’altra sponda, la popolazione costretta all’esodo.
E non si è
ancora cancellato il ricordo dell’alluvione del 1966, quando il paese fu
sconvolto da una piena.
Gli Alpini del Gruppo tempo fa hanno interamente pulito
l’argine sinistro del Piave denominato “Testa al mur”, costruito dalla
Serenissima nel 1700.
Con una complessa opera di disboscamento e bonifica, hanno
poi riportato alla luce e restaurato la “Crose del Cavain”, umile crocifisso
eretto in località Loghere dagli antichi abitanti di questi luoghi a baluardo
delle temutissime esondazioni del fiume.
Sensibile l’attaccamento del gruppo,
ora guidato da Oliviero Chiesurin, al patrimonio artistico del paese, che si è
concretizzato con il restaurando la chiesetta di San Daniele Profeta, ai piedi
del Colle della Tombola.
Il piccolo tempio è molto amato a Colfosco, in quanto
ne è parte della vicenda storica.
La sua storia è, infatti, in qualche modo
collegata ai tragici eventi che coinvolsero tutta la Sinistra Piave.
Era stato
costruito nei primi anni 40 come deposito attrezzi per le cave di roccia
limitrofe.
Veniva consacrata come chiesa solo nel 1949 e dedicata a San Daniele
Profeta, con lo spirito di sostituire un omonimo tempio distrutto anch’esso
durante il primo conflitto, come risulta dalle scritte di cui è istoriata la sua
campana.
Dietro le sue mura si ergono ancora le rovine della vecchia chiesa,
monumento spettrale che più di ogni altro dice della devastazione che sconvolse
Colfosco nel 1918.
Quelle rovine sono come un reliquiario che il sole, la
pioggia l’aria ed il gelo non hanno ancora consumato.
E quante altre reliquie,
schegge di bombe, elmetti, scarpe, soldati, custodite ancora nelle fratture di
questa terra, negl’interstizi delle sue zolle, nelle sue sacche nascoste…
Restaurando la chiesetta di San Daniele gli Alpini di Colfosco hanno potuto
scrivere un’altra bellissima pagina di fedeltà al loro credo e di attaccamento
al loro paese.
E, vista la partecipazione, l’aiuto ed il consenso ricevuti anche
in quell’occasione, hanno potuto verificare ancora una volta quanto siano amati
e seguiti dalla loro comunità.
Molto significative le parole pronunciate allora
da Chiesurin in occasione della cerimonia di inaugurazione del restauro: «San
Daniele oltre che benedire questa comunità protegga il Gruppo Alpini perché non
venga mai meno al suo spirito di collaborazione, di solidarietà e di
disponibilità: caratteristiche che lo onorano e lo qualificano ».
Come si
diceva, nelle Nelle Penne Nere di Colfosco è fortemente radicato il senso di
appartenenza alla propria terra ed il rispetto della memoria e dei valori della
civiltà contadina.
Ciò fa sì che nel loro operare occupino un posto importante
anche le iniziative che tendono a perpetuare le tradizioni locali.
E così ogni
anno a dicembre gli Alpini del Gruppo sono impegnati in un rito antichissimo e
cruento, con regole precise frutto di esperienze secolari e timori atavici, una
vera e propria cerimonia che qui si compiva prima ancora che su queste terre
vegliassero i severi bastioni del castello di San Salvatore: l’uccisione di due
maiali.
I derivati dell’operazione vengono poi consumati nella millenaria “Festa
in Tombola”.
E’ la rievocazione dell’annuale incontro tra tutti i coloni dei
Collalto, che si riunivano nell’omonimo colle per rinnovare i legami di
amicizia, partecipando all’incontro conviviale, con la presenza del Conte, il
cui menù prevedeva pit e fasioi.
Tale affollatissima ed impegnativa
manifestazione ha il suo culmine la prima domenica di settembre e da anni ormai
è organizzata dagli Alpini di Colfosco.
Si tratta della loro più importante
attività e ad essa è legata l’immagine stessa del Gruppo.
Innumerevoli in questi
50 anni altri interventi rivolti alla comunità di Colfosco, un elenco lungo
quanto il mezzo secolo di vita di questo gruppo.
Tra tutti, doveroso ricordare
il dono alla parrocchia del bronzo del bassorilievo con cui, nell’anno
giubilare, lo scultore Grillos ha realizzato un artistico logo del Giubileo,
collocato a destra dell’entrata della Parrocchiale.
E ciò a significare
l’anelito di fratellanza, unità e pace e l’attaccamento ai valori che da sempre
guidano la popolazione di questo paese.
E' sotto gli occhi di tutti, poi, che gli alpini di Colfosco sono in prima fila
nelle iniziative programmate della sezione e da altri gruppi.
Basti ricordare le
operazioni di protezione civile, l’operazione “San Quirico” ad Assisi sette anni
fa, i lavori nel museo sezionale e la recente collaborazione con altri gruppi
della sezione nei lavori di ristrutturazione di un appartamento a Treviso
destinato all’AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie.
***
Per onorare come si deve i primi 50 anni del Gruppo, gli alpini di Colfosco
hanno organizzato, il sabato sera nella chiesa del paese, un concerto con la
Corale San Daniele Profeta diretta dal M° Marcello Lodde e con il Coro ANA di
Vittorio veneto, diretto dal M° Sandro Capraro.
Un preludio di cultura e di
armonia che ha riempito le navate della parrocchiale di un pubblico attento e
soddisfatto, che ha poi potuto brindare nello stand del Parco dell’Amicizia al
traguardo raggiunto dalle penne nere.
Come ormai succede da sempre qui a
Colfosco, anche la messa che apre la giornata del cinquantesimo di fondazione
del gruppo viene celebrata nel suggestivo tempio naturale che si apre davanti
alle braccia dell’imponente statua del Cristo, non essendo in grado la chiesa
parrocchiale di contenere tutti gli alpini e la gente qui convenuta.
Per don Luigi è questa l’ennesima occasione in cui viene coinvolto in iniziative
delle penne nere di Colfosco.
A ragione può essere ormai considerato cappellano
del gruppo, anche se questa figura non è prevista nel nostro statuto.
Le parole
che dedica al gruppo dicono della sua stima verso gli alpini della sua
parrocchia, persone di cui conosce l’attaccamento e l’impegno.
Ne elogia ancora
una volta lo spirito di servizio, di amicizia e di fratellanza di cui riescono a
contagiare le comunità in cui operano.
Oltre che della sua storia, il Cristo
dell’Isonzo fa parte ormai del paesaggio di Colfosco Le braccia di pietra sono
protese verso la pianura e l’ossario di Nervesa, dove riposano le spoglie di
6.000 caduti, e dalle sue forme possenti e quasi esagerate sembra partire un
urlo contro tutte le guerre.
Come è scritto nelle pietre del basamento, questo
monumento fu voluto dai ragazzi del 99 per ricordare i caduti civili del Piave e
di tutti i conflitti.
E’ per questo che le penne nere di Colfosco assieme al
cinquantesimo di fondazione oggi commemorano le vittime civili di tutti i
conflitti.
Vittime spesso dimenticate, senza storia né monumenti, per cui
proprio il Cristo dell’Isonzo rappresenta un’eccezione.
A dimostrazione
dell’impegno di Oliviero e compagni nel preparare questa manifestazione, sono
due le fanfare che animano la cerimonia.
Quella sezionale è infatti affiancata
dalla prestigiosa fanfara della Julia.
E sono affidati al gruppo diretto da
Italo Collodel i brani che accompagnano la celebrazione religiosa.
Nonostante
gli strumenti non sembrino i più adatti, le note dolci e solenni, ed a volte
nostalgiche, del repertorio liturgico sembrano quasi uscire dalle canne di un
organo.
Sollecitati dalla tromba, gli uccelli che popolano le siepi circostanti
improvvisano il loro fuoriprogramma: un concerto stupefacente che riempie i
silenzi della liturgia con brani che sembrano cantare la gioia per l’azzurro del
cielo, il verde dei campi ed i colori variopinti che ci propone questa giornata
di fine primavera.
Un concerto senza direttore, senza strumenti, brani che ad
ascoltarli bene ti sembra di averli già sentiti, come se qualcuno li avesse poi
rimodulati… Ed è ancora una tromba a modulare le note, amate e struggenti, del
Signore delle cime durante la recita della preghiera dell’alpino.
E’ la fanfara
della Julia ad accompagnare l’omaggio alle vittime civili al basamento del
Cristo.
Sono le note della leggenda del Piave, una musica che qui é sempre
seguita in religioso silenzio, perché questa, che qui non fu leggenda ma storia,
fu scritta proprio in questi lembi di terra.
Alla fine il rombo di due
ultraleggeri d’epoca, che disegnano festose e coloratissime coreografie sopra le
nostre teste, ti fa venire in mente i duelli aerei vissuti proprio in questi
spazi 90 anni fa, duelli che allora erano accompagnati dal crepitare della
mitragliatrice contraerea appostata proprio in queste balze.
Le battaglie
coinvolsero i nostri “cavalieri del cielo”, in testa a tutti tal Francesco
Baracca, un rito che si svolgeva con spirito sportivo, con l’agonismo della gara
da vincere, cruento, atrocemente bello.
Poi si scende in sfilata verso il
monumento ai caduti, che, proprio nei giorni che hanno preceduto questa
manifestazione, assieme alle pietre del Cristo dell’Isonzo è stato oggetto di
una radicale pulizia da parte dagli alpini.
Oltre al nostro, i vessilli delle
sezioni Cadore e Palmanova ed i gagliardetti di 37 gruppi.
E’ un corteo
lunghissimo, Colfosco sembra essere tutta qui, una Colfosco che mai come oggi ha
preso forma d’alpino.
Quindi davanti alla sede, dove Chiesurin traccia
brevemente la storia del gruppo ricordando coloro che l’hanno prima fondato e
poi guidato in questo mezzo secolo di vita.
Ricorda anche, con malcelata
commozione, che il tempo e l’anagrafe svolgono inesorabilmente la loro opera, ma
gli alpini non muoiono, gli alpini “vanno avanti” ed il loro spirito rimane a
sostenere le nuove generazioni che devono perpetuare il loro messaggio di unita
e di pace.
Il Sindaco di Susegana, Gianni Montesel, ringrazia le penne nere per
la loro indefessa attività che permette a questa comunità di rimanere unita
nelle sue tradizioni.
Ricorda quanto ebbe a dire tre anni, fa in occasione
dell’inaugurazione della sede, quando aveva elogiato l’incommensurabile
cocciutaggine degli alpini che, per avere la loro casa, non si erano mai voluti
arrendersi ed avevano lottato contro tutto e contro tutti.
E ricordando gli
intoppi, dovuti a spiacevoli incomprensioni, che si erano allora creati tra il
gruppo e l’amministrazione comunale, dando prova di sensibilità e coraggio aveva
pubblicamente chiesto scusa agli alpini per essere stati utilizzati come
dibattito politico.
Ma la giornata è anche nel ricordo delle vittime civili
della guerra, ed il presidente della Consulta delle Associazioni
Combattentistiche e d’Arma di Susegana, Renato Borsotti, ricorda la tragedia che
sconvolse queste terre dopo Caporetto, sofferenze e lutti che coinvolsero in
primis proprio le popolazioni a ridosso del Piave.
Ricorda quanto avvenne l’11
novembre 1917 in località Jacur a Collalto, non lontano da qui, quando una
bomba, partita da un cannone italiano schierato sul Montello, alle 15.30 piombò
nell’aia della Omaggio al casa colonica di Luigi Tittonel dove stavano giocando
sei bambini.
E fu strage di vite innocenti.
Si salvò solo la più piccola,
Pasqua, di due anni e mezzo, curata per una anno nelle ferite nell’ospedale di
Pieve di Soligo da medici austriaci.
Pasqua Tittonel, segnata per sempre da
quella tragedia nell’anima e nel corpo, se n’è andata appena un anno fa ed una
targa collocata sul luogo della tragedia ricorderà per sempre uno dei tanti
orrori di cui furono vittime le popolazioni rivierasche nella Grande Guerra.
Chiude gli interventi Daminato che, vista anche la canicola che incombe sul
piazzale, invita tutti in sede per un bicchiere.
***
La sede è forse la più
bella realizzazione degli alpini di Colfosco.
Per un gruppo la sede è
importante, in quanto rappresenta il segno concreto della volontà di lavorare
insieme, è l’indice di fraterna aggregazione, che è una delle caratteristiche
peculiari delle penne nere.
Quella delle sede degli alpini di Colfosco è una
storia lunga.
Nei lavori di costruzione dell’edificio erano stati coinvolti
tutti gli alpini ed alle varie imprese intestate ai soci venivano assegnati
incarichi diversi o a rotazione, in modo che nessuna fosse esclusa.
Si trattava
quindi di un’operazione altamente simbolica che avrebbe riaffermato l’unità e
l’affiatamento del gruppo.
Qualcuno vi si era affezionato a tal punto da passare
in cantiere l’intera giornata, come Luigi Ceotto, classe 1914, che ne curava
l’ordine e la pulizia, era incaricato dell’apertura e della chiusura e non
lasciava mai il cantiere senza aver prima stilato un meticoloso e severo
rapporto sull’attività giornaliera.
Ma al completamento dell’opera tutto veniva
bloccato da intoppi burocratici assolutamente indipendenti dall’operato degli
alpini.
I lavori erano rimasti fermi per anni, e, dopo aver costruito quella
casa con impegno e passione, agli alpini era stato addirittura interdetto di
varcarne la soglia.
Una pagina dolorosa, un sogno svanito, che per un attimo
aveva fatto vacillare il morale del gruppo.
Ma le penne nere di Col-fosco la
loro sede la volevano e basta! E non hanno mai mollato.
E la sede ora è lì, in
via degli Alpini! “Gli alpini smuovono le montagne - ebbe a dire il giorno
dell’inaugurazione il presidente Toni Daminato - perché hanno la testa dura,
dura più dei sassi.
I muli non ci sono più ma si sa che hanno trasferito la loro
smisurata testardaggine agli alpini.
Dove hanno deciso di arrivare lì arrivano”.
A poche centinaia di metri il Piave scorre silenzioso in rivoli a volte
invisibili che sembrano perdersi nella ghiaia.
Ma questo fiume ha segnato la
storia di Colfosco, nel bene e nel male.
In una parete della sede un grande affresco riprende l’immagine dell’iconografia
alpina di una sentinella in grigioverde: sullo sfondo una montagna, i cui
contorni sono quelli del monte Peralba, dalle cui pendici muovono i primi rivoli
di un fiume.
Una scritta auspica che, ora che non ci sono più frontiere né sentinelle, gli
alpini continuino ad essere “sentinelle di pace” nelle loro comunità, per un
domani migliore.
dlmgfr
Passa la fanfara della Julia
Onori ai Caduti
... Cosa le starà sussurrando il Capogruppo Chiesurin ?
Colfosco 10 giugno 2007
50° di fondazione del Gruppo
"Signore e signori, autorità civili, militari, religiose ed alpini tutti. Ci
troviamo qui per festeggiare il 50° del Gruppo Alpini Colfosco, mezzo secolo di
vita è un bel traguardo e con emozione ricordiamo i soci fondatori ed i
capigruppo che nel tempo mi hanno preceduto, dal primo Zago Giovanni dal
24/11/57 per un anno, poi Zanardo Attilio per due anni, a seguire il Cav.
Trentin Virginio fino al 1979, poi Collotto Angelo fino al 1995, infine Ceotto
Paolo che nel 2001 mi ha lasciato l'eredità. Lui lo devo ringraziare anche per
il supporto che ha dato per la costruzione della Sede. Prima di proseguire vi
porgo i saluti del vicepresidente nazionale Ivano Gentili, del Gen. Maurizio
Gorza, del Gen. De Maria Aurelio, del Gen. Parisotto Rolando, del Gen. Cattone
Corrado, del Comandante del 3° Artiglieria Col. Plasso e del Col. Linda della
Brg. Julia, del Presidente della Sez. di Bergamo Antonio Sarti, del maestro
Zabotto. Il sindaco di Moriago della Battaglia Sig. Breda e il Comandante del
51° Stormo Col. Biovati verranno a farci visita dopo la cerimonia del 89° anno
dal Solstizio che si svolge in contemporanea all'Ossario di Nervesa della
Battaglia. Tornando a noi ora il gruppo conta 143 soci e 50 amici, negli ultimi
anni il gruppo è stato abbastanza impegnato: dall'inaugurazione del Viale degli
Alpini, al cippo degli Alpini, alla "Crose de Cavain", al pennone delle scuole,
alla chiesetta di San Daniele e la tanto sudata Sede, infine al restauro del
monumento ai Caduti e del Cristo dell'Isonzo. Siamo sempre in collaborazione con
le associazioni locali, l'Amministrazione Comunale, e con la nostra Sezione,
siamo stati anche a Rossosch, con Montesel e Fornasier facciamo parte anche
della P.C. sezionale. Un particolare ringraziamento va ai consiglieri, amici,
soci, che sempre collaborano con il Gruppo, ringraziamo la Fanfara Alpina di
Conegliano e la Fanfara della Brigata Julia (scusami Presidente se abbiamo
cancellato qualche virgola per averla nel nostro paese, il che è un prestigio ed
un onore vederla qui dopo 20 anni). Ringrazio i Signori Ufficiali, un
particolare ringraziamento ai gagliardetti e capigruppo presenti, ai vessilli
sezionali, al nostro Presidente ed ai consiglieri sezionali, all'Amministrazione
Comunale ed ai Signori Sindaci, ai rappresentanti delle Ass.ni d'Arma, alla P.C.
ed ai ragazzi delle scuole elementari. Un caro pensiero va ai soci che dal
paradiso di Cantore ci osservano, un abbraccio va anche ai nostri reduci che
sono le nostre colonne. Ci dispiace di non poter consegnare il libro della
nostra storia del 50°ma sarà nostro impegno consegnarlo appena ultimato. Infine
un caloroso grazie a tutti coloro che ci hanno aiutato per la riuscita della
manifestazione. Viva l'Italia e viva gli Alpini.
Chiesurin Oliviero