GRUPPO COLFOSCO |
Dicembre 2015 |
1957: Narciso Zanco, detto Cisi, mette a disposizione una stanza della sua
osteria per le riunioni di alcuni amici. Lì nasce il gruppo alpini Colfosco e
proprio l'osteria da Cisi ne diventa la prima sede.
Siamo negli anni della
ricostruzione e del faticoso rientro nella normalità: per anni il ricordo dei
lutti e delle distruzioni di quella immane tragedia che è stata la guerra hanno
gravato come macigni sulla vita di tante famiglie. Ora tutti vogliono
dimenticare per andare avanti.
Ma non tutto si può dimenticare. Non
si posso dimenticare i compagni che sono morti in una terra che non era la loro
per una guerra che non era la loro.
E' in questo contesto che un pugno di
uomini, i reduci alpini, decidono di aggregarsi in gruppo con lo scopo di
mantenere vivo quello spirito di corpo nato nei lunghi mesi di guerra,
aiutandosi reciprocamente e aiutando, diventando un punto di riferimento nel
paese.
A indicare che quel luogo è consacrato all'identità alpina, in una
parete della stanza è appeso il primo gagliardetto del gruppo. Lo ha creato la
signora Edi Trentin Zanco, moglie del Cisi, che è stata quindi diretta
testimone, e forse qualcosa di più, della
nascita del Gruppo.
Tutto
questo è tornato alla memoria degli alpini di Colfosco in occasione del
novantesimo compleanno della signora Edi, 90 anni portati splendidamente. E,
come usano gli Alpini di questo paese adagiato sulle colline che degradano verso
il Piave, l'hanno fatto alla loro maniera, e cioè con una sontuosa cena presso
la sede. Naturalmente con i familiari e alla presenza del sindaco dott.ssa
Scarpa.
È stata l'occasione, per le penne nere di Colfosco, per esprimere la
loro riconoscenza, l'occasione, per la dinamica e vulcanica signora Edi, per
andare ai ricordi di quell'irripetibile stagione fatta di lavoro, impegno e
iniziative. Ha ricordato la passione
dei fondatori del gruppo, Nino Barro,
Attilio Zanardo e Nino Trentin, quel Nino Trentin che era chiamato il padre dei
poveri per il suo impegno nei confronti di chi era in difficoltà, aiutando e
indirizzando verso le persone giuste quelli che stentavano ancora a far quadrare
il pranzo con la cena.
Poteva accadere che nel bel mezzo di un incontro
qualcuno intonasse una nenia alpina, che tutt'altro era che esibizione canora,
stante il fatto che i testi ricordavano spesso tristi, difficili e a volte
tragici momenti vissuti. Notevole il tratto umano dei personaggi, accomunati da
allegria e ottimismo. E c'erano, naturalmente, le cene e le bevute, qualcuna
anche abbondante.
La serata è stata anche l'occasione per andare a quei
tempi lontani quando, dopo la messa o il vespero, c'era sempre l'osteria e
nell'osteria si compiva il rito della socialità. E poteva capitare che nelle
calde notti d'estate le interminabili partite a
bocce andassero avanti fino
al mattino e solo il suono della campana della vicina parrocchiale, che
annunciava messa prima, facesse desistere i giocatori.
Tutto è cambiato,
delle concitate partite a morra e a carte è rimasto solo un lontano brusio, del
campo di bocce si è persa anche la memoria.
Gli alpini ci sono, ci sono
sempre, fedeli agli ideali di sempre, custodi della memoria e delle tradizioni,
pronti a correre quando qualcuno chiama, orgogliosi di sapere che riesce
difficile parlare della storia di Colfosco senza parlare anche della loro
storia, quella che ebbe inizio (così come è successo per tutti i gruppi di
alpini) nella fumosa stanza di un' osteria tanti anni fa.
E il primo
gagliardetto, quello cucito dalla signora Edi, è custodito gelosamente nella
sede.
Alessandro Soldan