GRUPPO COLFOSCO |
Giugno 2019 |
Augusto Pompeo e i 6 fratelli alpini Augusto Pompeo, classe ‘23, partì da Colfosco per Gorizia nel gennaio del 1943, 3° Artiglieria da Montagna. Nel marasma successivo l’8 settembre, il suo capitano riuscì a convincere l’ufficiale tedesco che stava deportando i militari italiani in Germania a lasciare la sua Batteria in città per garantire l’ordine pubblico. Girato l’angolo, fu una fuga generale. Dietro la storia di Augusto ci sono le storie di altre cinque penne nere: 6 fratelli, 6 cappelli alpini, 535 anni in 6. Sarebbe da parlare di guinness dei primati se non fosse che di primati gli alpini ne hanno talmente tanti nel cassetto da non curarsene più. Anni fa le loro famiglie hanno organizzato la grande rimpatriata nella casa natale. Mamma Angela li aveva partoriti tutti in quella camera sopra il portico. Quel portico un tempo pieno di nidi di rondine, poi l’ampio cortile con il pergolato di viti e i campi che arrivano al Piave. Ed è stato un incontro nel segno dei ricordi. Ma questa è tutta un’altra storia.
Si dice che l’abito non fa il monaco, ma nei giorni successivi all’8 settembre la divisa segnò il destino di migliaia e migliaia di uomini. E tanti ebbero salva la vita solo perché riuscirono a sostituire la divisa grigioverde con un abito borghese. Altri raggiunsero le loro case dopo una fuga lunga e rocambolesca, saltando fossi, guadando torrenti, nascondendosi tra le siepi, dormendo nei campi, evitando paesi, borghi, case, contatti umani. Ma migliaia e migliaia di militari italiani furono stipati nei carri bestiame o rinchiusi in vagoni blindati, destinazione la difficile, e per alcuni tragica, strada della prigionia. Giunti in Germania, i Tedeschi proposero loro di firmare una carta. Quasi tutti dissero “no” alla collaborazione. Per fedeltà a un giuramento fatto al re. Il re intanto proprio in quei giorni se ne scappava da Roma, abbandonando tutti al loro destino. Traditi dal re, traditi dalla patria. Traditi dalla storia.
Augusto Pompeo alla stazione di Gorizia assistette in disparte alla partenza di treni carichi di soldati italiani verso la Germania. Non riesce a capacitarsi o a ricordare come riuscì a non essere coinvolto. Forse fu solo fortuna. Salì quindi su un treno diretto a Treviso e, senza pagare il biglietto, giunse indisturbato a Ponte della Priula. Qui, cappello e divisa grigioverde, fu addirittura salutato da una ronda tedesca che presidiava la stazione. Protetto dalla sua famiglia visse la sua quotidianità più meno indisturbato (ricorda le fughe verso il Piave quando in giro si facevano vedere i Tedeschi) fino al 23 dicembre, quando venne prelevato da due carabinieri e tradotto nel carcere di Padova. Una cella stretta e affollata, cibo scarso e immangiabile. Mai fu a conoscenza dei motivi della sua carcerazione, né della sua liberazione il 2 febbraio 1944 (certe date Augusto le ha incise indelebili nella memoria). Padova-Susegana in treno, anche questa volta senza pagare il biglietto. Andò poi a finire che fu assunto dai Tedeschi, impegnato nel taglio della legna nei boschi del Collalto, tronchi per la costruzione di bunker sul Piave. Si mangiava bene, ricorda, e c’era la paga di 50 franchi al giorno.
Storie incredibili, paradossali, che possono trovare spiegazione solo nella confusione e nell’irrazionalità della guerra. Ricorda i giorni della liberazione, con l’arrivo degli Americani da via Mercatelli. E una festa che sembrava non finire mai. Poi fu ancora una volta il treno. Augusto Pompeo racconta quello che abbiamo sentito da tanti altri alpini. Che fossero in guerra o prigionieri ricordano che il loro pensiero era tornare a casa, per riunirsi alla famiglia e ricominciare a lavorare.
E nella sua mente c’era un pensiero fisso: costruirsi una casa tutta sua. Ma qui lavoro non ce n’era. Augusto salì quindi un’altra volta su treno, destinazione Francia (Alta Savoia). Una seconda naia durata 11 anni, guadagnandosi stima e rispetto, fino coronare e realizzare il suo sogno. E memore di quanto è dura la vita lontano dalla propria terra e dal proprio campanile, e perché non andasse dimenticato quale è stato l’apporto dei nostri emigranti, Augusto Pompeo ha fondato la Sezione Susegana dei Trevisani nel Mondo, di cui è tuttora presidente onorario. Com’è nel loro stile, le penne nere di Colfosco hanno voluto festeggiare il compleanno del loro socio più anziano: direttivo al completo, tanti soci del gruppo, una torta “alpina” che era una vera opera d’arte, famiglia al completo, una schiera di nipoti.
Oliviero Chiesurin
Augusto Pompeo circondato da famigliari e nipotini