GRUPPO GAIARINE |
Maggio 2000 |
La sede
Piccola e graziosa. Ed amata, come lo sono tutte le sedi degli Alpini. Posta al centro
di Gaiarine, vicino alla chiesa, di questo paese sembra il baricentro. Davanti
alla sede un campo di bocce.
Ve li ricordate i campi di bocce? Un tempo ve n’era uno ad ogni osteria, tutti
ben curati e ombreggiati da pergolati di vite. Le domeniche d’estate dopo il
vespro gli uomini erano tutti lì. Chi non aveva soldi in tasca o desiderava in
qualche maniera partecipare al gioco, faceva il sior,
e cioè annotava il punteggio e sentenziava, nei casi controversi, di chi era il
punto, dopo aver misurato la distanza tra le bocce. In questa maniera si
garantiva l'ombra, pagata per tale
prestazione dai giocatori. Non rientravano certo nei compiti del sior
le espressioni di meraviglia che questi elargiva per sottolineare le abili
giocate dei bocciatori. Era captatio
benevolentiae, arte poco nobile e di cui spesso i poveri sono maestri. La
povertà e la ricchezza (se mai allora di ricchezza si poteva parlare) erano
distribuite in maniera poco uniforme, ma non frenavano mai il consolidarsi
dell’abitudine alle relazioni tra le persone.
Il piazzale della chiesa, con i
capannelli di uomini a discutere prima e dopo il Vespro delle vicende del paese
e del mondo, le osterie, i giochi di bocce: altari dove si celebravano i riti
della socialità.
Ora quei rettangoli sabbiosi non
esistono quasi da nessuna parte. Di alcuni di essi si è persa anche la memoria.
Ecco allora che il campo di
bocce della sede del Gruppo di Gaiarine sta a significare che gli Alpini sono i
rispettosi custodi della memoria storica di questo paese. Ed il cappello alpino
disegnato con le tessere di porfido nel vialetto che dalla piazza porta alla
sede sembra dire che qui le Penne Nere sono ben radicate.
Il Gruppo
Che il ruolo degli Alpini di
Gaiarine è tutt’altro che marginale lo ha ribadito anche il sindaco, Sandra
Toso, nel corso della cerimonia. Il suo discorso è stato non solo un
ringraziamento per l’opera che i boce ed i veci guidati da Gildo Trivellato
svolgono nella comunità gaiarinese, ma un inno alla storia degli Alpini ed
all’alpinità.
«La celebrazione del 50° anniversario della fondazione del Gruppo ANA
di Gaiarine, della Sezione di Conegliano, mi offre l’opportunità,
particolarmente gradita, di porgere agli alpini gaiarinesi, al capogruppo, alle
autorità, alle rappresentanze e a tutti i partecipanti alla cerimonia e a
questa giornata di festa, il caloroso saluto di tutta l’amministrazione
Comunale e mio personale, sicura di interpretare il sentimento di tutta la
popolazione.
La storia degli Alpini, le loro imprese compiute con spirito indomito
riempiono a pieno titolo pagine gloriose della nostra storia nazionale
all’interno della quale costituiscono un’epopea intessuta di fatti e vicende
tragiche ed eroiche assieme. Io non sono certo un’esperta di storia e tanto
meno di storia militare, anche se ne avverto il fascino.
Come tanti coltivo la passione per l’escursionismo, rimpiangendo tempi
migliori quando gli impegni mi concedevano più possibilità di quante ne abbia
ora di compiere qualche escursione sulle Dolomiti. Questo mi permetteva di
visitare i luoghi che hanno visto le imprese dei nostri valorosi soldati, e
degli Alpini in particolare, durante la tremenda Grande Guerra. I numerosi resti
delle trincee, dei baraccamenti, delle postazioni d’artiglieria e delle
gallerie testimoniano ancor oggi gli inauditi sacrifici e l’alto eroismo di
allora.
Non mi è mai accaduto di camminare attraverso le postazioni militari
sulle Tofane sul Monte Piana o di percorrere la “strada degli Alpini” che
attraversa le Dolomiti di Sesto, senza provare ogni volta stupore per
l’arditezza di quelle opere e di quei manufatti, che durano nel tempo
rinnovando nella nostra memoria quelle vicende dolorose e tristi. Sentimento
accompagnato dal dolente ricordo di coloro che lì combatterono perdendo la
vita. Lì ebbe inizio l’epopea dolorosa e tragica, continuata poi nel secondo
conflitto mondiale.
Gli Alpini sono sempre stati protagonisti nelle campagne di guerra sui
diversi fronti: italiano, iugoslavo, d’Africa, greco-albanese, russo. Per
molti, dopo diverse campagne combattute senza soluzione di continuità sui vari
fronti, arrivò una dura prigionia.
La tragica vicenda degli Alpini della Julia che passarono direttamente
dal fronte greco-albanese a quello russo sul Don è, a questo riguardo,
emblematica. E’ una presenza sofferta, quella vissuta dal soldato italiano
nella seconda guerra mondiale. Furono campagne di guerra sbagliate nelle
premesse, nelle impostazioni, nell’organizzazione: i soldati vennero spinti a
precipizio verso la tragedia.
Ressero all’urto
malgrado tutto, compirono il loro dovere con abnegazione e con grande coraggio
morale a dispetto delle disperate situazioni nelle quali si trovarono, senza
alcun cedimento della dignità interiore, anche quando erano ridotti a
miserevoli fantocci sbrindellati ed affamati.
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Questa è la
storia degli Alpini; questa è la storia della gloriosa Divisione Julia, cui
oggi congiuntamente intitoliamo una delle vie principali del centro di Gaiarine.
Nulla sarebbe
compiutamente comprensibile della nostra storia recente senza conoscenza della
tragedia vissuta dai militari delle nostre divisioni. Il sacrificio, la
sofferenza, il valore morale e la straordinaria umanità affiorano con evidenza
tale da diventare tratto corale ed epopea di un intero popolo. Questo è anche
l’elemento costitutivo della forte e straordinaria integrazione del corpo
degli Alpini con tutto il popolo.
Le vicende militari, storiche, civili ed umane degli Alpini, proprio perché così ricche
di valori, hanno avuto uno straordinario rilievo letterario ed artistico che ha
trovato espressione in opere famose come “Centomila gavette di ghiaccio” di
Giulio Bedeschi, che commossi ricordiamo, o “Il sergente nella neve” di
Mario Rigoni Stern. Gli orrori della guerra che vi sono narrati finiscono per
diventare una forte denuncia e un inno alla pace, accompagnati dalla certezza
dell’impossibilità di sopprimere, anche nelle condizioni peggiori e più
disumane, i sentimenti più nobili dell’animo: l’amicizia, la speranza, la
solidarietà e la pietà. Questo è un inestimabile lascito morale consegnato a
tutte le generazioni future.
E’ cambiata la storia degli Alpini nel secondo dopoguerra. Per fortuna non è più la storia
delle penne mozze, ma di penne nere ben diritte, sempre svettanti laddove si
tratta di offrire pronta e concreta solidarietà, con altruismo ed efficienza, a
chi è venuto a trovarsi in stato di necessità a causa di calamità naturali o
procurate dall’insipienza degli uomini. Nell’arco di tempo che va dal
terremoto del Friuli del 1976, all’intervento nel Kossovo, numerosi sono gli
interventi umanitari e solidaristici delle sezioni ANA, compiuti all’interno
del territorio nazionale e all’estero. Rilevante ed encomiabile è stato
l’impegno della Sezione di Conegliano e del Gruppo di Gaiarine.
Per tutto questo sento l’obbligo di ringraziare qui pubblicamente il presidente della Sezione
di Conegliano e il capogruppo di Gaiarine, nonché suo instancabile animatore,
Signor Gildo Trivellato. Lo ringrazio in particolare per avere sempre
manifestato con il suo Gruppo la più ampia disponibilità a collaborare con
l’Amministrazione Comunale per iniziative di interesse pubblico. Mi auguro che
tale collaborazione possa continuare ed intensificarsi.
L’ultimo pensiero lo rivolgo con deferente gratitudine ai tantissimi Alpini scomparsi
nell’adempimento del loro dovere, molto spesso lontani dalla loro terra, ed in
particolare ai dispersi in Russia del nostro Comune.
Con loro abbiamo
contratto un debito inestinguibile e proprio per questo intitolare agli Alpini
una via costituisce un atto di visibile riconoscenza. W gli Alpini».
Voci e volti della nostra storia
Gli Alpini tengono in gran conto il ricordo, rispettosi
degli eventi e delle sofferenze che forse oggi pochi saprebbero sopportare.
Conoscono l’angoscia dei reduci di non riuscire, spesso, a raccontare tutto e
di non essere creduti a volte, perché la maggior parte degli Alpini di oggi non
ha conosciuto le atroci bizzarrie della guerra.
Le Penne Nere di Gaiarine hanno
dato voce ai loro reduci. Lo hanno fatto sostenendo l’iniziativa di due
insegnanti della locale Scuola Media (i professori Rosanna Mazzer e Ivano
Triveron) che hanno guidato gli alunni di due classi in una attività di ricerca
sui compaesani Alpini, e non, dispersi durante la ritirata sul Don.
Il risultato è una pregevole
pubblicazione, Voci e volti della nostra
storia, che va ad aggiungersi alla storiografia locale. Al di là del
significato educativo e didattico di questa attività di studio e di ricerca, è
fondamentale evidenziare la profonda valenza spirituale di questo lavoro:
meditare sulle sofferenze della storia, rivivere i profondi patimenti che tanti
uomini hanno vissuto perché certi errori e certi orrori non si ripetano più.
D’altra parte è solo a queste condizioni che la scuola risponde appieno al
suo compito educativo: trasmettere ai ragazzi la consapevolezza che la memoria
storica del passato lega ed unisce le diverse generazioni superando le fratture
e le divisioni; e far capire quanto sono costati questa pace e questo benessere.
In fondo è anche in questo profondo rispetto e amore verso i caduti di tante
guerre e verso coloro che hanno contribuito alla costruzione di una società più
giusta e fraterna che si misura il valore degli Alpini: uomini che sanno
ricordare le sofferenze della storia ed al tempo stesso impegnarsi nel piano
della solidarietà e della condivisione.
Le immagini ferme del libro
giungono a rammentare l’essenza di un paese che muta e si ritrova, di là
dalle devastazioni e del sangue ed a ricordare l’obbligo di ciascuno verso le
proprie origini. Voci e volti della nostra
storia rappresenta il bisogno e il dovere della memoria comune, sostanza di
cui si nutre la coscienza collettiva, cioè l’idea del destino condiviso che
oltre il tempo e la condizione vincola ciascuna persona alle infinite altre
vissute nella propria terra.
Merita di essere sottolineato,
infine, quanto nella prefazione ha scritto Trivellato, secondo il quale attraverso
quest’opera tanti giovani Alpini dispersi fanno ritorno alle loro famiglie ed
alla loro comunità.
“Via degli Alpini”.
Nutrito ed articolato il programma delle
celebrazioni del cinquantesimo. Nella serata di venerdì, la presentazione di Voci
e volti della nostra storia, presso la sede del Comitato San Rocco, è stata
occasione d’incontro tra i ragazzi della Scuola Media ed alcuni reduci amici
del Gruppo. Sono state lette dagli studenti alcune testimonianze raccolte nel
libro, frutto della ricerca in cui sono stati guidati dalla passione, competenza
e sensibilità dai due insegnanti. E’ stata poi la volta dei reduci, che hanno
testimoniato i difficili momenti di cui furono protagonisti in terra russa.
Alcuni, come Luigi Venturini e Mario Ponte, lo hanno fatto con voce ferma e
sicura; altri, come Toni Covre, hanno testimoniato la loro vicenda col silenzio
(ché non è facile raccontare quando i ricordi pesano come macigni).
E’ intervenuto il giornalista
Roberto Prataviera, che ha curato il libro di memorie sulla prigionia in Russia
di Ivo Emett, ufficiale della 13^ Batteria del Gruppo “Conegliano”.
Grande commozione ha suscitato
la lettura, da parte della signora Dolores, di una lettera, inviata dal fronte
russo, dal padre Pietro Gava, poi deceduto in prigionia. Dolores Gava compare,
neonata, tra le braccia dei genitori nella foto della copertina del libro.
Sabato, in un rassegna corale nella parrocchiale, i
Cantori di San Tommaso di Canterbury, il Coro Col
di Lana ed il Coro ANA Monte Cavallo si
sono esibiti in brani della tradizione alpina e popolare. Suggestivo il momento
in cui si è levato al cielo il Signore
delle Cime finale, che i tre complessi hanno eseguito assieme. Il brano di
Bepi De Marzi rappresenta ormai una delle preghiere più alte e più care agli
Alpini.
Domenica 2 aprile, in una
Gaiarine trasformata in una stupefacente tavolozza di tricolori, la cerimonia
del 50° è stata seguita da una mare di Alpini. Erano rappresentate le Sezioni
di Conegliano, Pordenone, Vittorio Veneto e Cadore, più di cinquanta Gruppi e
numerose altre associazioni d’arma e volontariato. La sfilata è stata
cadenzata dalle possenti note dell’immancabile Fanfara Alpina di Conegliano,
ottimo biglietto da visita per ogni nostra manifestazione. Non potevano mancare,
naturalmente, gli amati quadrupedi, mentre il cielo era sorvolato a bassa quota
da tre aerei d’epoca. All’alzabandiera è seguita la Messa al campo e
l’omaggio ai Caduti: i 31 compaesani deceduti e dispersi sul fronte russo sono
stati ricordati singolarmente al suono sommesso di Stelutis Alpinis. Organizzazione impeccabile sotto l’intelligente
e vigile regia del cerimoniere Nino Geronazzo.
E’ toccato a Gildo Trivellato
ripercorrere le vicende ed i 50 anni della storia del Gruppo. «Come
capogruppo della locale comunità alpina, porgo un caloroso saluto a tutti i
presenti. Alle signore, alle autorità, alle associazioni, a voi tutti, che con
la vostra presenza avete voluto dare un segnale di stima e di simpatia agli
Alpini del Comune di Gaiarine.
Oggi questo Gruppo ha il dovere e l’onore di ricordare e festeggiare
il 50° anno della sua fondazione. Venne infatti fondato nell’aprile del 1950
da Giovanni Bertagna ed Ernesto Brescancin e aderì alla Sezione di Pordenone;
alla cerimonia di fondazione seguì la Santa Messa officiata da don Ferruccio
Gerlin. Giovanni Bertagna ricoprì la carica di capogruppo per oltre
vent’anni. Verso la fine del 1971 il gruppo aderì alla sezione di Conegliano:
il presidente della Sezione di Pordenone Scaramuzza e il vicepresidente Candotti
consegnarono ufficialmente il gruppo alla Sezione di Conegliano, nelle mani del
suo presidente Curto. Nel 1979 assunse la carica di capogruppo Costantino
Cavarzerani, carica che mantenne fino al 1985, quando, chiamato a più alte
responsabilità civili, lasciò la guida del Gruppo al sottoscritto.
Mentre Vi parlo, mi tornano in mente immagini, momenti, volti di molti
Alpini che in questi anni mi hanno spronato e aiutato: sarebbe troppo lungo
elencarli tutti e ingiusto dimenticare qualcuno; un alpino voglio tuttavia
ricordare, Silvestro Oliana, fino alla morte orgoglioso alfiere del gruppo sin
dalla fondazione.
Con questa manifestazione vogliamo però ricordare soprattutto i nostri
Alpini che non hanno fatto ritorno; la presentazione dei libro “Voci e volti
della nostra storia” e l’inaugurazione di “via degli Alpini” e “via
Divisione Julia” hanno voluto essere un omaggio a queste giovani vite spezzate
in nome di una patria spesso ingrata e senza memoria. A questi eroi, per la
maggior parte appartenenti alla gloriosa Divisione Julia, dobbiamo essere
immensamente grati per gli esempi di altruismo e attaccamento al dovere che ci
hanno fornito: non potremo né dovremo dimenticarli mai.
Concludo ringraziando sentitamente chi ha reso possibile questa
manifestazione, in particolare i professori e gli studenti della scuola media
“Giovanni XXIII”, i reduci, le autorità presenti, le Amministrazioni
comunali che in questi anni hanno dimostrato sensibilità e simpatia verso le
attività del Gruppo, gli ospiti tutti, le Sezioni di Conegliano, di Pordenone e
Vittorio Veneto, i Gruppi, tutti gli Alpini e simpatizzanti. Grazie, grazie di
cuore a tutti Voi.»
Al
discorso del Sindaco Toso ha fatto seguito l’intervento del Presidente della
Sezione ANA Pordenone, Giovanni Gasparet, che ha elogiato il Gruppo per
l’impegno nelle attività sociali di solidarietà. Le figure che in questi
anni hanno guidato il Gruppo hanno dato agli Alpini di Gaiarine una fisionomia
ben precisa. Ha sottolineato la valenza civica, oltre che culturale,
dell’iniziativa che si è concretizzata nella pubblicazione dei ragazzi della
Scuola Media, ribadendo che nel mondo della globalizzazione è sempre più
assillante il bisogno del ritorno alle radici.
Dopo
aver ricordato che il Gruppo di Gaiarine, fondato nell’aprile del 1950, solo
verso la fine del 1971, venne “consegnato” alla Sezione di Conegliano, Paolo
Gai ha aperto il suo intervento con una frase dell’ex-Capogruppo dott.
Costantino Cavarzerani: “Gaiarine ha
sempre dato e dà ancora oggi agli Alpini i suoi figli migliori”.
Esprimendo apprezzamento a tutti coloro che, in vario modo, hanno partecipato alla
realizzazione dell’opera sugli Alpini gaiarinesi dispersi in Russia, si è
augurato che una tale “collaborazione integrata”, possa essere di esempio e
di sprone per tante altre nostre comunità.
Dopo aver rivolto un devoto ricordo a chi ci ha preceduti nella via del dovere, il
nostro Presidente si è espresso sul nostro futuro associativo, messo in forse
dalla sempre maggior contrazione dei Reparti Alpini. «Quasi
certamente è, la nostra, una battaglia persa, ma noi non molliamo. Non abbassa
la guardia il nostro Presidente nazionale Beppe Parazzini che, supportato da
tutti i nostri più autorevoli dirigenti, continua a presentare ai massimi
vertici della nazione il pensiero dell’ANA in merito al servizio di leva.
…Dalla sintesi della memoria presentata dall’ANA, emerge chiara la proposta per un
sistema di reclutamento misto, soldati di leva e soldati a ferma più o meno
lunga. Appare questa la soluzione migliore, rispettosa della tradizione e dello
spirito del popolo italiano».
Gai ha concluso ricordando come nell’ultimo Consiglio Direttivo sezionale sia
emersa, forte e sentita, la volontà di “promuovere”
e valorizzare la conoscenza delle attività della Sezione e dei nostri Gruppi.
Ciò allo scopo di attrarre i giovani presentando loro uno spaccato di opere
volte al bene delle nostre comunità, sempre animati dal motto: “ricordare
i nostri morti, aiutando i vivi”.
Ha ribadito che a tale scopo sono stati assunti degli impegni ben precisi che
verranno senz’altro onorati, anche grazie alla coesione che sempre deve
contraddistinguere la nostra vita associativa.
Il momento più significativo
della cerimonia è stato l’inaugurazione di due vie: con la prima, “Via
Divisione Julia”, si è voluto ricordare il tributo di sacrificio e vite umane
che gli Alpini gaiarinesi hanno pagato nella luttuosa campagna di Russia. La
seconda è stata voluta dall’Amministrazione del Comune di Gaiarine per
sottolineare il contributo che il Gruppo dà ed ha dato nei suoi 50 anni di
attività. Una via inaugurata col sottofondo delle note del “33” della
nostra Fanfara, e che ogni Gruppo vorrebbe vedere nel proprio paese: “Via
degli Alpini”.
Presenze
Ci ha colpito la cura scrupolosa con cui la
manifestazione è stata organizzata, l’impegno e la coordinazione di tutti gli
Alpini del Gruppo, il grande spirito di ospitalità con cui siamo stati accolti.
Conoscendo la filosofia che anima il Gruppo, abbiamo letto nella celebrazione
del 50° una religioso omaggio alla memoria degli Alpini di Gaiarine che se ne
sono andati. E domenica 2 aprile sembravano aleggiare sopra la piazza di
Gaiarine tutti i veci del Gruppo passati avanti e la figura di un grande alpino
che non c’è più e che qui era di casa: Giulio Bedeschi. A lui è intitolata
la sede del Gruppo. Era presente la vedova, signora Elisa, ed un amico fraterno
di Giulio, Toni Covre.
La vicenda Bedeschi-Covre avrebbe trovato un posto di rilievo nel romanzo di
De Amicis, con la differenza che in questo caso si tratta di una vicenda vera.
In Russia Covre era
l’attendente di Bedeschi, e, come si legge in un passo di
Centomila gavette di ghiaccio i due erano usciti dalla sacca di
Novossergiewskj tenendosi per mano. Due uomini che si tengono per mano sulla
neve, ansando e sfuggendo da un paese ormai accerchiato, non è cosa da poco; è
una cosa che non si dimentica mai... Quando Bedeschi affidò al lettore la
storia del suo reparto omise i nomi autentici, volendo deliberatamente
trascendere le singole persone. Voleva che il suo racconto fosse considerato la
storia di tutti gli Alpini, in modo che in essa tutte le madri potessero
intravedere i volti dei loro figli e riviverne la storia di dolore e di morte.
Lo stesso autore compare nella vicenda con il nome di Ten. Serri. Tutti non
autentici, quindi, i nomi dei protagonisti di “Centomila gavette di
ghiaccio”. Tutti meno uno: Toni Covre.
Di Toni Covre dopo la guerra
Bedeschi aveva perso subito le tracce; per quanto cercasse e si informasse non
era riuscito a sapere più nulla all’infuori della notizia che era immigrato
nel Belgio, a guadagnarsi la vita lavorando negli alti forni. E dopo qualche
anno era corsa voce che era andato a finire addirittura in America, non si
sapeva se nel Nord o nel Sud, e la speranza di riprendere contatto col vecchio
amico si era ridotta al lumicino.
Quando nel 1963 Bedeschi pubblicò
il suo libro sulla sfortunata campagna di Russia modificando i veri nomi di
tutti i personaggi, trovandosi dinanzi al nome di Covre non si era sentito di
alterarlo. E lo aveva lasciato così com’era. E quella decisione per lui
significava un omaggio al ricordo del più lontano, introvabile, irraggiungibile
e forse il più umile tra i rimasti vivi della sua batteria. Voleva essere, il
suo, un ricordo nostalgico, un saluto nell’acqua profonda del mare che non si
sa dove giunge ma si sa che arriva fin dove non si può né stare né andare se
non con il cuore.
Dopo due anni, di là
dall’Oceano Atlantico, Covre rispuntò. Scrisse al suo tenente una lettera
indirizzandola alla casa editrice; spiegò che il libro era arrivato in
Argentina, era stato letto dagli Alpini emigrati laggiù, che gli avevano detto:
«Guarda, leggi qui, si parla di uno che si chiama Covre come te...».
«Sior tenente...» cominciava così la lettera di Toni Covre, e
Bedeschi fu felice di pensarlo di
nuovo vivo dopo una incertezza ed un silenzio durati più di 20 anni.
E Bedeschi fece in modo che
Covre rientrasse in Italia.
Vicenda toccante ed incredibile.
Ma di vicende toccanti ed incredibili è piena la storia degli Alpini.
dlmgfr