GRUPPO M.O. PIETRO MASET |
Aprile 2005 |
Camminando sui sentieri, o le mulattiere che
costeggiano e attraversano in lungo e in largo le pendici del massiccio del Grappa capita sovente di
imbattersi in fortilizi e ruderi risalenti al Primo conflitto Mondiale.
Fortunatamente, per buona volontà delle
Amministrazioni locali, delle Associazioni (vedi ANA) o anche di singoli cittadini, non tutti questi ruderi
del recente passato vengono lasciati deperire, ma bensì vengono ristrutturati e, talvolta, attrezzati per
dar modo non solo all’escursionista di passaggio di rendersi conto in quali condizioni vivevano e operavano
i “nostri veci” durante la guerra del 1915-’18.
Domenica 30 Gennaio di buon mattino, assieme alla
giovane, ma già esperta, guida locale Leonardo Bergamin e accompagnati dalla sua dalmata delle nevi
Naiki, ci incamminiamo seguendo il segnavia del Cai n.150 sul versante sud della cima Mandria.
Questa mattinata soleggiata, ma decisamente invernale
non ci fa trascurare le bellezze che la natura offre e, anzi, siamo incoraggiati a spingerci nel fitto del
bosco in esplorazione.
un abete rosso ha dato ospitalità ad una formazione micogena
nel fitto del bosco siamo riusciti a scorgere dei camosci
Nonostante la divagazione naturalistica, con buon uso
dei garretti a nostra disposizione, ritorniamo sul sentiero n.155 per giungere alla nostra prima meta: cima
Mandria a quota 1482m, caratterizzata dalla cosiddetta “vedetta”. Il panorama è elettrizzante e buffo al
tempo stesso: dei gracchi alpini volteggiano sopra le nostre teste e, di tanto in tanto, si fiondano a
“sbecotar” le bacche rosse ancora abbondanti sugli arbusti di rosa canina (stropacui, per
intenderci!); il versante nord di tutto il massiccio è bianco di neve, mentre quello sud, maggiormente
esposto ai raggi solari, si presenta spoglio, quasi desolato se non fosse per gli sgargianti colori
verde-giallo delle cinciallegre che svolazzano qua e là alle estremità del bosco.
Da quassù rimaniamo incuriositi da alcuni edifici
sottostanti capeggiati da una grande croce bianca, in direzione Possagno.
il panorama dalla “vedetta” verso il Monte Palòn
Con un buon passo “alpino” prendiamo la via del
sentiero n. 212 ed in breve tempo ci ritroviamo sul Monte Palòn, quota 1306.
Sulla sommità c’è un fortino, da poco restaurato dagli
Alpini di Possagno, che era parte integrante del sistema delle batterie italiane in difesa dell’ala
orientale del settore del Grappa.
Sul luogo sono percorribili trincee caratterizzate dai
reticolati e dalle postazioni di fuoco; è possibile inoltrarsi in caverne scavate nella roccia che collegano
tra loro degli spiazzi più o meno larghi, a diversi livelli, che potevano fungere da postazioni di tiro per
bocche di fuoco puntate verso oriente, magazzini (per munizioni e vettovaglie), o posti di osservazione.
In questa zona si sono combattute:
- la Battaglia d’arresto (Novembre-Dicembre 1917);
- la Battaglia del Solstizio (Giugno-Luglio 1918);
- la Battaglia finale (ottobre 1918).
la “vedetta” vista dal Monte Palòn - le trincee attorno al fortino
la baracca comando con trincee, postazioni e camminamenti
esterni
La neve c’è adesso come allora e ci richiama alle
condizioni di vita che dovettero sopportare i “nostri veci”, costretti a combattere e morire per una guerra
le cui ragioni ai più erano sconosciute, vivendo nel freddo, nel fango, tormentati dai pidocchi e a contatto
con l’orrore quotidiano della morte (come recita il cartello della provincia).
Guardando a questi ruderi di un passato ancora vivo e
vicino a noi e ripensando ai sacrifici fatti da questi “veci”, per un “bocia” quasi trentenne come me, il
cuore e l’animo non possono che riempirsi di commozione e di infinita gratitudine.
una postazione con cippo della 118^cp.Bersaglieri
“mitraglieri Fiat 2^sezione” e la sua visuale verso Valdobbiadene
grotte e camminamenti interni
la visuale del fortino dal rifugio sottostante - il rifugio degli Alpini del Gruppo di Possagno
Un grazie riconoscente anche agli Alpini del Gruppo di Possagno che hanno eseguito l’intervento di ristrutturazione e che hanno un loro rifugio proprio sotto al fortilizio dove troneggia la grande croce bianca che vedevamo prima da cima Mandria.
Da qui, la nostra passeggiata riprende verso il “salto dea cavra” e quindi giù nella faggeta in direzione Crespano, stando bene attenti a dove si mettono i piedi, perché la strada è ormai una lastra di ghiaccio ed i nostri vibram non sono dei pattini!
30 Gennaio 2005
Gabriele Dal Bianco (Gruppo Alpini “Maset”)
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