GRUPPO M.O. PIETRO MASET |
Giugno 2016 |
Li possiamo chiamare in tutti i modi, di tutte le zone della nostra cerchia
di monti, di quella cerchia di cime che sono state la culla delle nostre brigate
alpine: Julia, Cadore, Tridentina, di quell’anfiteatro che riusciamo a vedere
dal mare quando il vento d’autunno o il temporale estivo hanno spazzato l’aria
rendendola un cristallo.
Dicevo che in ogni valle e nelle pianure ai piedi dei monti i nostri bimbi hanno
un nome, i nostri nipoti sono i Frut per i furlani, Picenini per i veneti della
bassa, cen per quelli della alta, putei e toseti per quelli verso il Garda, per
arrivare a quei modi così pregni di affetto e profondi ma ormai desueti che le
nostre nonne usavano per definire i loro nipoti: “Le me vissere”.
Certamente essi fanno parte di noi, così intimamente che il temine “Viscere” per
indicare un prolungamento del proprio corpo in un’altra creatura non è fuori
luogo, forse ora fuori tempo. Bene! Questi piccoli virgulti di prossimi uomini e
donne e piccoli di ora devono, anno dopo anno, un grazie a chi mette un
minuscolo tassello alla loro crescita a volte così condizionata da tempi e modi
di vivere oramai lontani da ogni tradizione.
Chi se non gli alpini si rende disponibile nei giorni di novembre, giorni di
nebbia e sole tiepido, a cuocere sul fuoco, non sul gas, sul fuoco le castagne
nei giorni di San Martin?
Non c’è gruppo nelle nostre sezioni, dal più piccolo a quello più grande che non
riesumi dal magazzino della casa degli alpini le grandi fasore coi bus, i bidoni
per il fuoco, e non vada nei cortili degli asili, in quelli delle scuole
elementari a cuocere castagne per allietare un mattino di questi nostri figli e
nipotini. Diranno che una tradizione non va buttata via. Vero! Per continuarla
negli anni, con la gioia di decine di musetti incuriositi a fare da contorno,
solo i volontari alpini, magari ultraottantenni, sono così orgogliosi di
portarla avanti.
Poi? La faremo diventare istituzionale? Metteremo in finanziaria il denaro
necessario? Faremo un concorso di idee per preservarla? Convocheremo psicologi e
pedagoghi e i poveri insegnanti stenderanno una relazione sugli obbiettivi
raggiunti? Lasciamola a chi, per statuto quasi, si dedica agli altri, ai piccoli
in particolare con questa forma di volontariato. Agli alpini di ogni Gruppo che
finita la castagnata raccolgono i loro strumenti e li ripongono con la ferma
intenzione di riusarli il prossimo anno.
Perché scrivere di un avvenimento minimo come la castagnata e gli alpini? Un
binomio indissolubile orami nelle nostre scuole e negli asili. Sono stato al
Gruppo “Maset” di Conegliano e i cento bambini dell’asilo Umberto I accompagnati
dalle loro maestre, con il loro mucchietto di castagne fumanti davanti sono
stati uno spettacolo irripetibile. Direi non classificabile, né descrivibile la
soddisfazione della decina di anziani alpini che li hanno serviti e coccolati
con gli occhi. Perché non gli cantiamo una canzone? Si sono detti.
Hanno cantato e il controcanto di gratitudine l’hanno fatto quei piccoli
dedicando loro “Sul cappello”.
Le vocine e i vocioni assieme. Perché non viene S. Martin una volta al mese? (L.B.)