GRUPPO PIEVE DI SOLIGO


Ottobre 1969

Solenne e festoso alzabandiera al Col de Fer

Autorità ed Alpini sono accorsi numerosi a questo magnifico e familiare raduno ottimamente realizzato dal cav. Battistella e dalle sue ammirevoli Penne Nere


Il Tricolore sventola sul pennone del Col de Fer dopo la cerimonia inaugurale svoltasi il 31 agosto in occasione della celebrazione del 40° anniversario di fondazione del Gruppo di Pieve di Soligo. Particolare assai importante è rappresentato (come risulta sulla destra della foto) dalla presenza del primo gagliardetto - quello del 1929! - che il cav. Battistella ha fatto incorniciare. E’ doveroso ricordare che il prezioso gagliardetto è stato salvato, nel corso della guerra, dal vecchio alfiere Piero desco il quale, nel pericoloso periodo dell’ultima occupazione nemica, è stato persino costretto a nasconderlo nella grondaia della propria abitazione. Con un riconoscente pensiero al caro Vecio - recentemente deceduto, e che additiamo quale magnifico esempio per quanti hanno la responsabilità della custodia delle nostre insegne benedette - esprimiamo la nostra gratitudine anche ai suoi congiunti che generosamente (anche se comprensibilmente a malincuore per i cari ricordi che rievoca pure per loro) hanno deciso di rendere il gagliardetto che ora costituisce il più prezioso cimelio degli Alpini di Pieve di Soligo (Foto SPINA)

Giornata stupenda quella vissuta domenica 31 agosto su Col de Fer per la grande festa celebrativa del 40° anniversario di fondazione del Gruppo di Pieve di Soligo.
Elencare anche in parte le rappresentanze intervenute è impresa non facile: oltre al nostro vessillo sezionale e quello della Sezione di Vittorio Veneto c’era una selva di gagliardetti e di bandiere.
Ugualmente incompleto l’elenco delle autorità presenti con il Sindaco di Pieve di Soligo m.° Sergio De Stefani: l’on. Francesco Fabbri anche in qualità di presidente provinciale dell’ Associazione ex internati, il gen. Giovanni Delfino comandante la brigata «Julia», i generali Concini, Baldizzone e Talamo, il col. Vittorio Campana comandante del 6° Reggimento di artiglieria da montagna, il col. Ebene già comandante del 7° Alpini, il col. Muraro, il ten. col. Alberto Piasenti in rappresentanza del presidente nazionale dell’Ana dott. Merlini, il cav. uff. Mario Salvador sindaco di Conegliano e il m.° Ermenegildo Dozza sindaco di Farra di Soligo, il cap. Di Lauro comandante la compagnia CC di Conegliano, il rappresentante del ten. Laino del comando di tenenza della Guardia di Finanza, il comm. Giuseppe Schiratti presidente dell’Associazione dei combattenti con il segretario Antonio Gerlin, il grand’uff. Ezio Spina per i Marinai e Pillonetto di Sernaglia per l’Associazione Arma Aeronautica.
Oltre a numerose signore, erano pure presenti il grande invalido di Russia Ruggio Palmo, mons. Della Betta, il geom. De Vecchi, il dott. proc. Luigi Bazzo, il direttore della Cassa di Risparmio rag. Viale; e ancora Molinari, Slomp e Villa già ufficiali dei battaglioni Cadore e Tolmezzo, e inoltre il dott. Menegazzi, il cav. Recchia, Garatti del Gazzettino, De Nicolò, Segalina e molti altri.
Il consiglio direttivo sezionale era pressoché al completo: dal presidente comm. G. Curto, al vice presidente avv. Travaini e al già accennato vice presidente ten. col. Piasenti, consiglieri e membri della giunta di scrutinio e del collegio dei revisori; innumerevoli i capigruppo con larghe rappresentanze di soci.
Descrivere compiutamente la cronaca della manifestazione è altrettanto difficile.
Malgrado il tempo incerto (ma il sole si è fatto ugualmente vedere più tardi) gli alpini giungevano numerosi alla selletta di S. Gallo con autovetture e moto; il cav. Giovanni Pansolin e Andrea Marciano hanno svolto un servizio d’ordine cordialmente severo per l’ordinata salita al Col de Fer: una allegra passeggiata lungo l’erta strada pavesata di tricolori, o usufruendo della vettura appositamente messa a disposizione e bravamente guidata da Attilio De Guarda.
In vetta al Col de Fer, indaffaratissimo, il capogruppo cav. Alfredo Battistella che con la sua gentile signora Luigia ha ancora una volta aperto la sua magnifica casa - imbandierata per l’occasione - per questa nuova stupenda riunione alpina.
Su Alfredo Battistella, sulla sua laboriosità e bontà, ci sarebbe molto da dire; con ingegno e ferrea volontà, affrontando sacrifici innumerevoli, ha saputo creare un complesso industriale ammirato per il costante aggiornamento tecnologico e per il pregio delle sue lavorazioni. Ne parliamo qui perchè
quella del lavoro è una inalienabile componente del carattere alpino; è inconcepibile un alpino che non abbia voglia di lavorare, e infatti noi ci onoriamo anzitutto per il lavoro umile e generoso dei nostri soci emigrati, come dell’opera non lieve del professionista, dell’industriale e dell’agricoltore, dello scienziato e del commerciante e dell’artigiano. Tra noi non vogliamo fannulloni o buoni a nulla.
Il cav. Battistella merita una particolare segnalazione perchè oltre a guidare la sua grande azienda sa trovare il tempo per dedicarsi anche alla vita attiva dell’associazione: una dedizione inconsueta, esemplare e costruttiva, che sarebbe necessario venisse maggiormente imitata - almeno in parte - anche in seno alla nostra sezione.
Altrettanto ammirevoli i veci e bocia del Gruppo di Pieve di Soligo che hanno lavorato assiduamente per il buon risultato di questa nuova manifestazione; hanno predisposto cartelli indicatori sul percorso che porta al colle, hanno costruito il cippo portabandiera con rocce del Grappa e del Monfenera e con crode prelevate dal greto del Piave, e dal quale si leva il pennone - donato dall’alpino Giovanni Venier - sulla cui cima è stata collocata la bellissima aquila in ferro battuto eseguita magistralmente dall’alpino Raffaello Meneghello artista di riconosciuta bravura. Hanno inoltre costruito un apposito ampio padiglione per lo svolgimento del rancio.
Sotto il gigantesco cappello alpino (che fu motivo, nell’agosto del 1966, di altra stupenda manifestazione) era stato eretto l’altare da campo rivestito di tricolore e sul quale il parroco di Soligo, don Martino Sanson, ha celebrato la S. Messa rivolgendo appropriate parole di compiacimento agli organizzatori e di cordiale saluto ai convenuti. Sull’altare troneggiava un artistico crocifisso in ferro battuto innestato su un bossolo squarciato di granata avvolto nei reticolati, opera del noto scultore Balliana.
Il rito religioso è stato accompagnato dai canti che il Coro «Col de Fer», diretto dal valente maestro Severino Tonon e con presentazioni di Antonio Antoniazzi, ha eseguito aggiungendo nuova commozione alla già suggestiva cerimonia.
Il celebrante ha poi proceduto alla benedizione del cippo e bandiera: il Tricolore, donato dal consigliere nazionale ten. col. A. Piasenti, ha ricevuto il bacio da parte della madrina signora Bertilla Jesepon - figlia di un valoroso del Battaglione Val Cismon disperso in Russia - ed è poi stato innalzato tra gli squilli dell’attenti e il commosso silenzio di tutti i presenti; una corona d’alloro è stata deposta, da due alpini in armi, alla base del cippo ad omaggio del sacrificio di tutti i Caduti.
Il capogruppo cav. Battistella ha rivolto il saluto e ringraziamento alle autorità, rappresentanze e alle Penne Nere intervenute, seguito dal presidente sezionale comm. Curto il quale ha espresso l’elogio della Sezione per questa nuova realizzazione del cav. Battistella e dei suoi Alpini.
Il generale Guido Concini, coneglianese, ha effettuato - tra gli applausi dei presenti - la consegna di riconoscimenti onorifici ai seguenti ex combattenti della guerra 1915-18: al mar. Ettore Bernardi della classe 1891, al cap. Luigi Villanova (cl. 1896), e agli alpini Antonio Bernardi (della classe 1893, significativamente chiamato «Caurinol»), Antonio D’Altoé del ‘96, Giuseppe Marchesin «ragazzo del ‘99», e all’alpino ardito Giovanni Bellé della classe 1898.
Ha poi preso la parola l’oratore ufficiale ten. col. A. Piasenti il quale ha tra l’altro detto:
Onorevole, Signori Ufficiali, Signore, Amici alpini,
ho il piacere e l’onore di rappresentare il nostro Presidente Nazionale Dott. Ugo Merlini, il quale mi incarica di porgervi il suo cordiale saluto, il suo ringraziamento, il suo pensiero e la presenza in spirito del suo cuore, con l’augurio più fervido e sincero per la buona riuscita della manifestazione e per la continua prospera attività dei Vostri Gruppi.
Ancora una volta, e non certo l’ultima, ci troviamo riuniti su questo ameno colle che prende il nome di «Col de Fer»«, non sapendo ancora se sia la volontà capace e tenace da vecchio alpino dell’amico cav. Battistella a dare il nome al colle, o se sia il colle col suo nome ferrigno a dare tanta energia, tanta passione ed entusiasmo al caro Alfredo. Probabilmente le due cose si integrano.
Comunque sia, ci siamo oggi qui riuniti per una triplice cerimonia:
- una, magnifica, sublime, commovente e suggestiva, ed è la benedizione di un pennone e della bandiera italiana al suo primo garrire: la bandiera del Piave;
- la seconda per festeggiare il 40° anniversario della fondazione del Gruppo alpino di Pieve di Soligo;
- la terza per la consegna della cittadinanza di Vittorio Veneto ai combattenti della Grande Guerra 1915- 1918.
Sono tre cerimonie di altissimo valore morale e puro spirito patriottico, che stringono vieppiù i legami tra i vecchi combattenti, con quelli dell’ultimo conflitto e con i giovani che hanno avuto la fortuna di non viverlo e di non conoscerlo.
Non bastava l’enorme cappello alpino a dominare sul Piave, non bastava questo intramontabile simbolo di onore e di gloria a proteggere il sonno eterno dei nostri caduti. No! mancava qualche cosa e l’animo sensibile, gentile, squisitamente umano di Alfredo l’ha capito. I nostri morti del Piave che riposano in parte noti ed ignoti e in parte ancora senza sepoltura su queste terre, abbiano la consolazione di vedere sopra le loro ossa calcinate dal tempo, sventolare Il tricolore vessillo della Patria, vessillo per il quale hanno fatto olocausto della loro vita.
Combattenti morti senza conforto, senza bara, bare senza tricolore, ma che solo la terra intrisa del loro sangue ha germogliato sopra loro i fiori semplici e gentili, genuini e spontanei delle nostre campagne.
Oh! Caduti del Piave, con la morte avete acquistata l’immortalità.
Intendo parlare di tutti i combattenti di terra e del cielo: Fanti, Artiglieri, Alpini, Genieri, Mitraglieri, Autieri, Arditi, Bersaglieri, Cavalieri, Carabinieri, Finanzieri, Aviatori, Marinai e dei servizi, legati tutti in un amplesso di amore, per la Patria.
Noi Alpini li ricordiamo tutti, perché come le aquile dall’alto dei picchi nevosi e con la nostra sensibilità di montanari, vediamo tutto e ci entusiasmiamo per tutto ciò che è doverosamente sacro e ci piace soprattutto constatare quanto sia torte, sana e pronta la nostra Associazione per ciò che esalta l’amore per la Patria, per le nostre tradizioni, per la nostra penna, per il verde delle nostre mostrine.
Alpini, razza eletta, razza di mugugnoni e brontoloni, razza di eroi, di infaticabili lavoratori, di soldati esemplari, modesti, sobri, a cui basta per ottenere il sacrificio una parola amica o un bicchiere di vino. Alpini simbolo di tutte le virtù, ieri oggi sempre, ricordate che il vostro sacrificio non ha conseguito tutto il risultato sperato. La Patria infatti ha ancora oggi bisogno dei suoi figli più giovani per la difesa e la tutela di quelle terre che tanto sangue sono costate.
Quarant’anni di attività ha il vostro Gruppo di Pieve di Soligo, anni nei quali il vostro Gruppo ha assistito alle vicende di una guerra tremenda, anni in cui avete dato e perduto amici, commilitoni e parenti nelle fasi nella tregenda di un’epoca spaventosa.
E dopo questa cruenta prova che avete superata e che vi ha temprati come roccia, avete perseverato sorretti dal pensiero di chi vi ha lasciato, avete continuato imperterriti questa attività di affetti e di ricordi, avete ripresa questa vita nostra che è frutto di una inestinguibile e inalterabile passione, che è bisogno di affetto, di fraternità, di cameratismo e di comprensione, che è l’inesauribile amore per la nostra terra.
Eccoli qui, tra noi, i pochi rimasti soci fondatori del Gruppo di Pieve di Soligo. Sia onore ad essi che hanno gettato in Pieve la semente di una Associazione ineguagliabile, che l’hanno alimentata col loro spirito, che l’hanno resa prospera col loro entusiasmo, che ne hanno dato coesione e consistenza con legami di ricordi, di affetti e di intenti.
Noi siamo una famiglia alla quale ci legano tutti questi sentimenti e questi ricordi, una famiglia in cui non vediamo che il bene reciproco, senza odi o rancori, pronti a prestarci per il bene comune.
Conservate il vostro vecchio gagliardetto nel sacrario delle cose pure e sante, tra i cimeli più belli e più cari del vostro Gruppo, ma soprattutto abbiatelo nel cuore il vostro sgualcito e sbiadito gagliardetto, poiché esso è il muto e tacito testimone di un passato fecondo e generoso, ma è anche quello che ha raccolto prima e accompagnato poi, le spoglie dei vostri commilitoni perduti.
E Voi combattenti della Guerra 1915-1918 che avete ricevuto - dopo 50 anni - il riconoscimento al vostro sacrificio; combattenti della trincea e della roccia, combattenti della pianura e delle vette; combattenti del cielo e del mare, portate in alto con fierezza e con orgoglio le insegne del vostro valore, perchè quelle insegne rappresentano ciò che la Patria oggi vi offre in cambio del vostro generoso sangue versato.
Sia onore e gloria a Voi cittadini di Vittorio Veneto, che avete dato all’Italia le due città redente di Trento e Trieste per merito del vostro valore, della vostra tenacia, della vostra costanza, alla vostra attesa ed alla vostra salute che vi ha permesso di resistere e di arrivare a questo giorno - dopo 50 anni ripeto - prima che il meritato riconoscimento giungesse al vostro sacrificio.
Avete avuto per ora e in pochi la cittadinanza di Vittorio Veneto. Arriverà con la ben nota, solerte e rapida nostra burocrazia da passeggiata quadrupedi, anche il Cavalierato, la medaglia e il libretto di pensione.
Nonostante ciò, siate fieri di essere stati soldati d’Italia, soldati di un paese libero, soldati che hanno combattuto e combatteranno sempre con lo stesso valore, perchè glielo impone la loro coscienza di cittadini, il rispetto all’autorità costituita, il loro dovere di soldati, la loro lealtà di uomini onesti, la loro dignità di italiani.
E il paese - come viene chiamata ora questa nostra meravigliosa terra - nonostante tutto va avanti lo stesso per la tenace capacità e volontà di lavoro dei suoi figli, ma non va avanti purtroppo nella via della rettitudine, dell’amore per la Patria, nel rispetto del Tricolore, nel doveroso riguardo alle vostre insegne, fregi e mostrine, simboli di immani sacrifici e di luminosi eroismi.
Oggi si sovvertono con un colpo di spugna le nostre tradizioni di valore, le origini dei nostri intimi sentimenti, si dimentica per insussistenti ideali il sangue versato dai nostri padri, si contestano i più puri ideali di amor patrio, ma Voi Alpini e combattenti dovete sentire l’orgoglio di rappresentare una aristocrazia a difesa dei valori del cuore e dello spirito.
Ma cos’è per certi signori la Patria d’oggi? una squadra di calcio, gli urlatori di moda, oppure i campioni dello sport con contorni di capelloni zazzeruti, di ragazzine isteriche, di pechinesi e di traditori veri. Solo negli stadi, nelle piste, nelle balere, nelle sagre paesane, sulle aste della cuccagna e all’inaugurazione di un istituto per rachitici viene esposto il tricolore e solo allora ci ricordiamo di essere italiani, ammazzandoci magari per un goal in più o in meno, ma non per qualche cosa di più alto e di sublime.
Vengano qui, in questo nostro ambiente di alpini e combattenti, poiché è in questa atmosfera che si vive l’amor di Patria, è in questo ambiente che ci si tempra e ci si nutre di pensieri eletti e di sentimenti umani.
Ritornate alle vostre Associazioni, alle vostre Sezioni, alle vostre case, alle vostre famiglie, riportando con voi il ricordo di una giornata radiosa, in cui si è vissuto il vero spirito cameratesco, in cui si sono legati vieppiù i vincoli dì fraternità tra combattenti e non combattenti, fra vecchie e nuove generazioni, in cui si è respirata la sana aria del puro patriottismo, ma prima ripetete con me, elevate alto con me quel grido di esaltazione, di passione, dì amore, quel grido che avevano nel cuore e sulle bocche i nostri morti prima di esalare l’ultimo respiro:
«VIVA L’ITALIA».
Così conclusa la parte ufficiale, i partecipanti sono festosamente affluiti all’accogliente cantina del cav. Battistella; molti hanno sostato nei punti più panoramici del colle dal quale si ammira tutta la Piana della Sernaglia, il Mantello con l’Ossario di Nervesa, e l’argenteo nastro del sacro Piave.
E infine, attraverso il suggestivo bosco di castagni, l’ampio capannone eretto dai bocia del Gruppo per i rancio. Comandante supremo delle cucine - gentilmente messe a disposizione dal consigliere sezionale Gianfranco Buosi - era il sempre infaticabile Tomaso Della Betta coadiuvato dal pur bravo bocia Angelo Chiappinotto e da un valido gruppo di allievi cucinieri: tutti meritevoli di applauso per la dimostrata bravura anche nel saper fronteggiare il numero considerevole di ospiti che è risultato assai superiore alle prenotazioni.
Mentre il Coro Col de Fer si esibiva con il suo vasto repertorio di canzoni, uno stuolo di belle ragazze portava in tavola le fumanti e squisite pietanze che hanno entusiasmato i commensali.
Assai ammirata è stata l’erezione dell’ampio padiglione realizzato sotto la guida del giovane socio impresario Attilio Manzato e con l’opera prevalente del vecio Pietro Lucchetta che se la cava sempre egregiamente; bello anche l’addobbo con scritte, festoni e disegni eseguiti dal serg. Mario Marciano autore anche del progetto del capannone e del cippo portabandiera.
Ben sistemate, tra due rocce del Col de Fer, erano due botti («di non infame misura» comunica Ampelio Rossi, il bravissimo segretario del Gruppo di Pieve) che hanno soddisfatto la residua sete degli alpini: sete che veniva provocata soprattutto dall’ottima qualità del pregiatissimo vino che veniva offerto.
Come abbiamo detto all’inizio, è stata una giornata stupenda per la quale tutti coloro che ebbero la fortuna di essere lassù al Col de Fer sentono doveroso ringraziare il Cav. Battistella e la sua gentile Consorte - che ha pure attivamente collaborato per la buona riuscita dì questo raduno - e tutti i volonterosi che con ammirevole tenacia ed appassionato spirito alpino hanno encomiabilmente realizzato le molteplici manifestazioni per le quali tutti continueranno a serbare il migliore ed entusiastico ricordo.


I soci del Gruppo di Pieve di Soligo si sono riuniti anche domenica 12 ottobre, nella chiesa parrocchiale, per assistere alla Messa celebrata a suffragio di tutti gli Alpini defunti, assolvendo in tal modo alla viva raccomandazione che viene annualmente rivolta dalla Sede Nazionale dell’ANA.
Concluso il rito religioso, gli alpini si sono recati in corteo al monumento ai Caduti in piazza Balbi Valier dove hanno deposto una corona d’alloro, sostando in raccoglimento.
Si sono poi recati alla sede del Gruppo dove il cav. Battistella ha espresso il proprio compiacimento per la larga partecipazione dei soci - tra cui numerosissimi i bocia - a questo incontro principalmente indetto per ricordare le Penne Mozze.
Il capogruppo ha dato incarico, specie agli attivissimi giovani soci, di organizzare il pranzo sociale nel corso del quale sarà provveduto al rinnovo del tesseramento; ha infine ricordato che il 26 ottobre si svolgerà a Godega S. Urbano - su iniziativa di quel Gruppo - l’adunata sezionale in occasione del primo anniversario della fondazione e per l’inaugurazione del monumento ai Caduti.