GRUPPO PIEVE DI SOLIGO |
Dicembre 1987 |
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Non era certamente simulato il calore con il quale i pievigini hanno circondato gli Alpini domenica 2 settembre.
Era un grande appuntamento e tutto il paese ha confermato la sua maturità e la sua unità per un’entusiasmante consenso
all’iniziativa del locale Gruppo. iniziativa condivisa appieno dall'Amministrazione Comunale.
Il Viale degli Alpini che quel giorno sarebbe stato inaugurato aspettava una sistemazione dignitosa e la collocazione,
da parte degli Alpini, delle bellissime “fioraie” arrecava al viale un aspetto ed una considerazione marcata.
Preludio alla grande festa la serata dei cori alpini del sabato, con il coro ANA di Vittorio Veneto e quello della
Brigata Julia che si sono alternati al cinema Careni.
Una folla trabocchevole occupava ogni ordine di posti e non finiva mai di spellarsi le mani allorché i “bocia” della
Julia si presentarono sul palco. Ma se una serata di cori rientra nell’usualità, non lo è stato per la manifestazione
della domenica.
Pieve, invero, ha avuto la sua adunata.
Una giornata luminosa e limpida, come solo settembre sa regalare, ha reso ancora più suggestiva la semplice cerimonia
con cui gli Alpini di Pieve, unitamente ad una nutrita rappresentanza del Gruppo Palmanova, hanno voluto ricordare il
60° di fondazione ed il 25° di ricostituzione del Gruppo.
Certo che celebrare sessanta anni di vita associativa non era cosa da poco.
Era un retaggio di storia e di tradizioni da far rivivere in modo adeguato, non futile e passeggero.
Da far rivivere in modo che potesse essere un segno tangibile dei valori e degli ideali che in ogni momento della nostra
vita, sia in pace che in guerra. sono stati l’essenza del nostro modo di esser Alpini: e cioè senso del dovere,
dell’amicizia, dell’altruismo, della solidarietà.
Era una ricorrenza da festeggiare, certo, ed il Gruppo di Deve di Soligo lo ha fatto senza manifestazioni clamorose ma
in quella forma contenuta e sobria che è nel suo stile.
La scelta del periodo non era dei migliori (vendemmie, caccia, funghi ecc.) avrebbero sicuramente decimato le presenze,
ma ciò nonostante Settecento Alpini e 53 tra gagliardetti e bandiere di rappresentanza d’Armi si presentarono allo
sfilamento.
Gli Alpini sono venuti a Pieve di Soligo per rincontrarsi e riabbracciarsi in qualche caso dopo 40 ed anche 50 anni
(vero comm. Battistella e Bepi Grosso?), il loro spirito era ancora vivo perché, dopo tante sofferenze, amavano
ritrovarsi in un giorno di gioia e di pace.
Non era certo esaltazione della guerra, ma esaltazione di una umanità commossa, col cuore che scoppia di affetti senza fine,
tanto da far stupire tutti,
il loro patrimonio di affetti e la loro esperienza di vita hanno un significato che per gli alpini si sintetizza in un loro
simbolo: la penna nera.
Una penna nera che gli Alpini port no con fierezza ed amore, una penna che ha conosciuto il librarsi dell’azzurro del
cielo: una penna che di lassù ha visto il mondo piccino degli uomini, grandi solo quando sanno amarsi; grandi solo
quando, come noi Alpini, sanno essere fratelli e rivolgere l’animo in alto, lassù da dove è scesa la loro insegna,
quella penna che portano con tanto orgoglio sopra un cappello stinto.
Ricordo quanto scriveva Servetti sul periodico “Ciao pais”: "Ma perchè andiamo alle Adunate,
alle nostre manifestazioni?
Io ho cercato di rispondermi.
Ci vado perché ho bisogno di amicizia, e là la trovo; perchè ho bisogno di ricordare le mie origini contadine, e là le trovo; perché ho bisogno di trovarmi a casa, e
là mi ci sento; perchè ho bisogno di ricordarmi di quelli meno
fortunati di me (I Caduti, i Dispersi), e là me li ricordo e so che hanno sofferto anche per me; perché ho bisogno di
vedere la Bandiera, e là la vedo.
Forse è per questo che vado alle Adunate. Non so se la risposta è sufficiente, ma tanto a me basta.
Fra la folla che applaudiva una sfilata svettava un cartello con su scritto: “Non sono un Alpino, ma vorrei tanto esserlo" -.
Che bello, mio Dio, io lo sono, grazie."
E in tutto questo può essere sintetizzato il discorso del sig. Sindaco e del capogruppo cav. Paolo Gai che, con il pensiero
rivolto alla grande tradizione alpina ed ai tanti alpini che ci hanno preceduto insegnandoci a comprendere ed a
promuovere gli ideali di concordia e fratellanza, augurava ai presenti di poter trascorrere una giornata di gioia e di
serenità.
A queste entusiastiche affermazioni del sindaco ed alla presentazione e saluti del cav. Gai a nome del Gruppo, si associa anche il presidente Vallomy cercando di essere l’interprete fedele ed entusiasta degli Alpini, degli oltre 4000
Alpini della Sezione di Conegliano:
"Non è stato facile l’accettazione di questa festa,
perchè in sede sezionale talvolta si discute sulle necessità di contenere le mani/datazioni delle penne nere per non inflazionarle e per non svalorizzarle.
Bravo, cav. Gai! Hai saputo portare argomenti convincenti per organizzare questa festa per cui il consiglio sezionale ha
aderito a pieni voti. Molteplici sono i motivi per cui ci troviamo qui e molteplici i valori spirituali, civici, tradizionali storici che ci
hanno richiamato in questa bella piazza dove Alpini e non si sentono innanzitutto italiani, fieri della loro tradizione
e fieri della loro civiltà.
Consentite che anche un montanaro proveniente dalla Val d’Aosta dica quanto fascino ha esercitato in me, cinquant'anni
fa, la civiltà veneta.
Siate fieri, cittadini del Veneto, perchè appartenete al primo e più duraturo stato italiano prima del Risorgimento.
La presenza di tanti rappresentanti dei Gruppi ha confermato la bellezza di questa commemorazione del 60° anniversario
di fondazione del Gruppo; ma in modo particolare il 25° della sua ricostituzione.
Ai Capigruppo di questo Gruppo ricostituito, parlo dell’ufficiale Grendene, del comm. Battistella e del cav. Gai, va la
mia espressione di gratitudine e di compiacimento. Consentitemi che chiuda il mio dire con un augurio cordiale da buon
Alpino e italiano. Conservatevi fedeli alle vostre tradizioni che saranno di esempio a tanti altri e saranno soprattutto
un grande contributo alla salvezza della nostra Italia".
Prima di procedere al taglio del nastro da parte della madrina, l’Assessore Provinciale comm. Pietro Furlan, dovendo
assentarsi per impegni precedentemente assunti, offre al cav. Gai una targa a ricordo della giornata e brevemente si
esprime: Signor sindaco di Pieve, signor sindaco di Palmanova, signor Presidente della Sezione, signori Capigruppo e
amici alpini tutti, brevissime parole per sottolineare l’importanza di questa giornata. Una giornata indimenticabile che
affidiamo alla storia, non soltanto per quello che andremo a fare per l’inaugurazione del Viale degli Alpini ma per
l’anniversario importante del 60° di fondazione e del 25° di ricostituzione del Gruppo.
In modo particolare, oserei dire, per l’alto significato che ha questo incontro meraviglioso di Alpini, per questo gemellaggio di fratellanza
e di umanità tra gli Alpini di Pieve e quelli di Palmanova.
A ricordo di questa giornata la Provincia ha voluto essere presente non soltanto con la mia persona, ma anche con il
mio pensiero per esprimere un grande apprezzamento per l’opera degli Alpini.
Desidero ancora dire che gli Alpini non soltanto sono stati bravi nei momenti difficili della Patria, sono stati bravi
allora come lo sono anche oggi nelle opere di pace, negli apporti che danno sia di impegno civile che culturale e
sociale.
È proprio per questo motivo che la Provincia, a riconoscimento di questi apporti fondamentali, vuole rendere omaggio al
volontariato degli Alpini, sempre tra i primi nei momenti di bisogno e di necessità.
Consegno questa targa al cav. Gai intendendo però di consegnarla a tutti gli Alpini, e a voi tutti due sole parole.
Grazie, Alpini!".
Dopo il rituale taglio del nastro la sfilata s’è snodata lungo il bellissimo Viale degli Alpini. Una sfilata molto
ordinata e disciplinata, in un blocco unico, compatto e armonioso.
La cerimonia che ha riscosso l’entusiastico consenso della popolazione si è conclusa al capannone per il rancio
preparato e servito con maestria e giovialità dai cucinieri di Pieve, che ha riportato tutti a momenti di serena
letizia.
Un ringraziamento a quanti si sono prodigati per condurre in porto la manifestazione: organizzatori, addetti ai servizi
ed alle mescite.
A chiusura della giornata gli interventi di rito e lo scambio di cordialità (targhe, guidoncini, pergamene ecc.) tra gli
ospiti di Palmanova e le personalità locali.
Graditissimo il libro “Gli anni della Grande Guerra nel Quartier del Piave” offerto dal comm. Battistella, con bella
introduzione autobiografica dello stesso, alle personalità presenti, quali: Ing. Piero Cecconi (presidente della Sezione
Palmanova), Renato Pozzi (Capogruppo di Palmanova), sig. Battilana (sindaco di Palmanova, al prof. Vallomy e al geom.
Chies, rispettivamente presidente e vicepresidente della nostra Sezione, dott. Antonio Padoin (sindaco di Pieve) e al
segretario comunale dott. Luigi Scioli: al cap.no Dino Grendene (Capogruppo della ricostituzione) ed all’attuale
Capogruppo Paolo Gai; al m.llo magg. Guido Scattolin; al nostro presidente di redazione Renato Brunello; all’arch. Bruno
Dal Col; al cav. Ampelio Rossi, al responsabile GSA Nicola Sergio Stefani ed a Giuseppe Grosso. Il volume è stato
consegnato anche alle rappresentanze delle Sezioni di Valdobbiadene, Vittorio e Treviso, nonché a quelle dei Carabinieri
in congedo, ai Mutilati ed invalidi del Quartier del Piave ed alla Medaglia d’Argento per la campagna di Russia, sig.
Riboli. Non mi stupirei. in questa ridda di nomi, d’averne dimenticato qualcuno; e se ciò fosse, scusatemi.
Steno Bellotto
Le penne nere del gruppo hanno voluto aprire ufficialmente le celebrazioni sabato sera, nella sala del Teatro Careni,
con una graditissima Rassegna di Canto Corale — giunta, quest’anno, all’undicesima edizione — nella quale si sono
esibiti due Cori, che non hanno bisogno di presentazione, per la notorietà nel campo corale alpino. I loro nutriti e
diversificati repertori hanno riscosso spontanei e incondizionati applausi.
Il Coro ANA di Vittorio Veneto — ai retto da Stefano Da Ros — ha presentato, tra l’altro, “Ninna Nanna” canto
dall’armonia dolce e commovente, che cela la mestizia dell’infanticidio disumano dell’ultima guerra, quando le mamme
accompagnavano i bambini al forno crematorio; e l’altro canto “Penne Mozze” dal profondo significato spirituale rivolto
ai morti Alpini, ricordati con una stele al Bosco di Cison (parole di M. Altarui e G. Salvadoretti) entrambi musicate da
E. Casagrande. Il Coro della Brigata Alpina “Julia” — diretto da Marcello Turcetti già vincitore di vari concorsi, ha
chiuso entusiasticamente con il “33”.
La coreografia del palcoscenico è stata realizzata e curata magistralmente dall’ing. Renzo Dario, ideando numerosi
cappelli alpini che scendono leggermente dal cielo e si posano sulle vette delle montagne. La commentata presentazione è
stata effettuata dal dott. Toni Battistella. direttore del Corocastel di Conegliano, il quale ha ottimamente illustrato
il significato, la trasmissione del canto popolare, in una forma originale e conveniente, che noi con piacere qui
riportiamo:
"...questa è una serata di canti che sono espressione essenziale di cultura popolare. Ma
attenzione: non serata nostalgica per respirare il bel tempo passato.
Noi non siamo — laudatores temporis acti —. Noi sappiamo (e non possiamo rinnegarlo, perchè è antistorico), che la
nostra cultura contemporanea, dell’era post industriale, ha le sue “radici”, quindi il suo nutrimento, nella cultura che
l’ha preceduta, cioè in quella cultura popolare che è stata per secoli e fino ai nostri giorni, cultura contadina.
Ed allora légere e non intelìgere, l’è come aver la farsora e gnente da frìgere”. La frase ridanciana tipica dell’ironia
contadina, che veste dimessamente le cose importanti, illustra bene l’inutilità di uno strumento, se manca il cibo
appropriato alla cottura, e in questo caso vuoi significare, che c’è chi legge, ma non intende. non vede, non supera
l’apparenza dello scritto, non sa nutrirsi del messaggio del canto: e come coloro che sono qui in sala che ascoltano ma
non capiscono. non meditano.
Stasera non andremo quindi a rivisitare il passato, ma dovremo stare attenti a cogliere lo spirito e l’essenza del canto
popolare tradizione, nelle sue dinamiche culturali e sociali. Nelle leggende, nelle storie, nei canti, pur influenzato
da diversi momenti storici vissuti, il popolo trasferisce la sue credenze, le sue usanze, i suoi “valori”. E cantando
ritornano alla mente, e rivivono le aie assolate, gli uccelli, le rane, i fossi, le nebbie, la semina, le distese di
grano, la mietitura, la vendemmia, le stalle, i filò, i panevin, i fioretti del mese di maggio, le grandi festività
religiose, con la messa in terzo, l’organo e il coro a quattro voci. Oppure le fatiche sovrumane e spesso eroiche di
soldati in guerra, o la tristezza e la speranza dell’emigrante, la malinconia del contadino, che coltiva terre aride,
spremendo sudore, non certo ripagato da frutti abbondanti, la solitudine del navigante, oppure la dolce serenata, o una
burla, o un canto scherzoso. Echi di canzoni che si rincorrono tra le contrade, o si rimandano di casa in casa. Da
sempre, da quando i greci dicevano ‘gnosé searita’, o i latini 'gnosce teipsum', l’inizio del conoscere e quindi del
sapere, è lo studio di noi stessi: Ma per conoscerci bene, bisogna cominciare dalle origini, dalle “radici” che noi
questa sera andremo a riscoprire, attraverso il canto popolare, quei canti che ci saranno proposti dai due ottimi
interpreti di questa Rassegna: il Coro ANA di Vittorio Veneto e il Coro della Brigata Alpina Julia”.
Il numeroso pubblico presente ha saputo ascoltare in religioso silenzio, per poi apprezzare ed applaudire
entusiasticamente. Nei loro interventi, il sindaco dott. Antonio Padoin e il capogruppo cav. Paolo Gai hanno manifestato
la loro soddisfazione e la loro gratitudine ai cori ospiti, agli alpini sempre solleciti e disponibili anche nel campo
culturale, e agli spettatori tanto attenti, quanto compiacenti. Gradita è stata la presenza del presidente della sezione
di Vittorio Veneto dott. Lorenzo Daniele. Anche questo è un modo di animare il nostro spirito ed infiammare il nostro
cuore, per trascorrere assieme in amicizia e fraternità, alcuni momenti della nostra vita, non sempre costellata di
gioie e soddisfazioni.
Renato Brunello