GRUPPO SAN FIOR |
Agosto 1997 |
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Giornata storica per gli
alpini di San Fior: il 25 maggio essi hanno potuto suonare le campane della
Chiesetta di San Bernardino che, dopo aver annunciato a tante generazioni
feste, vespri e processioni, da quindici anni ormai erano sagome spente in una
cella silenziosa.
E’ successo durante la
semplice e significativa cerimonia di riconsegna del piccolo tempio alla
Parrocchia.
Presenti tanti cittadini,
gli amici alpini dei gruppi della Sezione, convenuti numerosissimi nonostante
un cielo corrucciato ed a tratti piovoso; presenti
il presidente Gai con i vice Brunello e Maretto, il Gen.
Gadia, gli amici del gruppo Agordo, rappresentanti di associazioni d’arma e
di volontariato, Sindaco, assessori e consiglieri comunali.
Nell’omelia della Messa,
officiata nell’arcipretale in onore di San Bernardino dal francescano padre
Angelo Brescacin, sono state ricordate le motivazione che portarono gli
antichi abitanti di questo paese a costruire il tempio e dedicarlo al santo
che godeva di enorme popolarità per aver percorso le strade di questi borghi
predicando la pace e la riconciliazione.
Al termine della
celebrazione le note della banda di Chies d’Alpago hanno dato il via alla
sfilata. Preceduto dai gagliardetti dei Gruppi e dal labari delle
Associazioni, il corteo si è diretto alla volta della Chiesetta dove ha avuto
luogo la cerimonia di riconsegna. Calato il drappo che copriva la facciata,
drappo su cui era riprodotto in gigantografia quello che sarà il nuovo stemma
del Gruppo Alpini San Fior, il capogruppo Ezio Marchioni ha consegnato le
chiavi del piccolo tempio nelle mani del Parroco don Francesco Veronese.
Interrotto il traffico della Pontebbana, la breve cerimonia si è svolta in un
silenzio irreale, rotto solo dalle toccanti note, provenienti dall’interno
del tempio, del coro Alpinisanfior. Un indimenticabile momento di commozione
per i Sanfioresi, molto legati a questa Chiesetta, testimonianza della fede
religiosa e delle tradizioni di questo paese.
Il corteo si è poi ricomposto ed ha raggiunto la sede del Gruppo, dove Ezio Marchioni, dopo aver dato il benvenuto ai presenti, ha ringraziato tutti coloro che hanno sostenuto l’intervento di restauro, ditte, imprese, associazioni, cittadini ed amici, trasformando l’iniziativa del Gruppo in una gara di generosità.
Un ringraziamento è stato rivolto a tutti i soci ed amici che si sono impegnati con passione e disinteresse nei lavori ed a tutti coloro che hanno seguito l’iniziativa intrapresa tre anni fa, affermando che la stima ed il consenso della Comunità sanfiorese sono state per gli Alpini la miglior gratificazione per l’impegno assunto e portato a termine.
Un ringraziamento è stato rivolto alla Parrocchia per la fiducia accordata al Gruppo. Marchioni ha tenuto a sottolineare che una copia delle chiavi della Chiesetta è rimasta agli Alpini, ai quali è stato affidato il compito di pulizia e manutenzione per il futuro. Si è trattato di un gesto di grande sensibilità e cortesia. Così gli Alpini di San Fior potranno continuare a chiamare la Chiesetta di San Bernardino come l’hanno chiamata in questi tre anni: “la nostra Chiesetta”.
Marchioni ha quindi
concluso sottolineando che il restauro della Chiesetta di San Bernardino va
letto come un gesto di grande amore per questo paese e per tutto ciò che esso
significa. Gli alpini vi si sono dedicati con lo stesso impegno con cui si
dedicano alle altre iniziative; è la maniera che essi hanno scelto per essere cittadini e portare avanti il loro anelito di
fratellanza e condivisione.
Restituendo la restaurata
Chiesetta alla comunità, le penne nere sanfioresi hanno quindi voluto
ribadire ancora una volta quello che sembra essere divenuto il loro motto:
“quando avete bisogno di una mano chiamate gli Alpini”.
E’ intervenuto quindi il
presidente Paolo Gai che ha portato il saluto della Sezione. Riprendendo un
tema a lui particolarmente caro, con poche ma incisive parole ha rimarcato
come siano questi i biglietti da visita che gli Alpini esibiscono ai giovani.
Non parole ma fatti, impegno silenzioso e disinteressato, ricostruire pietra
su pietra con sacrificio, perché senza sacrificio non c’è né civiltà né
futuro.
Il sindaco, ing. Fiorenzo
Carniel, è stato coinvolto nel restauro, oltre che come primo cittadino,
anche come alpino, nonché supervisore dei lavori e sanfiorese doc. Ed è nota
infatti la sua attenzione per il patrimonio architettonico e storico del
paese.
Nel suo intervento ha
ringraziato gli Alpini di San Fior per la loro attiva presenza nel tessuto
sociale, caratterizzata da uno spirito e da uno stile insostituibili.
Intraprendendo la difficile ed impegnativa opera di restauro e sistemazione
della Chiesetta di San Bernardino essi si sono qualificati anche come
cittadini, costituendo infatti tale edificio un elemento prezioso del
patrimonio architettonico del paese. Il loro intervento va letto come
straordinario esempio di senso civico e di amore per la storia e le
tradizioni.
Ricordando come la
Chiesetta di San Bernardino sia l’emblema della vicenda storica di San Fior, segnata prima dalle tragiche guerre poi da
una dura povertà, Carniel ha affermato che la vera ricchezza di questo paese,
inserito a pieno titolo in quella zona di grande sviluppo che l’Italia e
l’Europa ci invidiano, è costituita dalle 30 associazioni di volontariato.
Si tratta di uno straordinario patrimonio fatto di persone e gruppi a cui
attingere per ricostruire un tessuto di rapporti umani, all’insegna della
solidarietà e fraternità. E’ il caso delle due importanti e note
associazioni che operano nell’ambito della sofferenza, AIL e “Renzo e Pia
Fiorot”, il cui raggio di azione si estende ben oltre i confini comunali; è
il caso poi delle varie associazioni sportive, con il loro importante ruolo
nell’educazione dei giovani, e degli altri gruppi spontanei che si adoperano
per sensibilizzare la gente e rendere più vivo e festoso il tempo libero o
per favorire la comune riscoperta delle radici storiche e culturali.
Presenti sia nei momenti
di festa che nelle situazioni di sofferenza ed impegno, gli Alpini di queste
Associazioni sembrano essere il collante. La loro presenza è sotto gli occhi
di tutti e senza di loro, la comunità sanfiorese non sarebbe così viva e
vitale.
L’ing. Carniel ha così
concluso: «La solidarietà non è una parola per gli Alpini. Dove si abbatte
la calamità, essi arrivano senza essere chiamati. Li abbiamo visti tra le
macerie dei terremoti ed il fango delle alluvioni, vicino alla sofferenze
vecchie e nuove, animati dalla fratellanza e dall’attenzione per le persone.
Ma “solidarietà” è anche quel filo che lega tra loro le generazioni, ed
in questa occasione le penne nere sanfioresi hanno voluto con la loro opera
evitare che andasse in rovina questo edificio sacro a loro tanto caro. Questo
restauro rappresenta una azione di valore inestimabile dal punto di vista
culturale e sociale: non ha prezzo infatti l’impegno ed il risultato
ottenuto con tanta determinazione. Approfittando di questa cerimonia esprimo
agli Alpini del nostro Gruppo, a nome anche di tutta la popolazione, la
cordialissima riconoscenza non solo per aver ultimato questo impegnativo
intervento, ma anche per quanto essi fanno e faranno nella nostra comunità.
Il primo cittadino ha
quindi consegnato un riconoscimento agli Alpini nelle mani di Ezio Marchio, che, come capogruppo, ha guidato i lavori di restauro con
competenza, impegno, ed una presenza che non hanno avuto limiti.
La cerimonia si è
conclusa con l’intervento del rappresentante della parrocchia, e con lo
scambio di omaggi.
A ricordo della
manifestazione rimane l’effigie della Chiesetta in medaglioni di terracotta
patinata, opera dell’artista Isidoro Dal Col, ed un opuscolo dove, assieme
alla storia della Chiesetta, vengono illustrati i lavori di restauro. Una
mostra sulla Chiesetta era stata allestita all’interno del capannone ove si
è tenuto l’immancabile rinfresco.
Da queste pagine gli Alpini del Gruppo ringraziano l’amico Nino Geronazzo per la grande perizia ed attenzione con cui ha programmato e diretto le varie fasi della cerimonia.
Dal Mas Gianfranco
I fili che legano un uomo alla sua terra, alle sue tradizioni, alla sua memoria
costituiscono una maglia così fitta e complessa che nessuna lacerazione può
spezzare.
Va forse ricercato in questo legame invisibile, che percorre ed unisce la
presente alle passate generazioni, la passione con cui noi Alpini ci siamo
dedicati al restauro della Chiesetta di San Bernardino, la “nostra”
Chiesetta.
Il pregevole edificio sacro quattrocentesco, eretto in segno di fede e devozione
verso il santo proprio là dove si era abbattuta una rovinosa tempesta, occupa
un posto importante nella memoria storica di questo paese. Quelle pietre
racchiudono il lavoro e le orazioni dei nostri padri, in quelle pietre essi
hanno inciso i loro nomi, il loro amore per la vita ed un messaggio di grande
fiducia in Dio e nell’uomo. Rispondendo alla sciagura con uno stile così
nobile e personale essi ci hanno insegnato che dalla sofferenza si esce con
l’impegno e la solidarietà.
Posta su quella strada che è parte stessa della storia di San Fior, la Chiesetta ci
ricorda che la nostra è storia di invasioni e devastazioni. E la memoria ci
rimanda al Campardo, alla vita dura ed incerta di quella terra arida, amata ma
povera, terra dove il lavoro non bastava mai e tanti dovevano abbandonare.
E allora noi Alpini, da tempo ormai abituati a ricostruire, volevamo impedire
che i tratti così semplici ed essenziali di quel portale e quelli familiari
ed unici di quel piccolo campanile si smarrissero dietro le rughe ed i segni
che le trasformazioni ed il tempo inevitabilmente introducono.
Il restauro ha voluto significare anche un’opera di cultura perché non si è
trattato solamente di una risposta al degrado e abbandono ma di iscrivere lo
stesso processo di sistemazione nel più ampio fronte della tutela e della
valorizzazione dei caratteri originali.
La Chiesetta di San Bernardino viene riconsegnata al culto ed al patrimonio
storico ed artistico del nostro paese affinché il cittadino di domani possa
capire la propria cultura locale per aprirsi a quel meraviglioso composto che
è la cultura dell’uomo e possa, se lo vuole, trarre quegli elementi che lo
aiutino ad un sempre migliore rapporto tra sé e l’ambiente in cui vive,
perché non esiste davvero la possibilità di progettare il futuro là dove
ben radicate non sussistono le fondamenta del passato e della memoria.