GRUPPO SAN FIOR


Dicembre 2016

Al Capitèl de Santantòni

L'impegno delle penne nere sanfioresi per il patrimonio storico della loro terra.
Il lavoro di tanti alpini e un marinaio ...

Forse le nuove generazioni non lo sanno ma anche il nostro paese aveva la sua piccola "questione meridionale". Infatti Castello Roganzuolo (frazione San Fior) si divideva un tempo in "Alte e Basse". E tra Alte e Basse era ... guerra! Responsabile unico di questa "guerra", altri non era che il Padreterno che fa passare, proprio da queste parti il confine tra la pianura che arriva dal mare e le dolci colline, liete propaggini di quell'ampio sistema montagnoso costituito dalle Prealpi Venete. Le Alte erano praticamente quelli di borgo Gradisca e dintorni: abitando sotto la chiesa, che su tale borgo incombe, avevano finito con l'essere accusati da coloro che risiedevano lungo e sotto la Pontebbana di rufianarse su pa'l Piovan. Va da sé ovviamente che quelli delle Basse pagavano la loro distanza fisica dalla chiesa col passare come poco osservanti, e quindi poco di buono, in qualche caso anticristi e, come tali, responsabili della non uniformità del voto che, in occasione delle politiche, usciva dalle urne. Nonostante il monito discreto che arrivava dal pulpito, non tutti, infatti, votavano "bianco": si parlava così de "i rossi dee Basse".
Progressisti e conservatori, rossi e bianchi: Alte e Basse avevano finito per caratterizzare non solo due posizioni geografiche, ma addirittura due diverse concezioni politiche, culturali e religiose.
Ecco cos'erano riusciti a fare meno di trenta metri di dislivello.
Ma non erano poi tanto assidui i contatti, anche perché la maggior parte di quelli delle Basse frequentavano la cesèta de San Martin, sulla Pontebbana, e non solo per problemi di distanza: c'era infatti chi giurava che nella cesa granda sarebbe entrato solo orizzontale.
L'asilo era zona neutrale, sia per la sua posizione a metà della costa, sia perché i giovani che giocavano a calcio nel campo adiacente (al campèt de l'asilo) sembravano ignorare la controversia.
Zona neutra, l'asilo. Ma quando, tornando a casa, davanti al capitèl de Santantòni, avveniva la separazione tra coloro che salivano e quelli che scendevano la Calsotta, ecco che la questione Alte-Basse esplodeva, e a fare le spese della fitta sassaiola era la lampadina che illuminava capitello e incrocio: data la sua infelice collocazione, solo saltuariamente questa faceva così il suo servizio.
Di quella guerra, mai dichiarata, si è persa ormai ogni traccia e ogni memoria. Forse era solo uno dei tanti stratagemmi messi in atto dai nostri vecchi per interrompere la monotonia dell'esistenza. AI capitèl de Santantòni, appunto. Luoghi di culto e riflessione, i capitelli che punteggiano le nostre campagne costituiscono una delle forme più significative con cui si esprimeva un tempo la pietà popolare. Ma Santantòni, con la sua bella statua in pietra bianca e i colori vivi e dorati che ne illuminavano l'interno, era qualcosa di più di un'icona religiosa. Era, come si diceva, il confine tra la Alte e le Basse, e quindi un punto cardinale di questo paese. Sulle pareti esterne un tempo andavano tra l'altro ogni anno a imprimersi i motti delle varie classi di leva, alcuni ancora visibili prima del restauro, altri ormai sbiaditi dal tempo, come il motto della classe dei coscritti del 1915: "Nati sotto il rombo del cannone, ritroviamo il Tricolore in armi". Tradotto, significava che, nati quando l'Italia era in guerra, coloro che erano chiamati alle armi nel 1935 andavano a servire la patria quando questa era di nuovo in guerra (la guerra di Abissinia). In pieno ventennio, doveva essere il massimo per una classe di coscritti.
È successo che qualcuno ci ha chiamato per dirci che sarebbe stato bello se fossimo intervenuti per risanare il capitello. Il nostro motto è: "serve qualcosa? Chiamate gli alpini". Un motto cui noi siamo fedeli, e abbiamo quindi accolto l'invito.
Non volevamo peraltro che andasse in totale degrado uno dei simboli di questo nostro bel paese, anche per cosa esso ha significato per le passate generazioni.
In questa nostro intervento abbiamo peraltro avuto occasione di essere testimoni sia del consenso di tanti paesani sia della generosità di tante altre persone che ci hanno gratuitamente e fornito i materiali per il restauro.
Nota: del gruppo di lavoro faceva parte anche un marinaio ...

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