GRUPPO SOLIGHETTO |
Aprile 1969 |
Il Gruppo di Solighetto ha realizzato, il 19 gennaio,
l’ormai tradizionale commemorazione della battaglia di Nikolajewka. Sono intervenuti - col vessillo sezionale - le
bandiere delle sezioni di Pieve di Soligo e di Barbisano dell’Associazione combattenti e reduci, dei Mutilati ed
Invalidi di guerra e degli Avieri, dei Bersaglieri del Quartiere, la bandiera dell’Associazione ex Internati, i
gagliardetti dei gruppi di Pieve di Soligo, Barbisano, Falzè di Piave, Refrontolo, Soligo, Miane, Colfosco, e quello del
gruppo organizzatore di Solighetto.
Tra le autorità erano presenti l’on. dott. Francesco Fabbri, il m° Giannetto Fontana in rappresentanza del sindaco,
altre personalità locali, e i membri del nostro consiglio direttivo sezionale e quelli del locale gruppo tra i quali il
capogruppo cav. Giovanni Pansolin decorato di medaglia di bronzo al valore militare nella battaglia di Nikolajewka.
Dal luogo di riunione, il corteo si è recato nella chiesa parrocchiale dove il prof. don Augusto Sartorello ha celebrato
la Messa di suffragio. Al monumenti ai Caduti è stata deposta una corona d’alloro e il ten. col. A. Piasenti ha tenuto
la commemorazione; dopo aver indirizzato il saluto alle autorità, alle rappresentanze, agli alpini e alla popolazione,
l’oratore ha tra l’altro detto:
Il parlare della battaglia di Nikolajewka, credo sia una delle rievocazioni più dolorose e nello stesso tempo gloriose,
delle tragedie alpine dell’ultimo conflitto, un compendio sanguinoso e di sofferenze di una stirpe di eroi, e l’epilogo
di una triste vicenda combattuta e vinta nella terra inospitale di Russia.
Dico e confermo «vinta», perchè fu per gli alpini una lotta continua dal 17 al 31 gennaio 1943, contro un nemico
agguerrito e numericamente superiore, su cui soprattutto sovrastava il tremendo inverno russo che aveva già piegato le
armate di Carlo XII di Svezia e le armate di Napoleone Bonaparte.
La battaglia di Nikolajewka ricordi ai superstiti e porti ai giovani la visione di una steppa infinita coperta di neve,
dove i corpi di oltre 43.000 alpini l’hanno bagnata di sangue generoso, corpi rimasti insepolti fino al disgelo, in
attesa di qualche anima pietosa che desse loro cristiana sepoltura.
L’ordine di ripiegamento viene dato alle Divisioni Alpine il 17 gennaio 1943, quando già da due giorni il fronte tenuto
dagli ungheresi era stato sfondato da una massa enorme di carri armati e fanterie motorizzate, avvolgendo così lo
schieramento delle Divisione Alpine che nessuna unità avversaria era riuscita ad intaccare e logorare, e che mai avevano
ceduto sia pure di un metro, il terreno di quella tragica riva destra del Don, assegnata loro come una sacra consegna.
Il nemico preme da tre lati e sul quarto - ad ovest - unica via di salvezza, grosse infiltrazioni hanno tagliato la
possibile ritirata. Se l’autorizzazione del Comando tedesco, fosse stata data a momento opportuno, quei due giorni
sarebbero stati sufficienti a ridurre tanto strazio e tanto tormento e tanto sangue.
Direzione di marcia per tutto il Corpo d’Armata Alpino è la città di Waluiki. Quest’ordine, alle ore 18,45 del 21
gennaio viene modificato, indicando come nuova direttrice Nikolajewka. Ma chi, riceve questo ordine? la sola Divisione
Tridentina, mentre le altre due Divisioni: la Cuneense e la Julia, per l’impossibilità di collegamento, continuano la
loro marcia verso Waluiki, andando così a cadere nella bocca del lupo.
Quanti furono gli episodi di valore? Quante furono le prove di attaccamento e di dedizione? Quanti furono i sacrifici a
volte inutili di anime elette? E’ impossibile rievocarli tutti, ma mai gli alpini hanno levato le mani per arrendersi,
ma solo per salutare nell’abbandono i loro eroici caduti.
E furono giorni di lotta sanguinosa, di delirante sofferenza, di atroce angoscia, ma i 55.000 uomini delle Alpi, duri
come roccia non possono mollare senza vendere cara la loro vita. E ogni qualvolta uno sbarramento viene sfondato, la
tenaglia si restringe di nuovo, creando altri sbarramenti come una bocca famelica che con moto ritmico si contrae per
tormentare ancora le carni sofferenti, congelate e sanguinanti dei nostri martiri.
Che vale rievocare ora tutte le tappe di questa umana Via crucis? I nomi si perderebbero nel tempo e nella memoria, i
giovani li scorderebbero, mentre i veci li hanno ancora scolpiti nel cuore, ma Nikolajewka non si può scordare, perchè
quella città è stata il Calvario su cui erano dirette: la Divisione Tridentina ed i pochi resti della Julia e della
Cuneense, che cercavano e volevano a tutti i costi la via della Patria. Su questa località, ultimo baluardo dell’enorme
sacca russa, erano in gioco la vita o la morte dei superstiti. Era l’alba del 26 gennaio 1943.
Una Divisione russa, con truppe fresche corazzate e motorizzate, ancorata ad un terreno che avevano fatto in tempo a
fortificare e con abbondante armamento, non poté resistere all’impeto degli alpini, trascinati dall’esempio del Generale
Reverberi, che in testa a tutti, sopra l’unico rimasto carro armato tedesco, incitava le sue truppe con quel grido di
passione, di esaltazione, di incitamento che è passato ormai alla leggenda «Tridentina avanti!».
Il nemico volse in fuga, lasciando in nostre mani una quarantina di cannoni, ma quali furono le nostre perdite
complessive? 43.480 uomini, di cui 1.290 Ufficiali. Quanti furono gli usciti dall’accerchiamento? 11.391 in gran parte
feriti e congelati. Quante furono le decorazioni concesse? Da un primo conteggio risultano essere: 2 Ordini Militari
d’Italia, 68 medaglie d’oro, 593 medaglie d’argento.
Undici furono i principali combattimenti sostenuti durante una inverosimile marcia di ottocento chilometri, percorsi a
piedi, sprofondando nella neve fino alla coscia e sferzati dal vento gelido della steppa e tormentati dal freddo, dalla
fame e dalla stanchezza.
Il col. Piasenti ha infine espresso l’auspicio che le celebrazioni dei fatti d’armi della guerra 1940-43 non continuino
ad essere una esclusiva delle associazioni combattentistiche e d’arma, ma diventino effettivamente - e non soltanto
nelle ricorrenze cinquantenarie - un cosciente dovere nazionale che non va ulteriormente disatteso dalle autorità
governative.
La successiva domenica si è svolto, a Pieve di Soligo, il conclusivo convegno zonale di tutti i reduci di Russia.