GRUPPO SOLIGHETTO |
Giugno 1996 |
Non si può dimenticare. A
Solighetto la cerimonia commemorativa.
Domenica 21 gennaio i gruppo
alpini di Solighetto ha commemorato il 53' anniversario della battaglia di
Nikolajewka.
Questo appuntamento raccoglie
tutti i gruppi limitrofi da ben 49 anni, volendo cosi ricordare quello che fu
definito uno dei più tragici episodi dell'ultimo conflitto mondiale. Erano
presenti quasi tutti i 30 gruppi della sezione di Conegliano, con i loro
gagliardetti e con numerosi soci.
La cerimonia, molto semplice e
forse per questo più suggestiva, si è svolta con il rituale consueto, quello
dettato negli anni addietro dal defunto, ma sempre in noi, cav. Giovanni
Pansolin, primo in Italia ad aver voluto ricordare quel tragico episodio. La
S. Messa è stata celebrata dal generale Mons. Agostino Balliana. Molto
toccante l'omelia: commentando il significato della cerimonia, il celebrante
sottolineava la necessità di ricordare alle generazioni presenti e di
trasmettere a quelle future fatti ed episodi di storia ancor oggi quasi
ignorati. La cerimonia proseguiva con la posa di una corona al “Monumento ai
Caduti”, cui faceva seguito il saluto ai convenuti da parte del sottoscritto
e locale capogruppo Antonio Possamai, dopo di che prendeva la parola il geom.
Remo Lorenzon, sindaco di Pieve di Soligo, il quale portando il saluto
dell'amministrazione comunale, ricordava il perché di questo incontro. Per
ultimo prendeva la parola, quale oratore ufficiale, il vicepresidente
sezionale Nino Geronazzo; portando il saluto della sezione, andava a ritroso
con la memoria ricordando amici alpini ormai “andati avanti” o che non
potevano esserci a fianco causa l'età o altri motivi. La tradizionale
bicchierata con il “vin brulé” concludeva la cerimonia. Terminato questo
sunto di cronaca, vorrei ora soffermarmi per qualche personale riflessione.
Negli anni addietro alcune persone, alpini e non, hanno sollevato critiche ed
osservazioni sull'opportunità di continuare con simili cerimonie, incontri o
raduni, affermando che ad oltre 50 anni dalla fine di una guerra assurda, non
voluta dal popolo e per di più persa, tutto ciò ormai era privo di
significato e di valore. Penso che ciò sia dovuto al fatto che le file di
quanti hanno vissuto personalmente tali episodi vanno di anno in anno
riducendosi, e che le nuove generazioni non li possono "sentire” non
avendoli vissuti o che, come mi sono sentito più volte dire, il loro modo di
vivere e di pensare è ben diverso dal nostro. Forse io sono rimasto arretrato
credendo ancora in ideali e pensieri ormai “superati”. Mi viene spontaneo
guardarmi intorno, cercando per quanto possibile d'interpretare il pensiero di
chi mi circonda notando così con una punta di
amarezza, l'assenza di Alpini che (detto tra virgolette) contano. Con ciò non
intendo dire che il semplice Alpino, quale comune socio ANA, sia meno
importante di una “Penna Bianca” o di quanti ricoprono una qualsiasi
carica di sezione o di gruppo. Voglio solo dire che se ciò avviene è segno
evidente che qualche cosa non funziona più, che quel nostro tradizionale
attaccamento ai Caduti, ricordo tenuto così sempre vivo in noi, comincia ad
affievolirsi e che, con il passare degli anni, assieme alla memoria
s'indebolisce anche lo spirito. Di qui mi viene spontaneo chiedermi a che cosa
servono i nostri Gagliardetti, i nostri cappelli che tanto ne andiamo fieri.
Solo per l'adunata o per qualche festa di gruppo in occasione di anniversari o
inaugurazione della sede? Tutto ciò è bello, e spero continui, perché
ALPINO vuol dire lavorare insieme, festeggiare insieme, ma non basta, non è
tutto, ALPINO vuol dire anche e soprattutto amare, onorare e ricordare quanti
hanno sacrificato giovinezza e vita per la patria. Senza mai chiedersi il
perché, ma solo per tenere fede ad un giuramento fatto. Non dobbiamo
dimenticare che tale giuramento lo abbiamo fatto anche noi e che una frase
della “nostra preghiera” dice: “rendici degni delle glorie dei nostri
avi”, e qual'è il modo migliore se non ricordandoli! Cerchiamo allora di
vincere i dubbi e le riluttanze, cerchiamo di trasmettere ai giovani il vero
valore di tali cerimonie dandogli significato morale. E noi più giovani,
cerchiamo di essere d'esempio, trascinandoli nella nostra scia.
Solo cosi potremo guardare al
futuro della nostra Associazione con fiducia e serenità.
Antonio Possamai