GRUPPO SOLIGHETTO |
Giugno 2001 |
Le tragiche giornate del gennaio 1943
nella immensa, sconfinata, freddissima pianura russa, durante le quali emerse il
grande valore degli alpini, sono state commemorate con solennità domenica 21
gennaio.
A 58 anni dalla Battaglia di Nikolajewka ci siamo ritrovati a Solighetto per un
impegno preciso: ricordare chi non è più ritornato da quell'infida steppa e
per stringerci attorno a chi ancora porta nel fisico e nella memoria le stigmate
di quell'atroce odissea.
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Una ricorrenza, questa, che vogliamo e dobbiamo tributare verso quanti si sono
resi protagonisti di una battaglia per la vita, più che una guerra di
conquista.
Siano per noi momenti di intima meditazione su fatti che ricordano un patrimonio
immenso di dolore e che auspichiamo siano di testimonianza per poter costruire
una società nuova e migliore, con traguardi di pace e fratellanza.
Sono ormai passati 58 anni dal giorno in cui i resti dei quello che era il Corpo
d'Armata Alpino riuscirono a sfondare il muro di sbarramento russo a
Nikolajewka. Tema questo ripercorso nell'omelia da mons. Agostino Balliana in
occasione della commemorazione di questa battaglia, dove ancora una volta gli
Alpini della Sezione si sono stretti idealmente al suo ideatore e promotore di
tale ricorrenza: il compianto cav. Giovanni Pansolin.
La cronaca della giornata, che rispecchia un collaudato rituale, si può
riassumere con un primo incontro dei partecipanti nella piazzetta, il lungo
corteo preceduto dalla Filarmonica pievigina, dal Gonfalone, dal Vessillo e dai
Gagliardetti sezionali, dalle Fiamme e Vessilli delle Rappresentanze d'Arma e
dalla rappresentanza degli scolari delle elementari. Oltre alla folta
rappresentanza sezionale, annotiamo il sindaco Celestino Moro, il comandate dei
V.U. Renato Dalle Crode, il maresciallo dei carabinieri.Al termine della S.
Messa, il corteo si è ricomposto in sfilata per portarsi all'asilo e deporre
una corona alla lapide dei Caduti.
L'orazione ufficiale del Presidente sezionale comm. Paolo Gai è stata preceduta
dai saluti del Capogruppo e del Sindaco.
"Alpini, autorità, bambini - così si esprimeva Giovanni Mazzero - eccoci
qui ancora una volta per mantenere viva la memoria e commemorare il 58°
anniversario della battaglia di Nikolajewka, assieme ai nostri reduci per
rivolgere un reverente pensiero ai Caduti. Gli storici ricordano quei fatti
d'arma al capitolo Ritirata di Russia. Agli Alpini non è mai piaciuto
indietreggiare e ripensando all'anno 2000 vedo spesso gli Alpini lavorare con
pala e picco fianco a fianco di alluvionati e disastrati in tutte le regioni
d'Italia; purtroppo però li vedo spesso bistrattati e colpiti duramente dalle
istituzioni ed allora mi permetto di sottolineare che quei fatti sono da noi
ricordati come l'epopea degli Alpini. In quel macello morale e materiale i
nostri veci seppero trovare la forza per dare il meglio di loro stessi; oggi
tocca a noi serrare i ranghi e dare alla società il meglio di noi. Loro
tornarono, noi però dobbiamo restare ad essere buoni testimoni della nostra
storia, che è soprattutto storia dei nostri paesi, delle nostre contrade e di
tante nostre famiglie".
Termina ringraziando i presenti a nome suo e del Gruppo.
Prende quindi la parola il signor Sindaco, che porta il saluto
dell'Amministrazione comunale; saluto che rivolge a tutte le Ass. d'Arma
presenti, agli scolari, alla Filarmonica, al mare di Gagliardetti degli Alpini
che stanno dando grande fiducia per il presente e anche per il futuro; un saluto
al Capogruppo Mazzero che ha organizzato questa manifestazione ed al Presidente
della Sezione Paolo Gai.
"Un saluto particolare, affettuoso e riconoscente ai Reduci che sono qui
presenti a testimoniare di un evento quale l'odissea lunga e penosa della
battaglia che loro hanno vinto".
"Oggi ricordiamo il 58° anniversario - continua il Sindaco - di una
battaglia per la vita. E voglio collegare questo aspetto con ciò che vi è
nella tradizione alpina e che in fondo è la base della nostra convivenza: il
valore della vita, della solidarietà, dell'aiuto reciproco e della libertà che
sono i valori portanti unitamente a quelli del lavoro e della nostra società
che ben rappresentano quei valori che noi ci accolliamo per tenere viva ed
integra la nostra civiltà. Questi valori sono mirabilmente portati con grande
spirito ed attività dalle nostre associazioni alpine che quotidianamente
operano nel comprensorio e vengono inoltre portati dai nostri militari che
operano fuori dal nostro territorio nazionale ed all'interno dello stesso, in
occasione degli eventi straordinari.
A questa nostra cultura non appartiene l'utilizzo di armi subdole, che
disseminano un veleno incontrollabile, che stanno minando la salute di coloro
che sono stati, con animo aperto e disponibile, a soccorrere dov'è stata la
guerra; questo non appartiene alla nostra civiltà, alle nostre tradizioni, alla
nostra cultura".
Prende infine la parola il presidente sezionale: "Da pochi giorni abbiamo
salutato la fine dell'anno 2000 che sembrava quasi irraggiungibile, ma che è
passato ed ormai fa parte della storia. Un anno denso di avvenimenti che hanno
coronato la celebrazione del Giubileo e che ha visto la nostra Sezione e quella
di Vittorio Veneto, unite, nella centenaria Abbazia di Follina. Tra i canti dei
cori Col di Lana e Corocastel, sono stati celebrati i valori dell'unità,
amicizia, speranza e condivisione: motori trainanti, non solo della nostra
associazione ma dell'intera società.
Si apre per noi un nuovo millennio, pieno di incognite, di problemi irrisolti
che da tempo ci trasciniamo dietro. Si apre però anche un millennio di nuove
aspettative, di speranze da concretizzare e forse anche di qualche delusione; la
vita è fatta di amarezze e di gioie; forse più amarezze, ma la gioia, anche se
breve, cancella tante tristezze.
Non è per fare un bilancio di quanto è passato, ma se andiamo indietro anche
solo di una trentina d'anni, ci rendiamo conto di come e quante cose siano
cambiate nella nostra terra, il Quartier del Piave. Povertà, disoccupazione,
emigrazione erano la realtà quotidiana per la maggior parte della popolazione.
Ricordo molto bene la valigia di cartone, legata con lo spago, con la quale sono
emigrato in Svizzera: quante fatiche, quanti sacrifici. Chi di noi non se lo
ricorda?
Oggi, la realtà è completamente stravolta, è radicalmente cambiata. Da terra
di emigrazione siamo diventati terra di immigrazione; la disoccupazione ha
lasciato il posto all'affannosa ricerca di manodopera per le nostre attività.
Sono cambiate anche le nostre esigenze, il nostro modo di vivere è sempre più
soffocato dal superfluo; ma i valori che contano, e che prima ho nominato, sono
e restano insostituibili per dare un senso alla nostra vita.
Proviamo a pensare: come sarebbe la nostra vita se non ci fosse la libertà,
l'amicizia, la gioia dello stare insieme, di fare festa assieme? Se non ci fosse
la speranza che le difficoltà si possono superare meglio se le si possono
condividere, sarebbe una vita limitata, triste e vuota.
E' questo che, 58 anni fa, i nostri Alpini ci hanno dimostrato a Nikolajewka;
hanno combattuto per morire assieme per gli ideali in cui credevano e che noi,
molti anni dopo, siamo chiamati a portare avanti, a continuare per lasciarli in
eredità alle nuove generazioni che, dopo di noi, verranno ad abitare questa
nostra bella Patria.
Uno dei valori che mi piacerebbe lasciare in eredità ai giovani, valore che per
me è stato importante e mia ha insegnato a vivere, non solo per me stesso ma
anche per gli altri, è quello del servizio di leva. Non credo che i nostri
politici vorranno esaudire queste mio desiderio. Sono però certo che se
affronteremo assieme, con le armi pacifiche del dialogo e della collaborazione,
le difficoltà che oggi ci amareggiano, molte situazioni di disagio saranno
superate e molte altre evitate.
Dobbiamo tenere ben presente che la nostra cultura e le nostre tradizioni hanno
profonde radici nella famiglia, nucleo essenziale del tessuto di ogni società.
Riscopriremo la gioia del focolare, il vociare dei bambini, il racconto delle
esperienze degli anziani: è questo un mondo che deve essere recuperato: è il
nostro mondo, la nostra vita, il tesoro più prezioso che né oro né argento
possono sostituire.
Forse questo mio pensiero potrà essere interpretato come una nostalgia; ma, io
sono convinto, invece, che è la base irrinunciabile per la nostra
felicità".
Termina il discorso ringraziando quanti sono intervenuti e che hanno avuto la
pazienza di ascoltarlo. Con un Viva ai Reduci di Russia, e con un saluto
particolare ai pochi rimasti, senza dimenticare coloro che sono andati avanti,
inneggia un VIVA GLI ALPINI, VIVA L'ITALIA.
Un caloroso applauso ha accolto questo vibrante saluto del Presidente.
Altrettanto ben accolto è stato l'invito del Capogruppo a portarsi in sede per
l'immancabile brulè.
Steno Bellotto