GRUPPO SOLIGHETTO |
Aprile 2006 |
Sabato 21 gennaio, presso il salone parrocchiale di Solighetto, presenti
il sindaco di Pieve Giustino Moro, il presidente sezionale Antonio Daminato, il capogruppo Giovanni “Juanito” Mazzero e
l’autore Enzo Faidutti, è stato presentato il libro “Il passato è storia. Il presente è un dono. Il futuro è un
sogno.” 1946 – 2006: 60° di fondazione del Gruppo Alpini “Floriano Ferrazzi” di Solighetto e, nel contempo, 60ª
solenne Commemorazione, la decana d’Italia, della battaglia di Nikolajewka, epilogo della drammatica campagna di Russia.
Da alcuni anni, ormai, si nota un fiorire di studi locali sulla propria
storia, sul back ground culturale che regge ogni comunità, ossia la valorizzazione di quelle patrum virtutes,
come dicevano i latini, le virtù dei padri, quella ricchezza genetica che connota una popolazione e che ne fa qualcosa
di unico, un retaggio prezioso che va difeso e nel contempo trasmesso. Questa pubblicazione fa parte integrante, per
l’appunto, di una precisa tipologia di ricerca nella consapevolezza che solo “chi conosce le proprie origini, conosce
veramente se stesso.”
Un’opera che, come tiene a ricordare l’autore nella premessa, riporta
fedelmente la cronologia degli eventi che hanno caratterizzato l’evoluzione del Gruppo di Solighetto in questi sessanta
anni di vita, “senza aggiungere e senza romanzare”, in funzione di un credo alpino e di un valore etico da
consegnare con orgogliosa consapevolezza alle nuove generazioni.
Sfogliandone le pagine, ecco emergere con forza travolgente e
coinvolgente testimonianze orali ed aneddotiche, voci e volti a noi tanto cari, azioni e sentimenti, gioie e patemi...
che l’autore trasforma in rigoroso documento scritto e iconografico. Un libro, quindi, che diventa un prezioso tassello
di storia e si fissa nella memoria collettiva prima che l’onta dei tanti anni sgranati e l’ingiuria impietosa dell’oblio
ne sfumino i contorni e ne cancellino irreparabilmente le tracce.
E proprio il titolo, nella sua articolazione, ne compendia il percorso
tra le pieghe del tessuto sociale di questa industriosa comunità del Quartier del Piave, un titolo che sottolinea
l’orgoglio di appartenenza ad una associazione, l’A.N.A., che ha fatto della connotazione umanitaria la propria regola
di vita e nello stesso tempo rivendica con fermezza la simbiosi, l’identità indissolubile con il proprio paese,
Solighetto, riscoprendo e rivalutando le radici amicali, parentali e familiari che ne hanno favorito la straordinaria
progressione civile ed economica degli ultimi decenni.
Un testo dall’impostazione grafica pulita e di facile fruibilità,
mondato da qualsiasi frivolezza linguistica o semantica, che striderebbe di fatto con la praticità propriamente alpina;
un testo scremato da ogni retorica inutile per ricercarne, piuttosto, l’immediatezza e l’efficacia espressiva. In ultima
analisi, un lavoro permeato di quel realismo scevro dal solito manierismo agiografico pieno di lustrini inutili, e
perciò tangibilmente vero.
In ogni riga aleggia il profondo rispetto che lega l’autore all’universo
variegato delle Penne Nere, fatto di storie e memorie, di uomini e luoghi, di sangue e sudore, di eroismi e fatiche, di
fede e di bestemmie, che poi non sono altro che preghiere fuori ordinanza.
Un’alpinità vissuta e intrisa di volontariato, di altruismo, di
laboriosità nel ricordo di chi li ha preceduti, di chi ha posato lo zaino a terra ed “è andato avanti” a spianare
la strada verso il “paradiso di Cantore.”
Il tutto però evitando enfasi e grancasse, ma fatto in silenzio, in
punta di piedi, in umiltà come è consuetudine tra gli alpini. Uomini dalla scorza dura ma dal cuore tenero: ieri
intrepidi soldati su tutti i fronti, oggi messaggeri di pace a tutte le latitudini.
Sì, perché l’alpino nella sua essenza è un enigma: tanto valoroso in
guerra quanto generoso in tempo di pace, un uomo che in qualsiasi caso fa dello spirito di corpo una ragione di vita e
di appartenenza indiscutibile. Se non che, mentre nel primo aspetto, di guerra vero e proprio, esiste un’ampia e varia
pubblicistica (Bedeschi, Rigoni Stern, Revelli e tanti altri), sull’altro, ossia le azioni di volontariato e di
solidarietà che gli alpini fanno giornalmente, nulla o quasi viene scritto.
Le testimonianze qui riportate, quindi, vogliono coprire questo vuoto.
Sono la trasmissione, soprattutto alle generazioni più giovani, di quella “sapienza storica e pedagogica”
che gli antichi davano, quale ideale passaggio di consegne, ai propri figli: “le radici e le ali”, ossia
l’interiorizzazione del proprio passato, dalle espressioni più alte di civiltà fino alle più semplici tradizioni
folkloristiche e, nel contempo, la proiezione consapevole verso un futuro fatto di nuove conquiste ed aspirazioni.
In sintesi, il contenuto del libro serve a ricostruire l’aspetto
contestuale, morale ed umano, di alcune generazioni di cittadini di Solighetto chiamati prima a servire in armi la
Patria tra gli Alpini e che hanno continuato a servirla anche dopo, nel rispetto quasi religioso che nutrono per quel
cappello che ostentano sempre con orgoglio. Per tutte queste motivazioni, ecco perché una copia di questa opera
dovrebbe far parte del patrimonio bibliotecario e culturale di ogni casa. Come sarebbe bella cosa farne dono ai più
giovani, oggi che la naja alpina è finita, affinché domani, spalla a spalla con i veci rimasti, sappiano
rinfoltirne i ranghi e serrare le fila, oppure inviarlo agli emigranti sparsi ai quattro angoli del mondo, che portano
nel cuore la loro terra natia e le dolorose spine della lontananza.
Questi sono i princìpi basilari che animano tutte le iniziative alpine.
Uno straordinario ed inimitabile campionario di uomini ed imprese passati dalla cronaca alla storia, la storia vera.:
l’epopea delle Penne Nere, una leggenda che non morirà mai. Mai!
Giorgio Visentin