... AL PADRETERNO


Ottobre 1961

LETTERA APERTA AL PADRETERNO

Ecco che qualcuno pensa già all’irriverenza del titolo mentre invece le lettere aperte al Signore son frequenti e si possono identificare in tutte le preghiere collettive della cristianità.
E le istanze collettive, come quelle individuali, hanno sempre un tono un po’ forte nei con fronti del destinatario e chiedono spesso più di quanto si meriti o di quanto si possa pretendere.
Si scrivono lettere aperte ai maggiorenti della «cosa» pubblica ottundendo l’arditezza di una richiesta legittima con un fiorire di «eccellenza» di qua e di «onorevole» di là anche se,
sperando di non andare errato, tali titoli non hanno valore per il codice italiano essendo stati a suo tempo soppressi e non più ripristinati e ciò malgrado si ottiene un nulla se non una denuncia per diffamazione.
Al Padre Eterno diamo invece del Tu e Lui si lascia trattare così: le iniziali maiuscole ora usate le metto io, ma solo perchè al Signore è raro che si scriva anche se non occorre carta da bollo; il più delle volte ci si rivolge a voce, a Dio; in modo spiccio, senza preamboli per addolcire la «raccomandazione» che spiattelliamo invece subitanea, quasi per guadagnare tempo.
Quante cose inutili o almeno di marginale valore il Signore Eterno si sente richiedere! E con quali meriti? Con quale preparazione interiore di convinzioni e di grazie? Tutto e sempre vien chiesto immeritatamente.
Chi mi sta leggendo sta già torcendo il naso perchè non sa che la premessa è necessaria a me e al lettore; al Destinatario non serve affatto. Lui già t’ha letta la mia lettera aperta, sino in fondo, ancor prima ch’io finisca di scriverla.
E Lui, il Padre comune, sa che intendo parlare degli Alpini Morti e dell’efficacia delle nostre preghiere per suffragarli. Perchè il dubbio è proprio determinato dal timore che tali preghiere, da quel po'-po' di santi che le avanzano (nella fattispecie: noi) abbiano punto o scarsa validità.
Per fortuna abbiamo tra noi anche tanti frati e preti: loro sono in maggior dimestichezza con Dio e senza dubbio, ci lascio il collo, nessuno di essi dimenticherà gli Alpini morti. Ma le preghiere nostre, di alpini adusi più ad «ostiare» che a dir orazioni. che efficacia avranno?
Eppure lo sentiamo il bisogno, collettivo ed individuale, di «raccomandare» al Signore le nostre Penne Mozze. Cribbio!, siamo di famiglia noi con quelli che hanno lasciate le scarpe al sole.
Ed anche a me succede, nelle poche preghiere che biascico stanco alla sera, di borbottare un «requiem aeternam» per gli Alpini caduti, conosciuti o no perchè non è necessario conoscere di persona i parenti, i fratelli quale pregiudiziale all’amore; sai che hai avuto un nonno, un parente, un fratello: lo ami e stop. E se è morto ne consegue che tu lo debba ricordare!
Che importa a me, agli altri alpini, di non aver conosciuto personalmente coloro che son venuti prima e che son spesso morti ancor prima che noi fossimo nati? Han portato il cappello con la penna, come noi, le stellette come noi; solo che le pallottole, dirette indiscriminatamente sugli alpini, hanno fatto fuori Loro e risparmiato noi.
Per questo gli alpini rimasti, compresi quelli che la naja scarpona l’han fatta senza troppi pericoli, si sentono impegnati a ricordare GLI ALTRI.
Le nostre adunate prevedono sempre una Messa per i Caduti; durante il rito tutti i presenti vanno con la memoria assai oltre l’età, fino al primo alpino ignoto che cadde in Africa.
Per la validità di questi pensieri e di queste preghiere noi temiamo, o Signore; non perché non ce ne sia bisogno, per carità!, ma per il nostro biglietto di presentazione personale spesso tutt’altro che pulito.
D’altronde, il fatto che i vivi si ricordino dei morti mi sembra già un’aspirazione anche se talvolta confusa ed inespressa, ad un miglioramento personale; come fra tutti gli uomini, anche tra gli alpini son pochi coloro che (gratta, gratta) veramente Ti rinnegano, o Signore.
Noi desideriamo che le Penne Mozze siano con Te, possibilmente tutte, nel Tuo Paradiso anche se ripetiamo con tanta leggerezza che i nostri Caduti sono nel paradiso di Cantore mentre dovremmo dire «in Paradiso con Cantore»; falli si purgare perchè gli Alpini son usi a tanto faticare per raggiungere la vetta.
Ascolta però un po’ anche noi o Signore, che cerchiamo di aiutare i nostri Morti nella lunga salita; spesso anche Loro, in vita c’hanno passato la mano e la corda quando s’era in croda. Accetta quindi, o Signore Iddio, che la cordata continui.

MARIO ALTARI
2 Novembre 1961
Commemorazione dei Defunti