PENNA NERA COL PENNINO |
Maggio 1961 |
Con la pubblicazione del primo numero di FIAMME VERDI iniziamo la serie dei nostri colloqui stampati, ormai necessaria
ad integrare i pur frequenti incontri alla trattoria da Hermes e nelle analoghe “sedi” periferiche dei Gruppi.
Parlandoci a mezzo del giornale non possiamo contemporaneamente brindare col consueto buon gotto di nettare alpino, ma
ciò servirà ugualmente ad intenderci, sentirci più vicini con la conoscenza comune di problemi organizzativi e sociale,
con la diffusione anche degli avvenimenti che allietano o amareggiano le nostre famiglie, in modo che la famiglia
sezionale partecipi alle gioie, che ci auguriamo molte, e a dolori, che speriamo pochi, dei soci che la compongono.
Non riteniamo opportuno dilungarci nelle molte e valide considerazioni che hanno suggerito di istituire, pure noi, un
notiziario sezionale che, non sostituendosi affatto al nazionale L’ALPINO, si rende necessario per la trattazione più
immediata ed estesa degli argomenti interessanti la sezione.
La collaborazione è aperta, anzi sollecitata, a tutti i soci ed amici degli Alpini, e vengano pure le critiche utili per
un miglioramento del foglio e di noi stessi, vengano le accuse se tali possono sussistere e che cercheremo sempre di non
determinare. Ciò varrà a conoscerci meglio e a farci meglio conoscere poiché non riteniamo di avere nemici convinti che
non siano dei male informati.
Scopo nostro è quello di ricordare che una Patria c’è e che va amata nella debita misura senza retorica esaltazione e
senza vergogna; perchè la Patria siamo noi tutti, intesi come comunità inscindibile. e non possiamo quindi odiare e
maledire noi stessi.
Sentimenti questi per i quali gli Alpini di ogni epoca si sono resi fedeli interpreti, e a proprie sanguinose spese,
nella convinzione di recare un contributo essenziale alla dignità nazionale non intesa come vuoto idolo astratto, ma
come risultante di dignità individuali che vanno espresse sia in guerra che in pace.
L’azione alpina non va infatti ritenuta vincolata a sole vicende belliche che, voglia Iddio e gli uomini, mai vorremmo
ripetute; va interpretata soprattutto come azione civile, nel senso che ogni Alpino deve ripromettersi una costante
opera di miglioramento personale e sociale in ogni campo: in quello del lavoro, in quello della vita civica, in tutte le
attività oneste.
Queste sono considerazioni che non s’addicono certo ai soli soldati della montagna, dovendo invece costituire il
programma di ogni italiano inteso come componente della nostra società. Solo che, noi Alpini, dobbiamo aggiungere,
appunto perchè tali, una ulteriore dose di buona volontà in modo da sentire, nelle molte azioni che quotidianamente
svolgiamo, di aver agito anche da Alpini: se nelle opere buone possiamo ottenere un miglioramento e in quelle negative
una diminuzione di intensità, alla fine del giorno possiamo pur concludere di non aver mancato al nostro duplice dovere
di uomini e di alpini.
Nell’accennato scopo di miglioramento personale e collettivo, e nel ricordo dell’opera svolta dagli
Alpini d’Italia in guerra e in pace, si trova il motivo della nostra sussistenza associativa e della fondazione del
nostro periodico che ci auguriamo abbia lunga vita e larghi consensi tra i lettori ai quali promettiamo di operare con
semplicità e costante coerenza con i principi statutari dell’A.N.A.
Nel rendere omaggio alle Penne Mozze e ai Caduti di ogni altro Corpo, rivolgiamo il nostro saluto
al Presidente e al Consiglio Direttivo nazionale, alle Sezioni alpine in Italia e all’estero, ai periodici sezionali e
in particolare a FAMEJA ALPINA della sezione di Treviso che sta particolarmente a cuore a chi scrive, alle Autorità e
alle Associazioni combattentistiche e d’arma, agli Alpini in armi e in congedo, a tutti coloro infine che aiutano gli
Italiani a sentirsi tali.
MARIO ALTARUI