CARTOLINE IN FRANCHIGIA |
Febbraio 1962 |
I CADUTI
Parlando dell’ultima guerra alcuni miei amici sostengono che i morti inglesi, americani e russi sono stati doppi di
quelli tedeschi e italiani; si hanno dei dati abbastanza precisi su questo doloroso argomento?
S. L. - Susegana
Notizie precise non si hanno ma si può approssimativamente affermare che il totale dei morti si aggira sui sedici
milioni: undici milioni da una parte e cinque milioni circa dall’altra.
Le perdite maggiori sono state subite dall’esercito russo con sette milioni e mezzo di morti dovuti anche al particolare
sistema di assalto in massa; le perdite alleate riguardano poi i cinesi con 2.200.000 morti, gli inglesi con 453.000,
gli americani con 296.000 caduti, mentre i francesi perdettero 200.000 uomini e i vari paesi minori (polacchi,
jugoslavi, greci, ecc.) altri 350.000 circa.
I cinque milioni di morti in campo tripartito sono costituiti da 2.850.000 tedeschi, 1.506.000 giapponesi, 445.000 circa
italiani (compresi i dispersi in Russia) e centomila circa di altri paesi minori.
La prima guerra mondiale era costata, complessivamente, dieci milioni di morti.
I FILMS SULLA GUERRA
Le pellicole cinematografiche che riguardano la guerra combattuta dall’Italia fanno sempre fare una cattiva figura ai
nostri soldati: ha invece visto il recente film «I cannoni di Navarrone» come è ottimamente riuscito anche sotto
l’aspetto militare pur esprimendo i vari sentimenti, spesso depressi, dei protagonisti
R.T. – Vazzola
Anzitutto sarebbe necessario che lei mi segnalasse quali pellicole meritano un rimprovero specifico
sulla mancata dimostrazione dell’eroismo italiano.
Io ne ho visti parecchi di questi films ed ho notato che la caratteristica di essi è di provocare soprattutto
compassione (e comprensione) per il soldato italiano; non bisogna negare che, in parte, è bene che ciò sia fatto
rilevare e non indico alcune opere cinematografiche che, a parer mio, hanno conseguito buoni risultati: ciò esigerebbe
un’analisi più completa che non è il caso di trattare nella presente rubrica.
Sappia comunque che, in merito a quanto da lei lamentato, le associazioni di arma hanno trasmesso al Ministro della
Difesa (credo in novembre dello scorso anno) il seguente telegramma firmato dal Generale Lugli e redatto dal Senatore
Aldo Rossini Presidente dell’Ass. Naz. Del Fante: «Le associazioni d’arma, fiere di aver dimostrato nei raduni del
centenario la continuativa fedeltà del popolo italiano agli ideali del Risorgimento ed ai principi fondamentali dello
Stato unitario, pregano il ministro per la Difesa di rendersi interprete presso il governo della necessità morale che
sia risolutamente stroncato l’epidemico dilagare di manifestazioni offensive per la realtà storica e rivolte ad
annullare anche sotto finzioni comiche il rispetto meritato dai soldati italiani d’ogni grado e d’ogni tempo con
sacrifici che non temono confronti».
Non è male ricordare però che l’armistizio contemplava anche il divieto, all’Italia, di produrre films che ponessero in
risalto l’eroismo dei soldati italiani; non so se tale disposizione sia ancora in vigore perchè, in caso affermativo, è
comprensibile la limitazione restrittiva cui le case di produzione dovrebbero attenersi.
Per quanto riguarda la pellicola «i cannoni di Navarone» io mi permetto di dissentire dagli elogiativi giudizi dati
(anche da Lei) soprattutto perchè, come al solito, tanta parte di eroismo del «nemico» è travasata nei «nostri».
La cinematografia americana in particolare è, a tale proposito, non meno cretina e noiosa di quella nostrana di venti e
trent’anni fa; in queste pellicole c’è sempre il sergentone che vince la guerra con le sole proprie prodezze, c’è il
timoroso che poi si comporta bene e magari crepa, c’è il tipo intellettuale che fa il caporale, il soldato ruvido e
quello raffinato; tutte cose che si possono digerire.
Quello che non mi va giù è che il «nemico» è sempre fatto apparire come una carogna: i tedeschi
vengono presentati come bestie spietate che poi si fanno pizzicare come quaglie, i giapponesi li rappresentano
immancabilmente come degli scimmiotti incapaci.
Ma da tutto ciò il valore degli americani e compagni appare, a mio parere, assai sminuito perché se tedeschi e gipponesi
erano cosi inetti ne deriva che la decantata loro vittoria è una baggianata. Invece dobbiamo ammettere che i tedeschi
(anche a me irrimediabilmente antipatici e i giapponesi (anche se piccoli e con la faccia gialla ) hanno dimostrato di
saperci fare con la guerra; hanno dimostrato che non sono secondi a nessuno in quanto a fegataccio.
Parlo dei soldati, non dei capi che li hanno mandati a combattere.
Per tutti questi motivi io vorrei vedere, nei films di guerra americani ed inglesi, anche i soldati italiani a fianco
dei tedeschi e dei giapponesi perché effettivamente ci sono stati; e vorrei che facessero veder morire anche i soldati
italiani.
Non soltanto per una realtà storica, lettore di Vazzola, ma soprattutto per non sentir fremere il pubblico al vedere che
la rappresentata azione inglese o americana si sta facendo difficile, soprattutto per non udire il respiro di
soddisfazione degli spettatori italiani quando una pallottola «alleata» raggiunge il segno, per non veder godere tanta
gente nostra che attraverso la simpatia per un attore protagonista in divisa USA o RAF viene a desiderare un esito nel
senso contrario a quello che sperava vent’anni fa; gli spettatori di venti, venticinque anni non avevano desideri
all’epoca della guerra e quindi è ancor peggio perché l’unica emozione che vengono a nutrire con tali espressioni
cinematografiche è solo l’eroismo degli americani, dei «nostri» come si dice.
Lettore che mi scrivesti in proposito, scusami un po’ lo sfogo e anche per essere uscito un po’ dal tema: è piaciuto
anche a me il film «I cannoni di Navarone», assai ben curato tecnicamente. C’erano delle sequenze spesso troppo lunghe e
notevoli incongruenze, ma passi pure tutto ciò; m’è piaciuto il personaggio della giovane greca che i protagonisti son
costretti a far fuori. Rimasi deluso invece che nemmeno una delle cinque navi che dovevano forzare il passaggio dello
stretto non vi sia finita sotto; almeno una avrebbero potuto farla affondare: i duemila inglesi da imbarcare a Creta
sarebbero stati più stretti nelle altre quattro corazzate, ma una piccola soddisfazione a spettatori «cattivi» come me
il soggettista del film la doveva pur riservare! (ma.)
UN BRAVO CONEGLIANESE
Un « vecio » del nostro Gruppo, combattente della Grande Guerra, racconta spesso che è stato uno di Conegliano a
disegnare la divisa che gli alpini portavano durante i combattimenti in montagna; siccome non ne abbiamo mai sentito
parlare (e ci abbiamo scommesso un fiasco) vorremmo sapere se ciò è vero.
F.lli G. e A. D. - Pieve di Soligo
Pagate pure il fiasco anche se l’affermazione del «vecio» non è completa.
L’invenzione riguarda una speciale tuta bianca mimetizzante ideata dal medico Ugo Cerletti nato a Conegliano 84 anni fa
il quale, all’epoca della guerra «15-18», era Maggiore volontario alpino negli arditi.
Il Prof. Cerletti ebbe anche l’idea del proiettile a scoppio ritardato e giunse a realizzare la spoletta speciale dopo
lunghi mesi di studio all’Ispettorato dell’Arma di artiglieria a Roma e successivamente in Francia.
Divenuto titolare della cattedra di neuropsichiatria all’Università di Roma dopo aver insegnato negli Atenei di Bari,
Genova e Milano, il Prof. Cerletti è anche inventore dell’elettrochoc ed è stato più volte candidato al premio Nobel per
la medicina.
Ugo Cerletti ha vissuto pochi anni a Conegliano; tutto il suo effetto sembra essere riservato a Roma ove ha trascorso
quasi tutta la sua vita, ma non dubitiamo che la piccola Conegliano e gli alpini che essa ricorda, occupano una buona
parte segreta del suo cuore.