L'ultima adunata degli alpini del Vajont |
Novembre 1963 |
Alcuni giorni prima, poche decine d’ore addirittura,
gli Alpini della zona del Vajont erano presenti alla nostra adunata di Conegliano: l’ultimo sole che il gagliardetto di
Longarone vide prima di scomparire tra i gorghi e la fanghiglia dell’immane valanga d’acqua, fu quello di Conegliano.
Risparmiati dalla lotta ivi combattuta quasi mezzo secolo fa, evitata la morte nel fango d’Albania o nelle nevi di
Russia, gli Alpini del Vajont son morti in famiglia, per le crode e l’acqua di casa, nel fango e la ghiaia dei propri
pascoli, dei campi a fatica tenuti, per il collo delle case erette con sacrifici continui di tante generazioni.
L’onda dell’Apocalisse ha strappato quelle vite operose, ha chiamato gli Alpini e le famiglie alla finale adunata che il
destino aveva per loro indotta ai piedi delle montagne amate, per una sfilata tra le onde del Piave conclusa con il
collettivo disperato requiem dell’ultimo respiro.
Consola solo il pensiero che la infinita Autorità del Creatore abbia salutato questo torrente di carne umana ed accolto
le anime mandate dall’acqua benedetta del Fiume già prima consacrato dal sangue di padri e fratelli.
Ricordi invece il Signore le nuove colpe dei vivi: di coloro che trovarono pretesto immediato per far turbare con l’odio
il cuore dei sopravvissuti, che furono impietosi per volute documentazioni di esasperata cronaca giornalistica e
televisiva, di coloro che negheranno il possibile aiuto, di chi vede e vedrà nell’immensa tragedia un motivo
d’incrementato lucro.
Ricordiamo infine noi, con riconoscenza, la dedizione di quanti han condiviso il dolore e l’opera dei superstiti; dei
giovani soldati, dei nostri bocia alpini che ritorneranno col cuore invecchiato dall’esperienza pietosa e crudele di
ricercare i disfatti corpi dei morti e di condividere con immediatezza l’immenso ed incolmabile lutto dei pochi vivi.
L’anagrafe alpina ha subito perdite non ancora accertate ma certo notevoli: son morte molte centinaia di Penne Nere,
come per l’affondamento della «Galilea» del marzo 1942, carica d’alpini del «Gemona» al ritorno dal fronte greco.
In questa travolta nave del Vajont c’era pure il socio della nostra sezione Mario Dal Cin giunto da dieci mesi, con la
giovane sposa, a gestire l’Albergo Posta di Longarone: è ritornato a Conegliano tra quattro assi d’abete; di lui è
rimasto soltanto il cappello d’alpino che aveva lasciato in custodia alla madre prima di ripartire alla conclusione del
nastro Raduno triveneto al quale non volle mancare.
Non sappiamo ancora quanti parenti abbiano perduto i nostri soci: Giuseppe Barel, attimo nostro collaboratore e per
molti anni consigliere sezionale, aveva trentasette parenti a Longarone e ne ha perduti trentacinque.
Io stesso, che scrivo queste amare note, ho perduto tutti i parenti residenti a Pirago: della casa è rimasto solo il
pavimento del pianoterra, rabbiosamente graffiato dai sassi e, ritrovata nel fango, una fotografia della piccola Ivana
col bianco abito della Prima Comunione. Null’altro.
Ma il fango non può e non deve alla fine prevalere sul bianco dell’innocenza. Di ciò si sono convinti gli italiani e gli
amici dell’Italia con quella gara di affetto ed aiuto tutt’ora in atto a conforto della volontà di resurrezione dei
sopravvissuti del Vajont.
Se non verranno avanzate proposte più autorevoli, vorremmo essere noi della Sezione di Conegliano ad offrire agli Alpini
di Longarone il nuovo gagliardetto quando il Gruppo si ricostituirà.
Il vecchio glorioso gagliardetto ha seguito la sorte dei suoi alpini portando con sé il sole e il calore dell’ultima
adunata vissuta a Conegliano; ma il fango non deve prevalere: il verde dell’affetto alpino, il tricolore di una vera
solidarietà nazionale prevarranno per la resurrezione anche dell’A.N.A. nella sconvolta terra dei Vajont.
M. ALTARUI