PRESIDENZE ONORARIE |
Aprile 1964 |
Da qualche tempo noi Alpini siamo divenuti più schietti perchè se qualcosa non va nella nostra
complessa e vasta organizzazione ce lo diciamo apertamente e con coraggio lo scriviamo anche nei nostri giornali.
Meglio precisare che non si tratta di maggiore sincerità essendo sempre esistita tra noi, ma di una
lodevole maggior aspirazione di miglioramento conseguente all’espansione numerica ed organizzativa dell’Associazione,
L’A.N.A. sta assumendo un ruolo sempre più importante nel complesso nazionale, con un organico che costituisce un
esercito, con una voce che emerge sempre più tra le mille voci spesso stonate che s’incrociano nel nostro Paese.
Pur avendo finalità ben distinte, le nostre manifestazioni son sempre destinate a richiamare l’attenzione e il giudizio
di molti, di quasi tutti gl’Italiani; con le nostre adunate — grandi e piccole — spargiamo il seme di un amor patrio
inteso e le nostre attività assistenziali e sportive son valutate giustamente, la nostra organizzazione fraterna ci è da
molti invidiata, l’onestà associativa ci viene riconosciuta e, speriamo, imitata.
E tutto noi realizziamo con pochi soldi, con poche e chiare norme di statuto fatte rispettare dal
Presidente nazionale e dall’ultimo Capogruppo, e con «gradi» che rispondono a strette esigenze di funzionamento.
Ogni incombenza nell’A.N.A. deve quindi avere due requisiti:
che l’incarico sia necessario e che chi lo ricopre lavori per soddisfare il dovere che si assume.
Tralasciando l’ultimo requisito che verterebbe sull’opportunità di sbattere fuori dai consigli
direttivi di qualsiasi livello coloro che han appetito d’incarichi ma poca voglia (o tempo) per assolverne i compiti,
conversiamo brevemente sulla natura degli incarichi stessi: perchè nell’A.N.A., oltre a non essere previsti «soci
onorari», è difficile ammettere l’esistenza di «presidenze onorarie».
Ecco perchè non ritengo giustificato che un Gruppo alpino della provincia di Treviso abbia
recentemente nominato un proprio «presidente onorario»; il riconoscimento è addirittura precario per questo «alpino
fuori ordinanza» in quanto egli è stato «confermato» in sede di assemblea degli iscritti, con la possibilità quindi, per
lo meno teorica, che il successivo anno egli non possa portare questa corona di cartapesta.
Non mi sembra giusto inventare specifiche qualifiche per il solo fatto che l’«insignito» è stato il fondatore del gruppo o che si tratti di un ufficiale superiore nella riserva oppure che abbia entrambi ed
altri meriti ancora.
Di Penne bianche e nere che hanno onorato ed onorano il Corpo egli Alpini e l’A.N.A. (distinzione
quest’ultima che m’accorgo essere superflua perchè, assieme all’Italia, formano una EROICA TRINITA’) ce ne sono
fortunatamente molte da rendere problematica la ricerca di bastevoli cariche «onorarie» senza ricorrere all’augurio che chi le detiene se ne vada abbastanza presto all’altro mondo per lasciar disponibile
la «presidenza onoraria».
Prendiamo esempio dall’alto. Forse che il prof. Balestrieri. Per parecchi anni presidente
nazionale, l’han creato «Presidente Nazionale Onorario»? Valoroso combattente, eminente studioso, benemerito del lavoro,
Balestrieri ha lasciato il più alto incarico associativo prendendo le redini degli alpini di una provincia e, se non
diverrà il capo del Gruppo della Città di Verona, sarà domani un semplice socio dell’A.N.A. anche se merita
l’inestinguibile riconoscenza degli Alpini d’Italia.
Riconosco che c’è un punto in cui la questione degli incarichi onorari non striderebbe troppo, ma
per riparlarne — dato anche il limite di spazio ora disponibile — desidero che mi scriva qualcuno che n’è convinto.
Nel frattempo, se uno mi si presenta dicendo d’essere il presidente onorario del Gruppo X io
ricambio dicendo d’essere il Ministro Onorario dell’Esercito.
M. ALTARUI