ERIZZO E NOI |
Giugno 1965 |
Le affettuose parole che tutta la stampa alpina ha rivolto all’Avv. Ettore Erizzo in occasione della rinuncia alla
rielezione alla presidenza nazionale dell’A.N.A., hanno trovato concorde ogni alpino e io stesso m’affretto a dire che
mai è sufficiente né la parola né l’affetto per ricompensare Erizzo del grande bene che ha saputo e voluto dare
all’Associazione.
Dalla nostra stampa emerge anche l’insistenza con la quale, per sei o sette mesi, tutti cercarono di far recedere l’Avv.
Erizzo da una decisione che egli stesso ha dovuto ripetere all’assemblea dei delegati del 4 aprile scorso. In
quest’ultima occasione egli ebbe pure a precisare tre cose: 1) che la decisione è soltanto determinata dalla stanchezza
e non da altro che possa implicare un suo minore attaccamento, minore fiducia e minore affetto verso l’Associazione alla
quale assicura di recare il proprio ulteriore apporto in altri ruoli; 2) che esprime a tutta l’Associazione la sua più
sincera e profonda gratitudine per la stima e la fiducia dimostratagli e tutta la gioia che proverà a ritrovarsi in
mezzo a noi; il terzo punto lo riproduco testualmente essendosi Erizzo così espresso: «Io non so che cosa mi riservi il
futuro, ma è certo che qualunque cosa mi accada, io considererò sempre come il più alto onore della mia vita essere
stato per nove anni Presidente della Associazione Nazionale Alpini».
Questi argomenti l’Avv. Erizzo li avrà certamente avanzati a tutti coloro che in tanti mesi (dal settembre scorso quando
egli ritenne doveroso segnalare la sua rinuncia non per sentire implorazioni ma perchè tutti si sapessero orientare in
tempo per la nuova scelta migliore) tentarono di farlo recedere dal ponderato proposito; argomenti che Erizzo ripeteva e
che io trovo incompleti solo in quello finale poiché non è soltanto Erizzo che deve sentirsi onorato di essere stato
Presidente ma anche l’A.N.A. è onorata di averlo avuto alla testa per tanti anni. D’accordo, lui non lo poteva dire, e
le insistenze volevano anche significare questo, ma penso che la pressione verso il Presidente sia stata troppa e
soprattutto estremamente dolorosa per Erizzo.
Ritengo quindi che non si abbia valutato abbastanza la grande sofferenza che già procurava ad Erizzo la sua stessa
decisione.
Erizzo non è un uomo che si ritira da incombenze anche gravi se sente che può continuare o che lui solo può svolgere.
Ho letto in qualche giornale sezionale che Erizzo sembrava alternativamente recedere e riconfermare la rinuncia e
indubbiamente la sua grande generosità l’avrà portato a tormentosi riesami e forse a rimorsi che egli non merita e che
gli Alpini — i suoi Alpini — non dovevano fargli provare per tanto tempo.
Per gli Alpini Erizzo sarebbe anche ritornato sul Rombon a sacrificare l’altra gamba se fosse stato necessario. Non è
stato giusto tentare di scaricargli addosso il pur grave dolore che si prospettava per tutti noi con la sua rinuncia
poiché è più coerente per un alpino — e quindi per l’Associazione — tenersi la parte di sacrificio che spetta.
Erizzo verrà ricordato col più profondo affetto e con smisurata gratitudine; gli succede il Dottore Ugo Merlini che da
anni fa parte del Consiglio Direttivo Nazionale e che da lungo tempo è l’animatore della Sezione di Lecco.
Conosciamo Merlini a sufficienza attraverso l’opera appassionata svolta presso la sua sezione e nel Direttivo nazionale;
per chi non lo conoscesse è bastevole biglietto di presentazione la medaglia d’argento meritata sul campo di Nikolajewka
e di altra di bronzo oltre le sue gravi ferite di guerra.
Dobbiamo essere fieri di avere Merlini quale Presidente nazionale in quanto egli è sicura garanzia per la continuazione
delle tradizioni e degli ideali della nostra Associazione; ed esprimiamogli — come anche noi Alpini di Conegliano
intendiamo fare in questa occasione
tutto l’affetto che egli già merita e che si somma con quello inestinguibile che proviamo per il «vecio» Erizzo.
Le somme di affetti son sempre da preferire.
M. A.