GRUPPO CONEGLIANO |
Dicembre 1965 |
Abbiamo avuto modo di ricordare che il 6° Reggimento Alpini venne costituito a Conegliano il 5 ottobre 1882 e che il 10
luglio 1887 nacque — pure a Conegliano — il 7° Reggimento; tale anno segna però anche la data di costituzione ufficiale
dell’Artiglieria da Montagna sebbene l’impiego di pezzi a quote elevate risalga ad oltre un secolo fa.
L’ artiglieria piemontese aveva delle «batterie da montagna» già dal 1860 e una di esse combatté nel luglio 1866 a Monte
Suello, a Lodrone e in Val d’Ampola con Giuseppe Garibaldi che ebbe a ricordare il «mirabile impiego di quei pezzi che,
portati a spalla da artiglieri e da volontari e tirati con corde su le rocce e fra i dirupi, seppero far strage del
nemico».
La fondazione del Corpo degli Alpini fece intendere ben presto che bisognava affiancargli un’artiglieria specializzata e
infatti, nel 1877 venne costituita a Torino la «1° Brigata di Batterie da Montagna», composta di cinque batterie al
comando del Magg. Lanfranco.
Dieci anni più tardi — e precisamente l’1 novembre 1887 — fu costituito pure a Torino il 1° Reggimento di Artiglieria da
Montagna agli ordini di Pietro Lanfranco che, nel frattempo, aveva raggiunto il grado di colonnello.
Il reggimento era formato su nove batterie raggruppate in tre brigate la prima delle quali ebbe sede a Conegliano e le
altre due a Torino ove risiedeva il comando reggimentale.
All’appena costituito 7° Alpini si aggiunse quindi a Conegliano la 1° brigata di montagnini che, con tutta probabilità,
ebbe sede nell’attuale caserma della Sezione Staccata di Artiglieria in Via Garibaldi.
Il 2° Reggimento di Artiglieria da Montagna venne costituito nel 1909 e vi entrò a far parte anche la vecchia prima
brigata con sede a Conegliano e che l’anno successivo assunse — come le altre — la denominazione di «Gruppo»; nel 1910
l’Artiglieria da Montagna risultava infatti costituita dalle seguenti unità:
1° Reggimento al comando del col. Besozzi, con sede a Torino, formato dai Gruppi «Oneglia», «Mondovì», «Torino-Susa» e
«Torino-Aosta»;
2° Reggimento agli ordini del col. Durand, con sede di comando a Vicenza, formato dai Gruppi «Conegliano», «Bergamo»,
«Vicenza» e «Belluno».
Venne poi la guerra di Libia alla quale i due reggimenti parteciparono con una parte dei propri Gruppi, cui si
aggiunsero nel gennaio 1912 una « Batteria da Montagna su cammelli» eroicamente comportatasi nel settembre successivo a
Zanzur, e due batterie indigene su muli.
Conclusa la guerra italo-turca, nel corso della quale le «panze longhe» si meritarono tra l’altro otto decorazioni
dell’Ordine Militare e tre Medaglie d’Oro, venne costituito — precisamente l’1 febbraio 1915 — il 3° Reggimento al
comando del col. Reazzi.
Il Gruppo «Conegliano» (già prima brigata del 1° reggimento)
era stato la matrice del 2° reggimento ed ora lo diveniva del 3° poiché ai veci del già glorioso «Conegliano» si
aggiunsero i nuovi Gruppi «Udine», «Val Tagliamento» e «Val Isonzo».
Non intratteniamo il lettore sulle imprese dell’Artiglieria da Montagna durante la prima guerra mondiale perchè andremmo
oltre lo scopo dei presenti brevi appunti; ne ricordiamo però a parte, doverosamente, l’entità di sacrifici umani, nella
speranza di poter riportare in futuro, abbastanza diffusamente, la storia della bella Artiglieria e in particolare del
Gruppo «Conegliano».
Finito il conflitto, la smobilitazione ridusse i tre reggimenti di artiglieria alpina a complessivi nove gruppi per un
totale di ventisette batterie.
Nel 1921 i Gruppi vennero sbattezzati delle proprie denominazioni per venire contraddistinti solo da un numero; non si
sa il numero col quale venne marcato il «Gruppo Conegliano», ed è meglio così perché — dopo poco più di due anni — i
Gruppi riebbero il proprio nome.
Il 1° gennaio 1933 venne costituito a Cuneo il 4° Reggimento con i Gruppi «Pinerolo» e «Mondovì» al comando del col.
Bergonzi.
Dal marzo 1934 l’Artiglieria da Montagna venne chiamata «Artiglieria Alpina», e nel 1935 fu costituito il 5° Reggimento,
agli ordini dei col. Mazzini, con i Gruppi «Lanzo» e «Belluno».
Ampia fu la prestazione dell’Artiglieria alpina nella
campagna d’Etiopia cui parteciparono anche dodici batterie da montagna formate da indigeni eritrei e sei batterie di
indigeni libici.
Venne poi l’ultimo conflitto mondiale con primo impiego di quarantasette batterie alpine sul fronte occidentale.
Sul fronte greco furono inizialmente presenti i Gruppi «Conegliano» e «Udine» ai quali si aggiunsero i Gruppi «Val
Tagliamento» e «Val Po» seguiti dai Gruppi «Lanzo», «Belluno»,
«Bergamo», «Vicenza», «Pinerolo», «Mondovì», «Val d’Orco» e «Val Chisone».
La campagna di Russia vide impegnati i Reggimenti 2°, 3° e 4° le cui epiche gesta son note a tutte le Penne Nere.
Per la campagna di Grecia il 3° meritò la Medaglia d’Oro al valore militare per il superbo comportamento dei Gruppi
«Conegliano» e «Udine»; la Medaglia di Bronzo venne conferita al 2° Reggimento per i Gruppi «Bergamo» e «Vicenza», e al
4° Reggimento per i Gruppi «Pinerolo», «Mondovì », «Val Tanaro» e «Val Po»; quattro medaglie d’ oro alla memoria vennero
conferite ad appartenenti al 3° e una medaglia d’oro ad altro eroico caduto del 4° reggimento.
Per la campagna di Russia furono decorati di medaglia d’oro gli stendardi di tutti i reggimenti d’artiglieria alpina che
vi parteciparono: il 2°, il 3° e il 4°; medaglie d’oro individuali — tutte alla memoria— furono conferite a cinque
caduti del 2° Reggimento, tre ad altrettanti valorosi del 3° Reggimento, e tre del 4° Reggimento.
Alle operazioni in Montenegro e in Croazia partecipò con la Divisione «Alpi Graie» — il 6° Reggimento d’artiglieria
alpina formato dai Gruppi «Val Chisone», «Val d’Orco» e «Val d’Adige»; il Gruppo «Val Isonzo», del 3°, era in Montenegro
fin dal luglio del 1941; il 1° Reggimento (Gruppi «Susa» e «Aosta») giunse con la «Taurinense» a Ragusa nel gennaio
1942; il 5° Reggimento (Gruppi «Belluno» e «Lanzo») passò con la «Pusteria» dall’Albania in Montenegro.
Esemplare fu il comportamento dei montagnini anche dall’armistizio del settembre 1943: quelli della Divisione “Alpi
Graie” collaborarono attivamente coi pochi pezzi disponibili a difendere il golfo della Spezia consentendo alla flotta
italiana di non cadere in mano ai tedeschi. In Montenegro la «Taurinense» diede vita — unitamente alla Divisione
«Venezia» — alla leggendaria Divisione «Garibaldi» cui fece parte il Gruppo «Aosta (1° Reggimento d’Artiglieria alpina)
che seppe meritare la Medaglia d’Oro al valore militare per l’eroismo dimostrato dai suoi appartenenti in oltre un anno
di durissime vicissitudini.
Batterie alpine furono impiegate anche nel ricostituito esercito italiano nella conclusiva guerra di Liberazione.
Nel dopoguerra, e precisamente dal 1947, l’Artiglieria Alpina ritornò a chiamarsi «Artiglieria da Montagna».
Dalle velocissime (e naturalmente incomplete) citazioni fatte nel presente articolo, appare evidente di quanta gloria
siano ammantate le bandiere e gli stendardi della nostra artiglieria da montagna e come i suoi Gruppi siano risuonati
temuti dal nemico ed amati dagli amici e soprattutto dai fratelli Alpini; nomi di città, di valli, di piccoli paesi
alpini, e tra essi il bel nome di Conegliano che ricorda la prima brigata del 1° reggimento, sorta nella nostra città
nel lontano 1887 e che continua — onusta di gloriosi ricordi — a perpetuarsi per un fiducioso avvenire.
M. A.
Elementi mobilitati: 13 comandi di raggruppamento, 72 comandi di gruppo, 233 batterie, per un totale di 106.167 uomini.
Morti 4.323 fra i quali 216 ufficiali; feriti 13.642 dei quali 572 ufficiali.
Col di Lana, Monte Rombon, Monte Nero, Freikofel, Cime di Lavaredo, Monte Altissimo, Pal Piccolo, Monte Cauriol, Monte
Pasubio, Passo della Sentinella, Melette, Monte Fior, Tofane, Gorizia, Doberdò, Vodice, Monte Santo, Bainsizza, Monte
Ortigara, Montello, Monte Grappa, Adamello, Campo trincerato di Valona, Fieri, Perat, Val Tamorica, Elbassan, Salonicco,
Tonale, Stelvio, Val Lagarina, Piana della Sernaglia, Trento, Vittorio Veneto.
Dal diario di un Alpino del Golico:
«...ormai la nostra situazione s’è fatta disperata, solo un miracolo potrebbe salvarci e continuiamo a sparare per onore
di penna; ma ecco che il nemico rallenta la pressione, e improvvisamente, tra un frastuono spaventoso, assistiamo al suo
sfacelo. Ma non è un miracolo: è l’artiglieria, la nostra bella, grande artiglieria alpina che ha portato su i pezzi e
ha centrato il bersaglio...».