SIGNORE E SIGNORI |
Agosto 1965 |
La mia città è da qualche tempo invasa da una troupe cinematografica; un’invasione pacifica, cordiale, che sta animando
un po’ la bella e sonnolenta Treviso specie In piazza dei Signori nelle ore in cui il sole picchia ferocemente, e alla
sera lungo i portici che affiancano i canali (nei quali — secondo una contestata letteratura — dovrebbero scorrere «le
chiare, dolci e fresche acque» mentre vi corrono le pantegane sguazzanti nel fango e nelle spazzature).
Lavorano nei film parecchi noti e simpatici attori: Virna Lisi (ricordate la «bocca della verità)»), Gastone Moschin,
Franco Fabrizi Olga Villi, Nora Ricci, Alberto Lionello, Moira Orfei ed altri ancora.
La pellicola in corso di lavorazione è il «Signore e Signori» di Pietro Germi, un regista che ha sempre dato prova di
genuinità artistica e soprattutto di correttezza,
Solo Germi conosce la trama del film (soggettista il trevigiano Vincenzoni), ed anche un suo collaboratore mi ha detto
che non è possibile averne notizia. E fanno bene altrimenti manca la «sorpresa»; ricordo che ai bei tempi in cui anch’io
recitavo ci si rifiutava di «rivelare» persino lo svolgimento e la conclusione di commedie arcinote come L’Avaro di
Molière e La Locandiera di Goldoni.
La mia curiosità per «Signore e Signori» era però dovuta al fatto che le poche indiscrezioni trapelate attraverso i
giornali dicono (e le fotografie mostrano) che c’entrano anche gli Alpini anche se loro li chiamano «ex» alpini. La
pellicola è un vero film corale, girato in mezzo alla gente di Treviso i cui movimenti vengono appena regolati dai «movieri»
del regista, per cui capiterà che uno andrà a vedere il film riscontrandosi « attore» senza saperlo; durante l’ennesima
ripetizione della scena in cui Milena (Virna Lisi) e Sandro (Moschin) attraversano Piazza dei Signori, mi son visto i
due attori quasi precipitarmi addosso mentre passavo sognando la pastasciutta che mi attendeva a casa.
Comunque, a forza di averli d’attorno qualcosa si capisce anche della trama; Milena sarebbe la cassiera di un bar
(proprio l’Astrabar di piazza dei Signori), Sandro (altre volte detto Osvaldo) rappresenterebbe un «ex» ufficiale degli
alpini che di lei si prende la cotta e che soffre di choch a causa di un incidente. La cassiera rivela anche qualità di
veggente e finisce con l’intendersela coll’«ex specie in un ospitale albergo dove l’amico la raggiunge al ritorno da una
«adunata di veci e di bocia» svoltasi alle sorgenti del Gorgazzo. La scena è così descritta (con Milena che aspetta
infilata nel letto): «(il protagonista) entra da una porta secondaria. Ha in testa un cappello di alpino con la piuma
bianca e ha l’aria tipica di chi sta smaltendo una sbornia. Si appoggia barcollante alla specchiera all’angolo e mugola
con un accento veneto:
— Milena?
— Sandro: sei tu?
— Sono un disgraziato, Milena, mi hanno incastrato».
A parte l’errore dei giornalista che chiama piuma quella che è una penna, ho avuto modo di vedere una fotografia del
cappello il quale reca effettivamente la penna bianca da ufficiale superiore (e per di più rovescia) senza gradi e
soprattutto con un fregio che non mi risulta essere quello degli alpini, somigliando piuttosto a quello della Guardia di
Finanza.
E’ quindi da chiedersi come mai IL regista Signor Germi — venuto a girare il suo film a Treviso, città alpina per
tradizione in cui gli alpini son numerosi e senz’altro disposti a dare «una mano» — non abbia creduto d’informarsi
sull’esattezza dell’uniforme alpina e in particolare sul fatto che un alpino (per quanto «ex») non va ad un appuntamento
galante con la sbornia addosso in quanto il vino è il peggiore ostacolo ad un risultato concreto.
A parte ciò, è da credete che il film contenga « numerosi spunti ironici, satira bonaria ma acuta ad un particolare modo
di vivere e pensare della città di provincia e sarebbe pertanto spiacevole se questa satira dovesse pesare
prevalentemente sugli alpini i quali sanno stare allo scherzo purché non giunga lesivo per l’istituzione.
Non dobbiamo però allarmarci troppo: ho avanzato un po’ i miei dubbi perchè mentre Virna Lisi è «la bocca della verità»,
io della verità alpina cerco di essere fedele interprete malgrado la mia «boccaccia».
M. A.