STELLETTE FILANTI A TREVISO |
Aprile 1965 |
Venerdì 26 febbraio — nelle sale di un albergo di Treviso — si è svolta la Festa degli Studenti che era stata annunciata
da un diffusissimo cartellone col quale i cittadini venivano informati che Hitler (sottinteso da una caricatura
contraddistinta da un esclamativo «è lui!») avrebbe reso «omaggio» a Re Carnevale.
Ho potuto ricostruire abbastanza bene la scena del
quartetto comprendente la «reincarnazione» suddetta, esaminando le immagini riprese nel corso di veglione che si
trovavano presso uno studio fotografico affollato di pigolanti fanciulle reduci dalla festa e tutte indaffarate a
scegliere le fotografie da inserire nell’album dei migliori ricordi della propria gioventù; sono riuscito ad
assicurarmene qualcuna (fotografie, non figliole) e di due ne faccio «omaggio» ai miei lettori.
I quattro giovanotti che appaiono nelle fotografie hanno fatto il loro ingresso in passerella tra gli applausi convinti
del fior fiore dell’italica gioventù presente. A prescindere dal fatto che la figura di Hitler è tanto lugubre da non
risultare spiritosa nemmeno come soggette carnevalesco (addirittura coi gradi di capitano italiano e mostrine forse
vere!), lascio ai lettori la considerazione che merita l’uso, in tale occasione, di autentiche divise dell’Esercito
italiano.
Le uniformi vennero «ripulite» dei fregi d’arma,
ma sono rimaste le stellette, simbolo primo — unico e inconfondibile — del nostro Esercito di ieri che è pure quello di
oggi.
Interessantissimo sarebbe poter riportare il testo recitato da quei giovani pensatori e che non può essersi discostato
dai temi che il travestimento fa supporre. Non avranno certo detto che con quelle stellette addosso sono morti un
milione d’italiani, né che quelle divise saranno state di proprietà di qualcuno che non più tornato o di altri che le
avranno conservate a ricordo del dovere compiuto e che, deceduti dopo la guerra, avranno forse creduto che esse
venissero dai vivi destinate a ben altro che farne oggetto di scherno per il carnevale.
Tali considerazioni non provengono da mancanza di «humor» perché proprio noi alpini ricerchiamo sempre il lato buono e
umoristico anche nelle circostanza più difficili e meno liete ma con rispetto sempre dei sentimenti nostri ed altrui.
Il passatempo carnevalesco degli studenti trevigiani mi ha profondamente addolorato anche perchè sono stato un
insegnante e comprendo il disagio che avranno provato i professori nel constatare come i loro allievi vogliono riformare
una delle più gloriose componenti della storia nazionale.
E’ noto che un soldato fa presto a buscarsi un soggiorno in camera di punizione di rigore: basta una mancanza solo un
po’ più grave del solito; e quando entra in cella il militare viene privato delle stellette a testimonianza di quanto
rispetto esse meritino e dell’indegnità del punito a portarle. Anch’io scontai una buona dose di c. p. r. (tra l’altro
per aver organizzato in caserma la festa dei congedanti che si tramutò in un macello di «gamei») ma le stellette non
riuscirono a levarmele tanto ci tenevo a conservarle al bavero.
Pochi anni prima avevo dovuto abbandonare gli studi e la cosa proprio perchè mi volevano far indossare una divisa che
non recava le stellette del nostro esercito, ma che mi poneva anzi contro di esse. Avevo diciotto anni, compiuti proprio
il giorno in cui decretarono la condanna alla fucilazione per chi, come me, non voleva subire l’imposizione di
oltraggiare le stellette e quanto esse significavano; avevo quindi l’età e l’energia che quei giovanotti impiegano per
baloccarsi con le medesime stellette ora tramutate in stelle filanti per il loro carnevale.
Sto tirando il discorso verso la mia persona non perchè io abbia fatto molto per far risplendere di gloria quelle
stellette, ma per poter esprimere un personale giudizio che la libertà mi consente nell’ambito strettamente individuale.
Del fatto di cui sopra posso però solo dire: non
mi piace; e anche senza punto esclamativo, e pur arrischiando una denuncia per incauto giudizio di una manifestazione
«artistica» cui non ebbi a partecipare personalmente.
Già che sto arrischiando dirò che Treviso — la mia bella e amata città natìa — Sentinella avanzata della «15-18» e
decorata di Medaglia d’Oro al valore militare, non poteva iniziare peggio di così le commemorazioni del Cinquantenario
dell’ultima guerra per l’indipendenza nazionale.
Se qualcuno mi giudica reo di insane velleità patriottiche e colpevole di vilipendio a Re Carnevale, mi farò un nuovo
periodo di c.p.r.: ma con le stellette addosso.
M. ALTARUI