COSCIENTI OBIEZIONI AGLI OBIETTORI DI COSCIENZA |
Febbraio 1966 |
Agli obiettori di coscienza ho spesso dedicato qualche
riga; aggiungerò che ho tentato molte volte di capirli ma ho sempre cozzato contro il più semplice interrogativo che
ogni decente cittadino possa rivolgersi: «Se tutti facessero così?».
I cristiani fasulli scelgono ed approvano uno o i pochi comandamenti divini che fanno comodo (magari perchè non sono più
in grado di trasgredire quelli che dicono di accettare) e considerano gli altri un’ingiusta limitazione o una
inammissibile pretesa.
Ugualmente i cittadini fasulli selezionano gli articoli della Costituzione: si soffermano dove i diritti individuali
vengono elencati ed assicurati, ma appena inciampano su qualcosa che viene loro
chiesto allora... obiettano ma se si limitassero a brontolare e poi ad obbedire, il male sarebbe ancora poco.
Io ho ricevuto in questi giorni la «cartella delle tasse»: una costituzionalissima stangata che mi ha però autorizzato -
in base all’art. 53 della Costituzione - ad augurare un grappolo di emorroidi a quanti non vogliono capire che io
guadagno la metà di chi paga metà tasse di me.
Ben proporzionate emorroidi io di cuore auguro anche ai «furbi» obiettori fiscali totali o parziali perchè, se si va
all’inferno anche trasgredendo un solo comandamento, si è dei pessimi cittadini anche trasgredendo un solo articolo
della Costituzione.
Io le pagherò le mie tasse, come mi son fatta la naja: senza ballare di gioia, ma doverosamente.
Gli obiettori al servizio militare non vogliono invece pagare affatto (come assai probabilmente sono abituati con le
tasse) e quasi pretendono una luccicante decorazione… al valore militare.
E’ tutta questione di egoismo.
L’egoismo, che cova in ogni individuo, si ribella ad ogni sforzo richiesto per il bene comune, per cui non son valide le
scuse e le «obiezioni» per rigettare il proprio dovere: l’unico motivo è dato dalla viltà dettata dall’egoismo.
Le prove di vigliaccheria son divenute tanto dominanti che le si vuol passare per virtù: una viltà nella viltà che sta
corrodendo ogni senso del dovere con una paurosa progressione geometrica.
Pei questo i costumi morali si dissolvono, i sentimenti familiari si annullano, i doveri nazionali intristiscono: è la
bandiera dell’egoismo che sventola. Son anzi tante individuali bandierine poiché esse non sono fungibili da divenire una
idea sola, ma cozzerebbero le mie contro le altre appena venissero ammainate le restanti poche insegne dell’onore e del
dovere.
In questi tempi. in cui si parla assai di socialità, di comunità, di cooperazione, quanti son quelli che vogliono dare
più che pretendere?
Si vogliono le scuole, ma s’insegna ai figli il dovere di frequentarle proficuamente?
Si vogliono 1e realizzazioni pubbliche, ma chi non cerca di evitare il dovere fiscale?
Si vuole assicurata la sicurezza economica, ma chi la vuole conseguire solo con il proprio lavoro?
Si vuole la sicurezza materiale e l’indipendenza, ma perchè non tutti vogliono sentirsi coautori di questa sicurezza
interna ed internazionale?
L’obiezione al dovere di servire con le armi la Patria, vale a dire la comunità nazionale, non è che un aspetto di
questo diffuso malcostume. Vi sono principalmente interessate due categorie: coloro che cercano di evitare la naja e
quelli che si sentono la vocazione dei riformatori alla ricerca di facili entusiasmi.
Recenti protagonisti della prima categoria furono una ventina di obiettori che inscenarono a Roma uno sciopero della
fame nei giardini di piazza Risorgimento; erano guidati da un giovane architetto a sua volta guidato dalla moglie, e
sono stati sfottuti da quattro giovani che, da poco terminato il servizio di leva, si son messi a mangiare e a bere
allegramente ed abbondantemente proprio sotto gli occhi dei digiunatori. Poi l’architetto obiettore è partito per il «Car»
e i suoi seguaci ritennero più consigliabile andarsene a mangiare.
Nel carcere di forte Boccea c’è un altro laureato che ebbe la sfrontata idea di scrivere addirittura al Papa
rimproverandolo di aver detto parole di approvazione circa il servizio militare; non è però in prigione per questo, ma
perché - dopo tredici mesi e mezzo di naja e quindi alla vigilia del congedo - s’è presentato a1 colonnello e,
restituendogli la divisa, ebbe a dire: «Sono un obiettore di coscienza; non posso prestare il servizio militare».
E’ di questo mese di febbraio il fatto non meno inammissibile di un sottotenente di artiglieria, studente universitario
e figlio del preside di una scuola di Firenze, che a pochi giorni dal congedo è stato attaccato dal virus dell’obiezione
per cui si presentò ai superiori in abiti civili affermando che la sua crisi di coscienza gli impediva di vestire
ulteriormente la divisa.
Tra quelli che vanno alla ricerca di una discutibile popolarità ci sono purtroppo alcuni preti «impegnati»: impegnati a
recare disdoro alla Chiesa e rottura di scatole alle autorità civili. Son quelli che vogliono trovare errori sia nel
Vangelo che nella Costituzione.
C’è stato il caso di Padre Ernesto Balducci che, per difendere gli obiettori di coscienza ed esaltarne la sporca
coscienza, si ebbe una condanna dal Tribunale penale di Firenze.
Ciò non ha impedito - e forse è anzi stato determinante - che la Rai TV incaricasse proprio Padre Balducci a svolgere la
settimanale rubrica televisiva «Tempo dello spirito» cui mi guarderò bene di assistere.
Più recente ancora è la vomitatura di don Lorenzo Milani il quale trova addirittura incostituzionale il servizio
militare proprio in base alla Costituzione.
La libertà (che don Milani non ha certamente contribuito a raggiungere perchè è stata conquistata da gente che teneva il
fucile in mano) consente anche a questo sacerdote sbagliato di dire delle fesserie; ma egli non è autorizzato ad
insegnare ai giovani come ha fatto, e scrivendo (proprio nel giornale di un partito decisamente incompatibile con la
religione) che continuerà a farlo.
A don Milani - autore del bestseller per obiettori «Il diritto di non ubbidire» - non va a genio che i Cappellani
militari abbiano votato un ordine del giorno col quale, praticamente, difendono la memoria dei Caduti e il rispetto che
merita chi è chiamato a servire la Patria.
Don Milani è stato assolto nel processo di primo grado, ma ricomparirà in tribunale; e io - come cattolico oltre che
come cittadino - gli auguro un’esemplare condanna anche perchè potrà in tal modo aspirare ad avere un posto alla tv, a
fianco di don Balducci.
Il male seminato da don Milani comincia già a dare i suoi frutti velenosi.
Un prete amico del Balducci e dello stesso Milani - don Luigi Rosadoni anch’egli fiorentino - ha favorevolmente
predicato sull’obiezione di coscienza addirittura in chiesa, passando poi la parola ad uno studente universitario il
quale, ricordando i trenta obiettori attualmente in attesa di giudizio, affermò che «in caso di guerra, noi tutti
dovremmo fare come loro».
Ho accennato brevemente a questi tre esempi che puzzano di reato e di peccato per farli subito dimenticare con quanto
Sua Santità Paolo VI ebbe a dire, nello scorso aprile, ad un gruppo di ufficiali e di soldati di una nazione europea:
«La vocazione del soldato - ciascuno lo sa - è per definizione una vocazione di servizio; ed il centurione del Vangelo
prova che non v’è incompatibilità tra le esigenze della disciplina militare e quelle della fede, tra l’ideale del
soldato e quello del credente»
« Realizzare la sintesi armoniosa di questo doppio ideale, deve essere l’ambizione del cristiano che è chiamato - per
scelta personale o per obbedienza alle leggi - ad indossare l’uniforme e a consacrare una parte delle sue energie ad
attività d’ordine militare».
Giovanni XXIII ha vestito la divisa militare senza avanzare infondati scrupoli religiosi, e molti altri esempi ci
vengono dati da altri Papi: dal troppo facilmente dimenticato Pio XII che veramente seppe senz’armi (e senza benedire le
armi) combattere la Sua durissima guerra, ai non pochi Papi che brandirono la spada per combattere in guerre che erano o
che solo parevano giuste.
Io, e tutti i miei lettori alpini, siamo in testa nell’aborrire la guerra, ma quando viene la grandine non si può
pretendere che le sia vietato di cadere nella nostra vigna.
In agosto dello scorso anno c’è stato una specie di convegno di «obiettori» a Signa, in Toscana; era organizzato dalla
«War Resisters International» (associazione internazionale dei resistenti alla guerra, con sede a Londra) in
collaborazione con il «movimento non violento per la pace» la cui direzione è a Perugia.
Più che convegno o congresso, chiamarono la riunione con la denominazione di «campo di lavoro» anche perchè, forse per
far constatare l’utilità degli obiettori anche in altri campi, i partecipanti eseguivano (per cinque ore al giorno)
opere di sterro e costruzione di fondazioni e lavori di miglioramento negli edifici del non meglio identificato
«villaggio scolastico artigiano» che li ospitava. Ho pure saputo che «Tre ore di studio quotidiane saranno dedicate
all’analisi delle diverse legislazioni sull’obiezione di coscienza, per la messa a punto di un materiale aggiornato e
valido da servire in vista dell’approvazione, anche in Italia, di una legge per gli obiettori di coscienza. Verrà fatto
anche un esame delle attività per la pace nei vari paesi, e uno studio sulle possibilità di difesa non violenta di uno
Stato in caso di guerra».
Dopo la conclusione di questo «campo di lavoro» mi attendevo di sentire i promessi clamorosi risultati che
gl’intervenuti preannunciavano e che speravo particolarmente validi dal momento che la riunione era quasi un’assemblea
dell’ONU in tono minore; oltre che da italiani (notare la «i» minuscola) i cinquanta obiettori provenivano dalla
Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Danimarca, Svezia, Spagna, India, Stati Uniti, eccetera (ma come son
belle le vacanze in Italia!).
Io speravo che risolvessero almeno una delle tante guerre che più o meno apertamente continuano ad insanguinare il
inondo; che almeno trovassero la soluzione per la guerricciola (piccola ma schifosa) che persiste in Alto Adige, in modo
da vedere allegramente soddisfatti i pochi inquieti «tirolesi austriaci» ed altrettanto allegramente tornare a casa o in
quieti presidi i carabinieri, gli alpini e gli altri nostri soldati mandati lassù a far la parte delle quaglie al
bersaglio.
Nulla di tutto questo ha saputo risolvere quella piccola assemblea comunitaria internazionale dell’integrale disarmo.
L’unica cosa utile saranno stati i lavori di sterro e di miglioramento degli edifici di chi li ospitò: un lavoro di
quattordici giorni, di cinquanta giovani e per cinque ore al giorno, deve aver prodotto qualcosa. Ebbene, io vorrei
immaginare un solo ubriaco entrare in quella quiete operosa e cominciare a buttare all’aria ogni cosa, rovinando il
lavoro degli obiettori e quello ch’era prima stato fatto magari da generazioni passate.
Un solo ubriaco; e i cinquanta lavoratori della pace che lo lasciassero fare finché si fosse stufato di rovinare il
villaggio passando a rompere la testa a chi voleva rimediare alla distruzione.
Ve la immaginate la scena? O non immaginate quella più probabile che gli attrezzi di sterro si sarebbero trasformati in
altrettanti mezzi di difesa contro l’ubriaco?
Forse avrebbero prima chiamato in aiuto qualcuno da fuori, sentendosi magari rispondere: «Noi siamo obiettori, come voi;
come pretendete che ce la vediamo noi con il solo ubriaco che - in cinquanta - non volete buttar fuori con le vostre
mani?».
Agli animali la natura ha dato un rostro, o gli artigli, o i denti per difendersi e per aggredire; a pochi ha lasciato
la sola possibilità di difendersi con una pelle cangiante di colore da mimetizzarli o una corazza in cui rinchiudersi; e
già quest’ultima è la prova che esistono esseri pronti ad aggredire.
Noi uomini siamo esseri animali che non possiamo sottrarci alle leggi della natura ma solo più intelligentemente
seguirle; ma intanto - da sempre - siamo assai più cattivi delle bestie nell’usare le nostre unghie come le nostre
bombe.
Quasi tutti sogniamo la pace, ed è nostro dovere di figli di Dio quello di sopportare il primo schiaffo: si potrà anche
porgere l’altra guancia, ma quando hai finito le guance e l’aggressore vuol continuare a colpire?
Mi fate una pena infinita, obiettori di coscienza. Anche in Cielo un Angelo divenne Lucifero ed ebbe molti seguaci; come
potete pretendere che tutti i diavoli che ci sono in terra possa diventare Angeli?
Dio è contro la guerra e contro chi ingiustamente la provoca: ma è con i Soldati. «Cristo con gli Alpini» ha scritto Don
Carlo Gnocchi; don Balducci, don Rosadoni e don Milani non potranno mai scrivere - né convincere - che Cristo è con gli
obiettori di coscienza.
M.ALTARUI