IN FRANCHIGIA |
Agosto 1966 |
La presa di Gorizia
Egregio Direttore, c’è stata un po’ di discussione tra amici sulla quantità delle perdite in occasione della presa di
Gorizia, di cui ricorre il cinquantesimo anniversario; ha lei qualche notizia sicura?
R.G. – Pianzano
La conquista di Gorizia ricorre infatti il 9 agosto e venne conseguita malgrado gli scarsi mezzi balistici in dotazione
alle nostre truppe. Le perdite furono conseguentemente assai gravi in quanto i caduti, i feriti e i prigionieri furono
complessivamente 51.234 di cui 1.759 ufficiali; gli austriaci fuori combattimento furono 40.147 tra i quali 862
ufficiali.
I risultati strategici furono decisamente negativi in quanto il fronte si spostò da circa un chilometro davanti a
Gorizia a tre o quattro chilometri oltre la città, attestandosi di fronte alla catena dei monti Ruk, Vodice, Monte
Santo, Monte S. Michele, Monte S. Marco, Vertoiba, Veliki Kribach, dosso Fàiti, Pecinka.
E’ quindi stata una vittoria morale più che pratica; di particolare rilievo tattico fu lo spostamento dal fronte
trentino all’Isonzo - eseguito velocemente e all’insaputa del nemico - di 6.825 ufficiali, 295.959 soldati, 57.134
quadrupedi e 9.810 carri.
Quest’ultima grande operazione ha però determinato la prematura interruzione delle operazioni sulle Alpi, lasciando i
battaglioni della 1° Armata lungo una linea incerta e pericolosa. Si verificò pertanto un indebolimento sensibilissimo
della frontiera strategica fra l’Adige e il Brenta, e la minaccia del cuneo trentino divenne più grave pesando poi su
tutte le vicende successive.
L’ostilità con la Germania
Con un mio parente che ha fatto la Grande Guerra abbiamo discusso su
quando è cominciata la guerra contro la Germania; io dico che fu nel 1915 insieme con l’Austria mentre altri dicono che
fu solo più tardi. M. E. - Codogné
Le relazioni diplomatiche con la Germania cessarono il 24 maggio 1915 ma la dichiarazione di guerra avvenne
effettivamente quindici mesi dopo, quando il nostro ambasciatore a Berna presentò il 27 agosto 1916 al Ministro svizzero
per gli affari esteri la nota con la quale l’Italia si considerava in stato di guerra con la Germania dal successivo
giorno 28 agosto.
Alpini (e cani) al Polo
Su Fiamme Verdi non è stato nemmeno accennato alla partecipazione del battaglione alpino Susa alle manovre della Nato
a Bardufoss in Norvegia; e sì che tutti i giornali ne hanno parlato diffusamente e con ammirazione.
G. T. - Treviso
Ne ha parlato con la meritata ampiezza anche il giornale «L’Alpino» e quindi (lo ripetiamo) abbiamo voluto evitare
duplicazioni, anche se sarebbe piaciuto anche a noi scrivere il nostro applauso per i baldi alpini che, oltre ad aver
partecipato alle importanti manovre invernali e aver vinto una gara di fondo contro quaranta squadre internazionali,
hanno pure salvato la famiglia del medico di un villaggio che era rimasta bloccata in casa a causa di un incendio.
Ci eravamo documentati persino su un episodio un po’ commovente di cui è stato protagonista Bobo, «mascotte» del
battaglione.
Bobo (che è un cane) non seppe resistere a seguire i suoi alpini, e si presentò puntuale all’aeroporto di Cameri dai
quale gli aerei dovevano decollare per la Norvegia; giunse a Bardufoss ma le autorità norvegesi lo misero in quarantena
a causa delle leggi sulla immigrazione animale. Purtroppo, quando la quarantena ebbe termine erano finite anche le
manovre alle quali Bobo - cane alpino - non poté partecipare.
Questo episodio ci offre l’occasione per ricordare un fatto accaduto un secolo e mezzo fa e che pure ha quale
protagonista un umile cane da naja.
Quasi tutti sanno che nella grande armata di Napoleone militarono numerosi italiani i quali si distinsero valorosamente
nella guerra contro la Russia. Quando i resti dell’armata si ritirarono da Mosca divorata dagli incendi, gl’italiani
sostennero duri combattimenti sul fiume Beresina che venne attraversato tra il 26 e il 28 novembre 1812; e cadde anche
un soldato che da Milano alla Russia era stato seguito dal suo cane fedele.
La povera bestia non trovò più il suo amato soldato, e ritornò dalla Russia a Milano cercandolo disperatamente; cercò
per tutta la caserma, andò alla garitta dove il suo soldato era spesso di guardia, girò affannosamente per le camerate e
infine capì che il padrone non sarebbe più tornato. Allora si accucciò sotto la branda ormai vuota, e morì di dolore.