L’Aeronautica sul Montello |
Dicembre 1966 |
L’esercito italiano fu il primo ad impiegare l’aereo in azioni belliche, e ciò avvenne in occasione della guerra di
Libia con l’arrivo a Tripoli (a mezzo nave, il 20 ottobre 1911) di sei aeroplani. I primi voli furono quelli effettuati
due giorni dopo: al mattino dal capitano pilota Piazza con un « Blériot» e, nel pomeriggio, dal capitano Moizo su un
«Niuport».
Le azioni di «bombardamento» erano limitate al lancio di qualche bomba a mano, ma pochi anni dopo - allo scoppio della
guerra mondiale - l’arma aeronautica si fece più perfetta e micidiale.
Venezia, Padova e Verona vennero ripetutamente bombardate; oltre millecinquecento bombe vennero lanciate su Treviso la
quale assunse la triste notorietà che doveva ripetersi, in maniera ancor più tragica, nella seconda guerra mondiale.
Dopo Caporetto vennero potenziati due aeroporti alla periferia di a S. Pelaio e a S. Cristina di Quinto sul Sue (più
esattamente in località S. Bernardino) ove aveva sede la 91a Squadriglia di Francesco Baracca.
I piloti provenivano da vari corpi dell’esercito (l’Aeronautica Militare nacque infatti solo più tardi nel 1923), ed
erano prevalentemente ufficiali di cavalleria, ma anche
le altre armi - alpini compresi - erano largamente rappresentate.
Le battaglie aeree si intensificarono specialmente dopo la ritirata sul Piave, mentre all’inizio della guerra gli
aeroplani erano principalmente adibiti all’osservazione e al bombardamento.
Famosa è rimasta la battaglia svolta sul cielo di Treviso il 26 dicembre 1917, quando trenta aerei da bombardamento
nemici, scortati da cinquanta caccia, vennero prontamente affrontati da quindici caccia italiani e quattro inglesi.
Nessun nostro aereo venne abbattuto; caddero invece in fiamme undici aeroplani avversari, nove dei quali sotto i colpi
dei piloti italiani.
L’azione dei nostri cacciatori alati fu sempre intensa e spericolata; ne fu esempio Giannino Ancilotto che nel gennaio
del 1918 si buttò addosso a un imprendibile pallone osservatore (noto come «il drago di Rustigné», in frazione di Oderzo
di Treviso) trapassandolo e provocandone l’immediato incendio.
Nel cielo di Conegliano, Cabruna attaccò da solo undici aerei nemici (tra i quali tre dipinti di rosso, segno distintivo
dei migliori piloti avversari) abbattendo il capopattuglia.
Durante la battaglia del Piave l’aviazione aumentò il suo apporto notevolissimo con azioni di bombardamento e
mitragliamento nella zona dei ponti, ostacolando il rifornimento di viveri e munizioni al nemico, eseguendo migliaia di
fotografie degli obiettivi bellici, battendosi con gli aerei avversari in una lotta accanita.
Nel corso della battaglia la nostra aviazione lanciò 70.000 tonnellate di bombe, e furono abbattuti 107 velivoli nemici
contro nove italiani.
L’eroe che riassume le gesta dei nostri aviatori è Francesco Baracca, maggiore di cavalleria nato a Lugo di Romagna e
caduto - a trent’anni - sull’insanguinato Montello.
Decorato di tre medaglie d’argento, dell’onorificenza di ufficiale dell’ordine militare, promosso maggiore per i suoi
eccezionali meriti di guerra, decorato di medaglia d’oro dopo la trentesima vittoria; aveva conseguito la 34 vittoria il
19 Giugno 1918 abbattendo due aerei dopo un durissimo combattimento contro un intero pattuglione di cacciatori avversari
incontrato tra il Montello e le Grave di Papadopoli. Quel giorno Baracca giunse faticosamente all’aeroporto di Treviso
con le ali e la fusoliera sbrindellate dai colpi, uno dei quali gli aveva persino bruciacchiato il colletto; ripartì per
il Montello dopo pochi minuti.
Videro Baracca mitragliare il nemico volando insistentemente a meno di duecento metri d’altezza, fino a che scomparve
mentre il sole tramontava.
I resti dell’aereo vennero ritrovati cinque giorni dopo, in un avvallamento chiamato «busa delle rane», a poca distanza
dalle rovine dell’abbazia di Nervesa; il generoso pilota vi giaceva vicino, con un foro di pallottola in fronte.
La salma di Baracca venne portata a Quinto di Treviso dove si svolsero i funerali con la commemorazione tenuta da
Gabriele D’Annunzio; la bara proseguì poi per il natio paese di Lugo di Romagna ove le esequie si conclusero alla
presenza del duca d Aosta.
Sul Montello è sorto – dono dei genitori dell’Eroe - un tempietto che costituisce il primo monumento e sacrario
dell’aviazione italiana; vi si legge, semplicemente,
QUI’ CADDE IL MAGGIORE FRANCESCO BARACCA IL XIX GIUGNO MCMXVIII.
Questo sacello, notissimo alla maggior parte degli italiani e sicuramente noto a tutti i piloti e a tutti i trevigiani,
è stato eretto presso il vallone delle Fontanelle, in località Castelviero, ma non è esattamente il luogo in cui è
caduto Baracca; egli cadde infatti nella Busa delle Rane, nei pressi di Bavaria, a pur breve distanza da quella più
«panoramica» su cui sorge il tempietto.
Ad ogni modo, tutto il Montello ricorda Francesco Baracca, come testimonia - anche attraverso i tanti sacrari, i
cimiteri militari, l’imponente ossario, i cippi e le infinite ricordanze - il sacrificio e l’eroismo del nostro
Esercito.
In occasione della nostra Adunata nazionale, indetta per commemorare la resistenza tra Grappa e Piave - e che ebbe come
cardine il Montello - renderemo omaggio all’Aeronautica nel nome di Francesco Baracca «cavaliere dell’ideale», e ancora
sentiremo - come disse D’Annunzio - che tutte le campane del Montello si mettono a sonare «senza esser da alcun tirate»,
come quelle di Trevigi nel tempo di Dante.
Le tirano i Morti.
A Biadene, a Ciano, a Volpago, a Montebelluna le tirano i Morti.
A Caonada, a Bavaria, a Giavera, a Selva, a Nervesa le tirano i Morti.
Suonano a distesa tutte, Diventano di fuoco; s’infiammano come l’oriente; rosseggiano come l’aurora. Rombano alla
sommità del Cielo, al vertice della Patria, all’apice dello Spirito.
E le ali di Francesco Baracca riardono con esse.