LE ALTERNATIVE DELLA COSCIENZA


Aprile 1966

Per l’articolo pubblicato nel precedente numero di Fiamme Verdi mi attendevo qualche contestazione dai sostenitori dell’obiezione di coscienza, e mi sono invece giunte numerose lettere di consenso tra cui quella di un eroico frate che ha visto morire - in quattro guerre - tanti nostri Soldati.
Qualcuno dirà che non poteva giungermi contrarietà alcuna dal momento che i lettori di questo giornale son tutti già convinti delle cose che ebbi a scrivere, ma ciò non è affatto vero in quanto il nostro giornale va in mano anche a gente che la pensa diversamente.
Qualche voce contraria sono andato a risentirmela sfogliando la cronaca dei giornali degli ultimi tempi, i quali hanno anche riassunto la storia dell’obiezione di coscienza degli ultimi (e unici) vent’anni.
M’è caduta sott’occhio anche una fotografia che rappresenta tre obiettori condotti in tribunale con le manette ai polsi: la qual circostanza non piace nemmeno a me - anche se i regolamenti lo esigono - malgrado l’antipatia che sento per questi giovani spiritualmente e socialmente immaturi.
La lettura delle vicende degli obiettori, delle loro affermazioni e di quelle dei loro sostenitori, non mi ha portato a modificare la convinzione che un semplice soldatino vale più di tutti gli obiettori del mondo messi insieme, siano essi anarchici, testimoni di Geova, anabattisti, valdesi, mennoniti, quaccheri o cattolici. Duole soprattutto che quest’ultimi (pochi, per fortuna della Chiesa) vogliano addirittura travisare le leggi divine con una interpretazione astratta che ripudia il contenuto strettamente sociale che delle stesse leggi han dato anche le più recenti interpretazioni ecumeniche.
Non vale spendere spazio per elencare le origini diverse e i fini talvolta contrastanti di questa opposizione al servizio militare; anche più inopportuno è riportare le affermazioni fornite al processo da alcuni obiettori e che costituiscono delle vere bestemmie che - come cattolico - mi vergognerei di pubblicare su questo foglio.
Ai cernitori delle Sacre Scritture, che vogliono dimenticare quanto in esse ricorra il concetto di obbedienza, vorrei ricordare l’esempio di Abramo che era pronto a sacrificare il figlio Isacco solo per obbedienza. Mi si obietterà che tra l’obbedienza a Dio e l’obbedienza alla Patria la distanza è infinita, ma essa è invece molto più accostata di quanto possa apparire poiché bisognerebbe ritenere ancor più discutibile il dovere di obbedienza anche al padre e ad ogni altra autorità.
Si tratta sempre di obbedienza, egregi obiettori a tutti i livelli, e il Soldato è nello stesso tempo Abramo e Isacco.
Come Abramo - che con orrore e intima ribellione si accingeva a scannare il figlio - il vero Soldato ripudia la guerra, ma antepone a questa sua ribellione interiore il dovere dell’obbedienza ad una società organizzata i cui capi saranno eventualmente responsabili anzitutto verso Dio; quanto alla loro responsabilità verso gli Uomini non è errato ricordare che ogni popolo ha i capi che si merita e che se questi sono indegni la colpa è ancora degli obiettori di coscienza. Un breve esame della storia - anche recente e italiana - può convincere chiunque.
Ho detto che il Soldato è nel contempo anche l’innocente Isacco prescelto - da una superiore Volontà - quale vittima per il sacrificio. In tutto questo sta la mistica del Soldato, o invertebrati obiettori, e lo sarà sempre anche se otterrete il riconoscimento ufficiale della vostra immaturità sociale della quale - badate bene - dovrete soprattutto rispondere a Dio.
Se gli obiettori riusciranno a vincere (e chi bara vince quasi sempre) sarà principalmente per merito di coloro che obiettori non sono; perchè il regime di libertà, cui è possibile ottenere anche ciò che è più comodo che giusto, è
garantito dalle armi che i nostri giovani Soldati e che impugneremo noi se verremo chiamati.
A noi basterebbe che gli obiettori di coscienza venissero esentati dal servizio militare non per accettazione della loro blasfema e antisociale fissazione, ma solo come nuovo motivo di disfunzione psichica: le malattie mentali non consentono l’idoneità al servizio militare; gli obiettori vengano quindi esentati per fannullaggine spirituale o equivalente diagnosi psichiatrica.
Siano considerati dei malati; e - non avendoli in mezzo - la salute dell’Esercito ne trarrà giovamento.
Ma issarli sul palco della vittoria coll’affermare legalmente che il rifiuto alle armi rappresenta l’esatta interpretazione del dovere civile e religioso, significherebbe bollare come farabutti tutti noi.
Pazienza, per noi vivi; ma con i Morti - con i Morti di ogni guerra e di ogni nazione - come la mettiamo?
L’argomento non ha alternativa alcuna.
O sono spiritualmente immaturi coloro che credono giusto ribellarsi al più duro (e quindi più meritorio) dei doveri sociali, o sono rei del più grave peccato contro Dio e l’Umanità coloro che antepongono il dovere al proprio interesse e alle proprie convinzioni.
Altro che rispetto e suffragio meriterebbero i Caduti!
Dovrei cominciare io. Andando all’Ossario di Redipuglia a disperdere i resti del fratello di mia madre nella pietraia del Carso che lo vide morire a diciott’anni; passando all’Ossario di Fagarè per buttare nelle acque del Piave i resti di chi porta il mio nome e che morì combattendo per contribuire a contenere l’invasione nemica; dovrei recarmi alla tomba di mio Padre rimproverandogli di aver bagnato col suo sangue le porte di Gorizia arrischiando di morire lui e di non lasciar nascere me.
Tutto ciò dovrei fare, maledicendo.
Ma non lo farò, obiettori: o la vostra coscienza è malata e allora vi auguro di guarire; o la vostra coscienza è bugiarda e allora ci sputo dentro.

M. ALTARUI