RADUNI TRIVENETI |
TRENTO 1966 |
Giugno 1966 |
Riportiamo le motivazioni delle Medaglie d’Oro al valore militare conferite alla memoria dei Martiri immolatisi al
Castello del Buonconsiglio e a ricordo dei quali è stato indetto il 7° Raduno Alpino Triveneto.
MEDAGLIA D’ORO
CESARE BATTISTI:
Esempio costante di fulgido valore militare, il 10 luglio 1916, dopo aver condotto all’attacco, con mirabile slancio, la
propria compagnia, sopraffatto dal nemico soverchiante, resistette, con pochi alpini, fino all’estremo, finché tra
l’incerto tentativo di salvarsi voltando il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il
capestro austriaco con dignità e fierezza, gridando, prima di esalare l’ultimo respiro: «Viva l’Italia !» e infondendo
così, con quel grido e col proprio sacrificio, sante e nuove energie nei combattenti d’Italia.
Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916.
MEDAGLIA D’ORO
FABIO FILZI:
Nato e vissuto in terra italiana irredenta, all’inizio della guerra fuggì l’oppressore, per dare il suo braccio alla
Patria, e, seguendo l’esempio del suo grande maestro, Cesare Battisti, combatté da valoroso durante la vittoriosa
controffensiva in Vallarsa, nel giugno-luglio 1916. Nell’azione per la conquista di Monte Corno, comandò con calma,
fermezza e coraggio, il suo plotone, resistendo fino all’estremo e soccombendo solo quando soverchianti forze nemiche
gli preclusero ogni via di scampo. Fatto prigioniero e riconosciuto, prima di abbandonare i compagni protestò ancora
contro la brutalità austriaca, e col nome d’Italia sulle labbra, affrontò eroicamente il patibolo.
Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916.
MEDAGLIA D’ORO
DAMIANO CHIESA:
Fervente apostolo dell’italianità della sua terra, quando suonò l’ora di affermarla colle armi, tra i primi accorse come
semplice soldato, ed insistentemente sollecitò, finché ottenne l’onore di essere destinato ai reparti più avanzati,
dove rese utilissimi servizi in ardite operazioni ad immediato contatto dell’avversario, incurante della estrema gravità
che avrebbe avuto per lui l’eventuale cattura. Sottotenente in una della batterie più avanzate, allo sferrarsi di un
attacco di soverchianti forze nemiche, pur sapendo che era stato dato l’ordine che egli si fosse ritirato più indietro
in caso di evidente pericolo, volle rimanere al suo posto per sciogliere fino all’ultimo il voto del proprio
patriottismo; ed anche quando, per l’incontenibile appressarsi della travolgente onda avversaria i pezzi furono resi
inservibili per essere abbandonati, volle restare a combattere cercando invano sul campo quella morte che sola ormai
poteva salvarlo dal supremo martirio. Circondato e fatto prigioniero, subì con stoica fermezza i maltrattamenti dei
nemici. Tratto d’innanzi ai giudici, riaffermò solennemente i suoi sentimenti di appassionata italianità, e con
atteggiamento fiero affrontò il supplizio cadendo fucilato col nome d’Italia nelle labbra; fulgido esempio di
patriottico ardore e di insigne eroismo.
Costa Violina (Trento), 15-19 maggio 1916.
Riassumere qui la storia gloriosa del volontariato trentino, le cui origini risalgono ai primi moti del nostro
Risorgimento, è impossibile.
Limitandoci quindi alla Guerra 1915-18, ricordiamo che i volontari trentini che combatterono sui vari fronti furono
circa 1.290, suddivisi come segue: 365 di Trento, 203 di Rovereto, 151 di Cles, 127 di Borgo, 103 di Riva, 96 di Tione,
47 di Cavalese, 45 di Mezzolombardo, 29 di Primiero, 14 dell’Alto Adige e 9 di Cortina.
I mezzi usati dagli irredenti trentini per venire in Italia furono avventurosi e rischiosi, ma noi vogliamo qui
accennare ad uno dei fatti meno conosciuti.
E’ noto che l’Austria aveva cominciato a combattere contro la Russia fin dal 1914 e molti italiani delle terre oppresse
non poterono evitare di venire arruolati, cadendo poi prigionieri dell’esercito zarista. Nel gennaio 1915 lo Zar Nicola
II offrì di inviare in Italia i prigionieri austriaci di nazionalità italiana, e l’offerta venne accolta dai nostro
governo quando sopravvenne la dichiarazione di guerra.
Fino al 1917 giunsero in Italia, dalla Russia per via mare (Arcangelo-Brest) circa seimila di questi prigionieri; quelli
arrivati fino alla primavera del 1916 furono arruolati nell’esercito, ma il nostro Comando Supremo decise di non
accogliere quelli arrivati successivamente per non esporli alla brutalità austriaca in caso di cattura, e ciò a seguito
delle malvagità cui furono sottoposti Battisti, Filzi e Chiesa e che terminarono solo con la morte al patibolo.
Gli stessi fatti fecero decidere anche l’arretramento, dalle prime linee, nei volontari già al fronte; ma l’ordine venne
ripetuto molle volte e ciò dimostra quanto fosse difficile togliere gli irredenti dalla linea di fuoco.
I successivi trasporti di prigionieri di nazionalità italiana vennero ostacolati dal crollo dell’esercito russo, ma
molti irredenti fecero il giro del mondo per poter giungere in Italia per combattere.
Tra gennaio e marzo dei 1918, attraversata la Russia europea ed asiatica, raggiunte le sponde dell’oceano Pacifico e
dopo aver sostato a Nikolski, a Vladivostok e Losagoi, gruppi di ex prigionieri si concentrarono a Tientsin e a Pekino;
2.900 dovettero fermarsi in Estremo Oriente dove formarono il primo e unico reparto dell’esercito italiano, tutto
costituito da irredenti tra i quali cinquecentocinquanta erano trentini non pochi dei quali caddero in battaglia o
vennero feriti.
Un centinaio di quelli giunti a Pekino poterono imbarcarsi su una nave americana, arrivare a S. Francisco, attraversare
l’America fino all’oceano Atlantico, imbarcarsi a New York e arrivare in Italia il 27 giugno.
Tra i 1290 trentini arruolati, i caduti in combattimento furono 96 e i morti per causa di guerra 29; i feriti furono 158
e una ventina i mutilati. Numerose le decorazioni di ogni ordine che seppero meritare sia i morti che i superstiti.
Trascriviamo i nomi di coloro che offrirono la vita, perchè il 7° Raduno Alpino Triveneto del 17 luglio è indetto anche
per ricordare - nel nome di Battisti, di Filzi e di Chiesa - anche il Loro sacrificio.
VOLONTARI TRENTINI CADUTI IN COMBATTIMENTO:
Angheben Giuseppe, Angheben Mario, Andreatta Clemente, Avancini Giulio, Armanelli Anselmo, De Bonetti Arturo, Bontadi
Ivo, Boninsegna Guido, Bonfioli Ezio, Anesi Umberto, Bonenti Leone, Bonazzi Ugo, Bergamo Enrico, Briani Giovanni,
Buccelia Gino, Benvenuti Antonio, Bresciani Nicolò, Benvenuti Ivo, Bernardi Marcello, Bettinazzi Guido, Berti Giovanni,
Bortolotti Andrea, Benetti Ruggero. Bernardi Pierino, Colpi Emilio, Cestari Giovanni, Ciurcentaler Carlo, Costanzi
Giovanni, Cavalieri Gualtiero, Cattoni Umberto, Cortela Teresio, Celognato Emilio, di Castelbarco Visconti Gian Carlo,
Consolini Vittorio, Consolini Riccardo, Conci italo, Degoi Giuseppe, Del Magro Giuseppe, Divina Giovanni, Divina Silvio,
Fanti Armando, Filzi Fausto, Frittoli Amilcare, Garbari Mario, Giuliani Gaetano, de Gasperi Giovanni Battista, de
Gasperi Luigi, Galvagni Remo, Gadotti Romano, Giuliani Augusto, Quella Federico, Lucca Umberto, Lucchi Ottone, Lipella
Giovanni, Lucca Alfonso, Lonardi Alessandro, Manfrini Vittorio, Molinari Vincenzo, Morten Nicola Imeldo, Maestri Tobia
Guglielmo, Moggio Guglielmo, Michelotti Giovanni. Marzani Augusto, Martignoni Cesare, Maddalena Mario, Micheloni Giulio,
Massari Silvano, Oss-Mazzurana Paolo, Oliana Gregorio, Ochner Annibale, Perotti Mario, Pe- tri Guido, Pola Alberto,
Pasolli Giovanni, de Pretto Gino, Pernici Nino, Dalla Preda Giuseppe, Polisseni Mario, Poli Guido, Pizzini Luigi, de
Peisser Ernesto, Riccardi Arnaldo, Rippa Vittorio, Rigatti Augusto, Soini Mario, Spagnolli Giuseppe, Scotoni Pio, Trombi
Egidio, Temani Luigi, Tevini Gerolamo, Vois Silvio, Voltolini Ulisse, Zanoni Guido, Zoppelli Oreste, Zanei Giorgio,
Zuccali Mario.
MORTI PER CAUSE DI GUERRA: Angelini Giuseppe, Bisson Umberto, Bertagnolli Guglielmo, Castelli Guido, Eccher Paolo,
Gangini Giuseppe, Jobstraibizer Roberto, Marchetti Giuseppe, Miatello Attilio, Pedrotti Tomaso, Rondalli Luigi, Sauda
Gino, Stracka Gaspare, Tenuti Augusto, Torelli Carlo, Tait Francesco, Tait Lino, Valentini Eligio, Volpini Giulio,
Valentini Leonello, Bridi Luigi, Bernardi Giuseppe, Marchetti Ignazio, Morandi Dante, Parolari Carlo, Rizzi Floriano,
Sartori Giuseppe, Zanei Anselmo, Zanoni Gregorio.
A seguito dell’apposita riunione dei Capigruppo, svoltasi il 15 maggio per dettare le direttive per la partecipazione
della nostra Sezione al 7° Raduno Alpino Triveneto, è già assicurata la partecipazione di almeno metà degli iscritti.
Riteniamo però che la nostra presenza a Trento sarà ancor più numerosa e che tutta l’organizzazione riuscirà efficiente.
L’unico a brontolare è Mario Altarui perchè - dice - i tanti periodici Convegni dei dirigenti delle sezioni alpine delle
tre Venezie non sono serviti a far capire l’opportunità che le adunate di carattere regionale (per le quali viene dato
incarico di volta in volta da parte dei rappresentanti delle sezioni interessate) abbiano la loro numerazione
progressiva e si chiamino RADUNO ALPINO TRIVENETO (preceduto dal numero!).
Com’è stato invece segnalato sul giornale L’Alpino (e come Altarui dubita che avverrà per la pubblicazione del
manifesto) l’adunata del 17 luglio è stata «battezzata» come segue: «Solenne celebrazione del cinquantesimo anniversario
del sacrificio dei gloriosi Martiri Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa e raduno interregionale della Sezione
Triveneta».
A parte l’interrogativo che sorge spontaneo circa quell’inesistente «Sezione Triveneta», non era forse più confacente la
denominazione «7° RADUNO ALPINO TRIVENETO (e poi) indetto per la celebrazione, ecc., ecc.?».
Forse che chiamandolo (e dài!) 7° Raduno Alpino Triveneto non sarebbe ugualmente intervenuto il Presidente nazionale e
magari mezzo mondo alpino?
Dopo un’analoga omissione per un precedente raduno triveneto, sembrava che il chiarimento fosse entrato nella testa di
tutti...
Invece; invece è stato messo in calendario persino un «raduno interregionale» indetto addirittura da un Gruppo della
provincia di Treviso dipendente da una sezione che non risulta abbia fatto opposizione all’autodisciplina che le sezioni
delle tre Venezie avevano concordato di adottare.
Mica è colpa del giornale nazionale, intendiamoci. L’ALPINO gentilmente pubblica quel che si chiede (ma è provvidenziale
la recente disposizione che le notizie da trasmettere debbano venire firmate dai presidenti di sezione o dall’addetto
sezionale alla stampa), sono però le sezioni che debbono attenersi alle decisioni comuni che hanno ritenuto di stabilire
per un organico e più appropriato andamento regionale.
Questi sono i brontolamenti che Altarui butta qua all’insaputa anche del consiglio direttivo della sua Sezione: quindi
prendetevela con lui.
Lui intanto aggiunge che, dal momento che ognuno fa quel che gli pare, un giorno o l’altro invita due amici alpini
rispettivamente iscritti alle sezioni di Svizzera e di Francia e, con un bel manifesto con su scritto «1° ADUNATA ALPINA
INTERNAZIONALE», si mette a giocare a scopa; giocheranno i due amici venuti dall’estero, perchè lui non sa giocare: sa
solo brontolare!
TRENTO 1966 |
Agosto 2006 |
Circa ventimila Penne Nere sono affluite a Trento per la commemorazione del sacrificio di Cesare Battisti, Fabio Filzi e
Damiano Chiesa.
Oltre milleduecento erano i partecipanti della nostra Sezione (quasi tre quarti della «forza» giunti compatti a Trento
con una lunga serie di autocorriere e guidati dai consiglieri sezionali e dai capigruppo.
Imponente è pure stata la partecipazione delle sezioni all’estero e di tutte le regioni italiane.
Purtroppo è intervenuta una troppo consistente rappresentanza di... Giove Pluvio; la pioggia ha disturbato ma non
impedito l’effettuazione di questo commosso appuntamento con la Fossa dei Martiri.
Non mi è possibile presentare una cronaca del grande raduno perchè proprio alla vigilia ho avuto un incidente di
montagna che mi ha mezzo sfasciato una zampa; io stesso ho dovuto leggermi i quotidiani per sapere qualcosa, e
finalmente L’Alpino per saperne a sufficienza.
Niente cronache quindi. Solo un grazie - sincero ed affettuoso anche a nome mio (qua la mano al «brontolon») - alla
magnifica Sezione di Trento che ha saputo organizzare egregiamente questa adunata che rimarrà senza dubbio
indimenticabile per quanti vi parteciparono.
Uno «strappo» alla regola di non incorrere in ripetizioni con il giornale nazionale L’Alpino, stavolta la faccio:
riportando il testo dell’orazione ufficiale tenuta dall’Avv. Erizzo e che è bene rileggere.
M.A.
Alpini,
la vostra numerosa presenza qui, nonostante l’avversità del tempo, garantisce e dimostra la sincerità dei sentimenti che
oggi vi hanno portato a Trento. Vi sono tra voi gli anziani che si possono idealmente considerare compagni d’arme di
Cesare Battisti, vi sono i giovani che dimostrano di avere raccolto, imparato e serbato nel cuore l’insegnamento che ci
è venuto dai tre grandi Martiri trentini: Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa, che oggi qui ricordiamo e
onoriamo.
Ma oltre che a loro dobbiamo rivolgere un pensiero pieno di gratitudine ai mille Volontari Trentini, ai mille Volontari
Triestini, a tutti gli irredenti che nel momento del bisogno sono accorsi a dare le loro braccia, ad offrire la vita per
la libertà di queste terre. Dobbiamo ricordarli anche perchè quella loro spontanea offerta, in quei giorni lontani e
tremendi, attesta la verità dell’insegnamento che era venuto dai tre che sono gli ideali condottieri di quella grande
legione.
Damiano Chiesa - Fu chiamato il Protomartire Trentino perchè era ili più giovane e perchè su di lui, per primo,
si è abbattuta la vendetta dell’Austria. Pareva che inconsciamente presago della brevità della sua vita, fosse animato
da una particolare fretta, quasi temesse di non fare a tempo a dare, a fare abbastanza per l’Italia.
Fretta di indossare la divisa dell’esercito italiano; fretta di andare al fronte, e per arrivarvi prima assunse per
pochi giorni le umili funzioni di attendente di un ufficiale che, diretto alla prima linea, lo portò con sé.
Questa sua fretta si tramutò in una meravigliosa calma davanti al plotone di esecuzione. Nel tragico silenzio della
Fossa del Castello risuonò, forse involontariamente, la voce di un ufficiale austriaco: «Quel ragazzo sembra molto
calmo». Era infatti molto calmo. Aveva dato tutto quel che poteva, non gli restava più che dare la vita. Aveva una calma
sublime in quell’ora suprema.
Fabio Filzi - La confluenza del sangue materno istriano e del sangue paterno trentino aveva forgiato quella
meravigliosa famiglia che D’Annunzio chiamò: famiglia di leoni. Dei tre fratelli, uno soffrì per l’Italia il carcere
austriaco, un altro accorse a combattere per l’Italia e da combattente italiano cadde sul campo, e Fabio, che idealmente
appare figlio primogenito di Cesare Battisti. Fu ritenuto indegno di vestire la divisa dell’esercito austriaco: questa
sua indegnità gli accordò l’onore di vestire nobilmente la divisa dell’esercito italiano. Ed ebbe la ventura di essere
vicino al suo grande maestro nel pericolo del fronte, nel momento triste della cattura, nell’ora dei vituperi, degli
sputi, delle ignominie quando entrambi, incatenati come due delinquenti venivano portati a Trento, alla morte.
E certamente quando il capestro del boia liberò dalla spoglia mortale di Fabio Filzi la sua grande ma generosa, era ad
accoglierla in un mondo migliore la grande anima generosa di Battisti, che da pochi attimi l’aveva preceduto
nell’aldilà.
E Cesare Battisti: il più grande, il più luminoso di tutti questi Eroi, di tutti questi Martiri.
In lui l’irredentismo non era un semplice slancio romantico; non era neppure soltanto l’anelito di libertà di un’anima
nobile: era una convinzione profonda, nata dalla ricerca e dallo studio. Come colui che per attestare la nobiltà della
sua famiglia, della sua stirpe, ne ricerca le origini e ne studia le vicende, così per tutta la sua vita Battisti ha
cercato nella storia, nella lingua. nelle tradizioni del Trentino, le prove della necessaria italianità di questa terra,
e, non pago di ciò, cercò tali tracce, tali prove, anche nella ossatura delle rocce, nella limpida corrente dei torrenti
e dei fiumi di questa terra che amava.
Così dall’amore per questa sua terra nacque in lui quell’amore per l’Italia che egli testimoniò con la sua morte.
Ma nella vita di Battisti vi è un episodio che a mio avviso appare anche più grande e più nobile che non lo stesso
sacrificio della vita.
Egli per tutta la vita aveva lottato per la libertà del Trentino; l’aveva difesa al Parlamento austriaco, nei suoi
scritti, nei suoi discorsi, sempre. Ma egli sapeva che la libertà della sua terra avrebbe dovuto essere pagata col
prezzo sanguinoso di una guerra. L’imperatore d’Austria aveva detto: «Io, il mio impero, la mia casa dovremo perire,
prima che un lembo del Trentino sia abbandonato». Forse vi era una inconscia profezia in questa frase che Battisti
ricordò quando, in un discorso del 1914, disse: «Sperare che l’Austria graziosamente ceda Trento e Trieste, od anche
soltanto il Trentino, sarebbe come sperare che il lupo diventi protettore dell’agnello ».
Ma quando venne il momento supremo, quando già era scoppiata a Sarajevo la scintilla che doveva incendiare il mondo e
l’urto fra la Serbia e l’Austria stava dilagando in un conflitto mondiale, Cesare Battisti ebbe un attimo di esitazione:
non di paura! L’uomo che ha saputo guardare serenamente la forca che lo attendeva, non poteva esitare od avere paura per
sé, ma la ebbe per la Patria. Quando nell’agosto del 1914 egli varca il confine, ha con sé un messaggio diretto al Re
d’Italia che reca la firma sua, di Larcher e di Pedrotti. In esso ancora si esprime l’anelito per la libertà del
Trentino, ma esso conclude dicendo: «Troppo noi amiamo la Madre comune per chiedere ad essa sacrifici compromettenti il
suo avvenire». Ed in una lettera pubblicata in quei giorni, Battisti riafferma: «Se l’Italia non potrà occuparsi di noi
irredenti, sia: piuttosto che arrecarle rovina noi soffriremo ancora il servaggio ».
Badate bene: per tutta la sua vita egli si era battuto per la libertà di questa terra, ma nel momento in cui l’esercito
italiano, inferiore per numero e per mezzi, stava per affrontare uno dei più potenti eserciti del mondo, egli ha un
attimo di esitazione per la Patria ed è disposto a rinunciare anche al suo ideale purché non ne venga male all’Italia.
Queste parole dovrebbero giungere come un monito rovente - o come uno schiaffo al viso - a certi politicastri che per il
loro interesse non esiterebbero a mandare in malora l’Italia.