ALPINI DI MOTTA |
Febbraio 1967 |
I soci lettori della Sezione di Conegliano mi devono permettere un
piccolo strappo alla regola: di parlare cioè di un gruppo di altra sezione (e precisamente quella di Treviso, che deve
esserne fiera) ma ritengo che l’esempio dato dagli Alpini di Motta di Livenza possa costituire un ottimo indicatore di
quello che è lo spirito alpino.
Il Gruppo A.N.A. di Motta ha una storia recente: costituito nel 1962,
comprende le Penne Nere locali e quelli dei vicini Comuni di Meduna di Livenza, di Gorgo al Monticano, di Chiarano e di
Cessalto.
E’ quella una zona che da buon vino e buona gente, e mi sembrava
perciò impossibile che non vi esistessero alpini.
Ne ebbi la certezza quando - da Bepi Fregonese, «ai due Mori», mentre
mi godevo un’«ombra» - vidi un massiccio cliente con il distintivo dell’A.N.A., di quelli di maggior dimensione; gli
chiesi a quale gruppo appartenesse:
- Grupo «Conejan», 3° Montagna - mi rispose.
- No, replicai, intendo dire a quale gruppo dell’ANA, l’associazione
degli alpini in congedo.
- A nessun grupo, mi rispose; ma gò portà el capel alpin e adesso
porto el distintivo dei alpini.
Mi piacque la conseguenza logica di questo «vecio», e sebbene la sua
imponenza suggerisse opportuna e salutare cautela, gli dissi chiaro e tondo - con un pizzico di apparente provocazione -
che se non era iscritto all’A.N.A. non poteva nemmeno portare il distintivo.
L’occhiata furibonda che dapprima Bruno Zanni mi diede, si trasformò
subitamente in reciproca intesa: le basi del Gruppo erano gettate.
Alla mia perplessità di raggiungere il minimo di dieci soci necessario
per ottenere la costituzione del gruppo, questo monumentale sergente (Grecia e Russia; venne proposto per la medaglia
cl’argento ma la sta ancora aspettando) mi disse convinto: - Semo in pochi ma a suficensa; da la Russia no xe tornà
Olivo Maronese - Madaja d’oro quà da Meduna, anca lù del Grupo «Conejan» - ma ghe xe Isaia Pasianotto (el lo gavesse
visto sul Don col masenàva el granturco par far la polenta!), dopo ghe xe Sante Zaghis (‘n’altra bona schena), Toni
Tonon (a casa gà sempre comandà iù parché el xe el più vecio, ma soto la naja ghe tocàva dir «signorsì» a so fradel
Angelo che géra sergente; a sentirlo parlar de le batalie sul Tomori - lù lo ciàma monte dei Tumori - xe da morir a
pianzar e ridar insieme); e infin ghe xe Gino Citton, altra pansa longa, infermier e salader bon come al pan. Altri xe
Mario Vello, Guerrino Vivan, Gigi Nemoli, Angelo Baseotto, Gigi Moras; ghe xe queli de l’altra guera: Strappazzon e
Quaglia (dò bei maresciali), Morari, Pantarotto e altri ancora.
Poi si seppe che mons. Zornitta (indimenticabile arciprete di Motta)
era stato sergente del 7° sull’Ortigara, e nell’adunata inaugurale benedisse il gagliardetto; anche il notaio, dott.
Bonetti, era alpino e addirittura tenente colonnello.
C’era infine l’ammirabile Renzo Pesce che coordinò con lodevolissima
bravura e dedizione il necessario lavoro per costituire il gruppo; e arrivarono presto anche gli altri e molti giovani:
Antonel, Buosi, Perin, i fratelli Saccaro, Luisetto, De Paoli, i Tauro, Flora, Gava, Lessi, Bortolin, Bon, Baldo,
Meneghini, Visotto, Gaino, De Bortoli, Brunetto, Del Bel Belluz, Visentin, Cavasin, Gerotto, Battistella, Lucchese,
Zanotto, Manfrin, Prosdocimo, Piva, Pivetta, Cavezzan, Furlanetto, Stefenello, Tubia, Biz, Bergamo, Cancian, Florean,
Zaina, Badocco, Andrighetto, Maronese, Biasotto, Bozzetto, Salvador, e altri ancora.
Pensavo a questi miei fraterni amici, ai primi del novembre scorso,
quando le acque del Livenza e del Monticano avevano invaso le loro case, i loro campi, le loro officine artigiane. Tre
quarti dei soci alpini del gruppo ne ebbero danni più o meno gravi; non poche case, sommerse per cinque giorni, sono da
abbattere.
E’ stata una batosta terribile, anche se la solidarietà e gli aiuti
delle autorità e dei privati, e della stessa nostra Associazione, hanno un po’ lenito le gravi ferite.
La sede nazionale ha - con una decisione squisitamente fraterna -
disposto che ai soci colpiti dall’alluvione venga concesso gratuitamente il bollino relativo al tesseramento per il
1967.
Con senso altrettanto squisitamente alpino i soci di Motta guidati dal
capo gruppo Attivo Quaglia che ebbe distrutto il lavoro di decenni di fatiche - hanno rinunciato all’agevolazione
offerta, anche se l’alluvione è stata per le loro famiglie ancor più disastrosa di una guerra. E sono encomiabili le
argomentazioni esposte: dicono infatti che la sede nazionale dell’Associazione ha bisogno del piccolo sacrificio di ogni
alpino, specie quest’anno in cui deve organizzare l’adunata proprio a Treviso; poi c’è la parte di quota che va alla
sezione di Treviso pur essa impegnata, anche finanziariamente, per lo stesso motivo; c’è infine da far funzionare il
gruppo, con le sue attività e iniziative che i soci vogliono unanimemente svolgere e realizzare.
Quindi, tutti pagheranno il tesseramento a quota intera.
Questo è il cuore e la volontà degli alpini di quel Gruppo! E io -
carissime Penne Nere di Molta, Meduna, Gorgo, Cessalto, Chiarano - sono ancor più fiero di essere stato il vostro primo
capo gruppo; e vi sono anche riconoscente perchè col vostro esempio son diventato e sto diventando ancor più fortemente
alpino.
M. ALTARUI