NOTIZIE VARIE |
Ottobre 1967 |
EROISMO DI MERLINI
All’adunata di Treviso — scrive G. L. di Falzè di P. — ho avuto il piacere di stare vicino al
Presidente nazionale magg. Merlini; è veramente un tipo in gamba, sempre sorridente e cui piace stare con gli alpini
anche più modesti. E poi ha anche una medaglia d’argento il che vuoi dire che è un alpino di fegato, e altre
decorazioni. Non potrebbe lei scrivere qualcosa sul nostro presidente e dire dove ha combattuto eccetera?
Boia di un vecio, tu mi metti nei guai col Presidente nazionale; mi limito quindi a scrivere il
minimo che deve essere noto a te e ai nostri lettori.
Il dott. Ugo Merlini, nato a Lecco nel 1919, ha fatto parte del 5° Alpini «Battaglione Morbegno» e,
in meno di una settimana, ha meritato le seguenti decorazioni sul fronte russo:
Medaglia di bronzo al v.m.: «In ambiente di estremo rischio e disagio, accerchiato con pochi
superstiti del suo plotone, riusciva, persistendo in impari lotta, ad aprirsi un varco e a ricongiungersi al grosso
della colonna. Warwarowka - Tschuprinin (fronte russo) 23-24 gennaio 1943»; Medaglia d’argento al v.m. sul campo:
«Ufficiale già distintosi in precedenza, avuto distrutto il suo plotone, chiedeva di partecipare all’assalto al comando
di un reparto di formazione. Con questo attaccava un centro di resistenza nemico che si difendeva con larghissimo
impiego di fuoco. Ferito gravemente, continuava ad incitare i suoi alpini fino al raggiungimento della meta. Fulgido
esempio di ardimento, di abnegazione e di elette qualità militari. Nikolajewka (Russia) 27 gennaio 1943»
Adesso, socio lettore, lasciami andare altrimenti arriva il buon Merlini a tirarme le recie.
E’ deceduto — a Sangallo, l’11 agosto scorso — l’ing. Oscar Gmur, Presidente della Sezione
svizzera dell’A.N.A., che forse non era nemmeno cittadino italiano ma che era sicuramente uno dei migliori italiani che
la nostra Patria potesse avere.
I meriti di Gmur non si possono riassumere in poche parole, anche perchè ci è nota solo in parte
la sua attività di fervente italiano e di esemplare alpino. Lo abbiamo conosciuto a una riunione a Milano in occasione
dell’annuale incontro dei presidenti sezionali e dei responsabili della stampa alpina; ce ne parlò un suo giovane
collaboratore, sollecitato dall’ammirazione che sentivamo per questa magnifica figura di ufficiale superiore alpino, cordiale, che appariva decisamente onesto e sincero anche solo a guardarlo.
Figlio di un cittadino elvetico e di mamma italiana, l’ing. Gmur non era tenuto a servire la
nostra Patria, ma partecipò ugualmente e valorosamente a tutti i conflitti nei quali l’Italia si trovò coinvolta in
mezzo secolo; esempio di amor patrio e di ammirevole alpino, fondò la Sezione A.N.A. della Svizzera dedicando vi ogni
migliore energia.
La dipartita di Oscar Gmur è gravissima per la Sezione consorella ma anche per tutta la nostra
Associazione, e ci sentiamo pertanto tutti uniti nel cordoglio della sua desolata Famiglia.
Abbiamo letto recentemente, su un quotidiano molto importante questa frase, di un critico che va
per la maggiore: «Se Giovanni Zanette voleva rendere agli alpini caduti un doveroso omaggio, con questo libro ha
lasciato per loro un ricordo più bello e più duraturo di qualsiasi monumento di marmo o di bronzo». Siamo perfettamente
d’accordo. Anzi, vorremmo aggiungere da parte nostra che se dovessimo scegliere, fra tutti, due soli libri cui affidare
il compito di disegnare una compiuta fisionomia dell’alpino italiano nella seconda guerra mondiale, metteremmo accanto a «Centomila gavette di ghiaccio»
di Bedeschi proprio questo «Tempesta sulle alpi albanesi» di Giovanni Zanette (Mursia, Milano, 1967, L, 2.200): e
senza la minima esitazione.
Ci sono libri che fanno dolere la schiena. Libri, cioè che ti prendono in modo tale, senza che tu
te ne accorga, e creano dentro di te una tale tensione psichica e fisica, che al momento di alzare gli occhi dalla
lettura ti ritrovi la schiena indolenzita. Questo è proprio uno di quei libri. Eppure non racconta cose straordinarie,
anzi, cose che tutti quelli che hanno fatto la guerra hanno provato: ma così bene che pare di esservi ritornati. Non
descrive tipi eccezionali, anzi, tipi che tra gli alpini si possono dire comuni: ma questi personaggi sono così veri,
così autentici, le loro emozioni così genuine, il loro animo così aperto ai nostri occhi e al nostro cuore, che ci
sembra di non essere mai riusciti a capirli così bene, così nei profondo.
Zanette è certo uno che la sua guerra l’ha profondamente sentita, e più ancora ha sentiti ed amati
i suoi alpini: naturalmente questo non basta per fare uno scrittore, come non basta la sincerità dei sentimenti espressi in un libro per
avvincere il lettore; ma Zanette è davvero uno scrittore e tu lo senti non appena affronti le prime pagine del suo libro
e te ne rendi conto appieno quando lo chiudi. perchè il linguaggio del libro è solo apparentemente semplice (anche se
sempre comprensibile a qualunque lettore anche non abituato), ed è strumento per far sì che la parola diventi
immediatamente immagine, e che l'immagine palpi di attualità e di vita, e che diventi emozione dentro al cervello e al
cuore del lettore. Solo uno scrittore autentico è in grado di arrivare a questo. Citeremo, fra i molti che si
presterebbero, il capitolo del «Disertore della Julia» che è, a nostro avviso, uno dei pezzi più belli che abbia la
letteratura di guerra: qui si segue, nel pensiero di un alpino friulano forse non del tutto a posto col cervello, la
fantastica storia della Julia e del battaglione «Gemona» durante i primi mesi della guerra italo-greca: ebbene, il
linguaggio diventa talmente aderente al personaggio che risuona delle sgrammaticature tipiche, del modo di costruire la
frase caratteristico del dialetto natio del protagonista.
Per i «veci» d’Albania, leggere questo libro sarà come ritrovare per miracolo la propria guerra,
i propri compagni e soprattutto se stessi com’erano allora; per i «bocia» sarà un modo davvero splendido per capire
perchè «alpin fa grado». Da questo libro è facile capirlo.
GIACOMO DE SABBATA
GIOVANNI ZANETTE — Tempesta sulle alpi albanesi — Ugo Mursia editore, Milano, maggio 1967 — L. 2.200.
Domenica 30 luglio, per iniziativa del Gruppo di Tambre d’ Alpago, è stata collocata e benedetta al
Sasson di Val di Piera — a quota 1650, nel gruppo del monte Cavallo — la statua della «Madonna delle Penne nere»;
l’opera — scolpita in pietra da Isidoro Bona, consigliere del Gruppo di Tambre — ha destato viva ammirazione e
compiacimento.
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Migliaia di reduci sono convenuti il 6 agosto sul Grappa per la tradizionale manifestazione ai
monumento-ossario, ma il maltempo ha notevolmente ostacolato la bella cerimonia che ha pertanto dovuto svolgersi nel
salone del rifugio.
Ha celebrato la S. Messa il vescovo ausiliare di Pordenone Mons. Roberto Carniello che ha poi
ricordato il sacrificio dei nostri soldati del Grappa; hanno pure parlato il prof. Roversi di Bassano e il sen. Aldo
Rossini il quale ha ricordato che l’Armata del Grappa ebbe 3886 morti, 3500 dispersi e 28.650 feriti, cioè il 16 per
cento delle perdite subite dal nostro esercito dall’ Altopiano al Piave.
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Altra cerimonia si è svolta il 6 agosto sulla cima del Monfenera, a quota 750, organizzata dai
Gruppi di Onigo di Piave e di Pederobba dipendenti dalla sezione di Treviso.
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Il monumento ai Caduti è stato inaugurato il 13 agosto a Ca’ Rainati, frazione di S. Zenone degli Ezzellini, nel corso di una riuscita cerimonia alla quale hanno partecipato molte rappresentanze di associazioni,
autorità civili e militari; l’opera è stata benedetta dal cappellano militare mons. Girardi.
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Il 26 agosto è sceso in mare a Monfalcone il sommergibile «Attilio Bagnolini» benedetto dal vicario
dell’ Ordinario militare mons. Aurati; per partecipare degnamente alla manifestazione ed esprimere il ringraziamento
dell’Associazione verso le autorità della Marina Militare che vollero con ciò onorare la memoria dell’alpino M.O.
Bagnolini, la Sede nazionale dell’ A.N.A. aveva disposto la realizzazione di un raduno che, con la collaborazione del
Gruppo di Monfalcone della Sezione di Gorizia, è ottimamente riuscito.
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Nel corso di una bella adunata alla quale hanno partecipato molti dei nostri Gruppi, è stata
inaugurata il 27 agosto a S. Vito di Altivole una stele a ricordo delle Penne Mozze di tutte le guerre; il rito
religioso è stato celebrato da mons. Paolo Chiavacci, ufficiale alpino combattente dell’ultima guerra, presenti il
sindaco di Altivole Mario Gazzola —
che ha rivolto il saluto ai partecipanti — e numerose altre autorità. L’avvenimento è stato illustrato dal
presidente della Sezione di Treviso, prof. Pietro Del Fabro, che ha pure progettato il monumento costituito da tre
guglie in ferro battuto recanti gli stemmi delle Unità alpine combattenti.
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Il quinto raduno nazionale dei marinai in congedo si è svolto a Milano il 10 settembre ove è
stato pure inaugurato il monumento dedicato al Marinaio d’ Italia.
Erano presenti, con i cinquantamila marinai, il Presidente dei Consiglio on. Moro, il ministro
della Difesa on. Tremelloni, il ministro della Marina mercantile on. Natali, tutti i Capi di Stato maggiore, il gen. Ciglieri e numerose altre autorità. Il monumento, elegante
e pregevole opera di alto valore simbolico, è stato benedetto dall’ Ordinario militare mons. Maffeo.
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La resistenza sul Piave è stata rievocata il 10 settembre all’ Isola dei Morti, nei pressi di
Moriago della Battaglia, per iniziativa degli ex combattenti di Verona; erano presenti le rappresentanze di tutte le
federazioni dell’ ANCR delle tre Venezie, comprese Bolzano, Gorizia, Trento e Trieste, e un numeroso gruppo di ex
combattenti francesi.
Dopo il rito religioso celebrato da Don Sonato, cappellano dei combattenti di Verona, ha
commemorato l’avvenimento il loro presidente prof. Dal Cero; una corona d’alloro è stata deposta al monumento-ossario dei
caduti francesi a Pederobba.
Gli ospiti francesi hanno provveduto a ricambiare l’omaggio al monumento ai caduti a Treviso, e
sono poi stati ricevuti a Casa da Noal dal vice sindaco dott. Frescura.
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Il 24 settembre è stato celebrato a Sdricca di Manzano (Udine) il cinquantenario della fondazione
dei Reparti d’Assalto che tanta parte ebbero nel conseguimento della finale vittoria di Vittorio Veneto. Nella vicina Capriva del Friuli è stata consacrata
l'Ara degli Arditi da parte di padre Agostino di Cristo Re, ufficiale degli
arditi decorato di medaglia d’oro al valor militare, il quale ha pure benedetto i labari delle federazioni provinciali
recentemente costituite.
Si sono svolte il 26 luglio, nella zona del Cauriol, le esercitazioni a fuoco condotte dai reparti
del 7° Alpini a conclusione del campo estivo in Val Calamento; hanno assistito il gen. Vedovato capo di Stato maggiore
dell’Esercito, il gen. Marchesi comandante del IV° Corpo d’armata e il gen. Caruso comandante della Brigata «Cadore».
L’esercitazione prevedeva come obbiettivo la conquista dell’imbocco di Passo Palù e delle cime
circostanti, per aprire un varco verso Trento; vi hanno partecipato anche reparti di artiglieria da montagna, aviogetti
ed elicotteri, e militari del genio.
Al termine della manovra il gen. Vedovato ha espresso il proprio compiacimento al comandante del 7°
col. Mola di Larissè.
Il 16 settembre il socio Francesco Titton, del Gruppo di Conegliano, ha condotto all’altare la signorina Giuseppina Amadio.
In tragica cordata in Val Aupa, nelle Alpi carniche, hanno trovato la morte il 23 luglio il ten.
Innocenzo Cosimati, di trent’anni da Colloredo di Prato (Udine), della 58° compagnia di sussistenza della brigata Julia,
lo studente Luciano Baracetti di 20 anni e l’artigiano Ivano Di Benedetto di 30 anni.
I tre rocciatori avevano affrontato la parete sinistra della Grauzaria (chiamata « Portonat») che è
una delle più impegnative del gruppo presentando difficoltà di quinto e di sesto grado. Sembra che la disgrazia sia accaduta a causa della rottura della corda (che è stata infatti rinvenuta spezzata), oppure per il cedimento di un chiodo
a espansione in quanto la parete è notevolmente friabile.
Coraggioso rocciatore, il ten. Cosimati aveva conseguito il brevetto di paracadutista militare
partecipando anche a lanci con caduta ad apertura controllata.
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Il caporale Carmine Valerio dell’8° Alpini, figlio unico di una modesta famiglia di Popoli (L’Aquila) è deceduto il 23 luglio a causa delle gravi ferite riportate nel corso delle ricerche che stava effettuando con altri commilitoni per ritrovare l’ex sindaco di Tolmezzo Girolamo Moro che aveva lasciato il
paese per una escursione solitaria. L’incidente è stato originato da una scivolata (per lo stesso motivo sono rimasti feriti altri due
alpini) in una zona insidiosa del monte Strabut; l’anziano escursionista è stato trovato morto qualche giorno dopo.
Angelo Lorenzon — reduce del glorioso Uork Amba e socio del Gruppo di Pieve di Soligo — è diventato
nonno il 10 luglio per la nascita della nipotina Lorenza.
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La prima «stella alpina» Antonella è giunta il 15 luglio ad allietare la casa del bravo maestro
istruttore del Coro «Col de Fer» Enrico Tonello, socio del Gruppo di Pieve di Soligo, e della sua sposa signora Anna.