RICOMPENSE


Agosto 1968

Le ricompense collettive in terra trevigiana

Con le precedenti puntate abbiamo rievocato 33 Eroi che meritarono la medaglia d’oro al valore militare per gesta compiute in provincia di Treviso, e precisamente; Stefanino Corti, Francesco Rolando, Arduino Polla, Alfredo Di Cocco, Antonio Ciamarra, Carlo Ederle, Giannino Ancillotto, Francesco Baracca, Giuseppe Vaccari, Annibale Caretta, Antonio Nino Gorini, Eligio Porcu, Mario Fiore, Ivo Lollini, Giuseppe Mancino, Guido Alessi, Emilio Bongioanni, Maurilio Bossi, Luigi Lama, Umberto Sacco, Carlo Guadagni, Giovanni Emilio Bocchieri, Ernesto Paselli Costantino Crosa, Cesare Poggi, Giuseppe Paggi, Giuseppe Albertini, Francesco Tonolini, Oreste De Gaspari, Angelo Parrilla, Coleman De Witt Fenafly, Giacomo Camillo De Carlo, Alessandro Tandura.
Lunga e difficile sarebbe la ricerca delle innumerevoli medaglie d’argento e altre decorazioni meritate dai combattenti di ogni arma; fu giù impresa non facile la rilevazione delle ricompense collettive anche perchè - specialmente per le medaglie d’oro conferite ai reparti - esse vennero quasi sempre assegnate contemplando una serie di ardimenti espressi in più fronti; nel caso che qui ci interessa, va inoltre ricordato che le truppe combatterono spesso spostandosi entro e fuori i limiti della provincia di Treviso, specie per quanto concerne la linea del basso Piave.
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Tra i reparti che opposero immediata resistenza appena dopo la ritirata di Caporetto vi fu il 18° reggimento bersaglieri che «con impeto si gettava sul nemico, passato sulla destra del Piave, fiaccandone in mischia furibonde la disperata tenacia (Fagarè, 16- 17 novembre 1917)»; così testimonia la motivazione della medaglia d’oro conferita alla bandiera e che è stata poi integrata con menzione dei successivi eroismi sul Basso Piave (22 giugno 1918 - 2-6 luglio 1918). La resistenza tra Fagarè e il Mulino della Sega è considerata la pagina più bella della storia bellica dei bersaglieri del 18° reggimento.
La brigata Como (23° e 24° fanteria) aveva già opposto eroica resistenza a Monte Cornello, ove contrattaccò tre volte prima di ritirarsi verso Rocca Cisa e Quero attestandosi infine sul Monte Tomba e sul Monfenera dove il 24 novembre 1917 respinse un nuovo attacco nemico; l’unità ebbe, in sette giorni di lotta, 3000 fanti e 92 ufficiali fuori combattimento e le bandiere dei due reggimenti ottennero entrambe la medaglia d’argento al valore (16-17 novembre 1917).
Sul Tomba e sul Monfenera, per avere «con tenace valore e ferma disciplina strenuamente difesa una posizione di suprema importanza», il 18 novembre meritarono la medaglia d’argento anche i reggimenti 91° e 92° fanteria della brigata Basilicata.
Anche la brigata Calabria meritò sul Monfenera, il 22 novembre, la medaglia d’argento che ricorda come essa «si sia coperta di nuova gloria opponendosi con eroica fermezza al furioso impeto delle masse avversarie che tentavano aprirsi la via al piano»; il merito fu principalmente dovuto al secondo e al terzo battaglione del 59° reggimento che in quell’eroica giornata ebbero fuori combattimento 650 fanti e 41 ufficiali.
Gli ultimi mesi di guerra videro moltiplicarsi gli sforzi di ogni reparto, e numerose furono la ricompense collettive meritate combattendo in terra trevigiana.
Il 16 giugno 1918, sul Montello, il XXVII reparto d’assalto (anzi solo pochi nuclei dei suoi arditi) travolse un tratto delle linee nemiche, conquistò otto pezzi d’artiglieria e numerose mitragliatrici, e mantenne la posizione malgrado i reiterati attacchi avversari, meritandosi una medaglia di bronzo.
Anche il 111° reggimento della Brigata Piacenza – battendosi a Nervesa, a Villa Berti e Fornaci - meritò la medaglia di bronzo «per aver sostenuto con due battaglioni l’urto preponderante delle forze avversarie, impedendo così al nemico di giungere ai ponti della Priula e di aggirare completamente a sinistra delle nostre truppe sul Piave».
Una medaglia di bronzo venne conferita anche al 21° reggimento di fanteria che con i suoi provati reparti del 2 battaglione, unitamente a una compagnia del 5° fanteria, infranse il nuovo attacco che il nemico sferrò sul Montello il 18 giugno.
Frattanto, anche lungo il Piave gli eroismi si moltiplicavano.
Le bandiere dei due reggimenti della brigata Veneto (255°, 256°) meritarono la medaglia d’argento il 15 giugno 1918 opponendo «pronto e sanguinoso baluardo, il petto dei loro fieri soldati, potentemente contribuendo a contenere prima e ad infrangere poi l’offensiva nemica»; protetti dal fumo del bombardamento, gli austriaci erano infatti riusciti a passare per le isoletta «Stromboli» e «Maggiore» minacciando Salettuol ove trovarono invece la decisa reazione dei Fanti della «Veneto».
La medaglia d’argento al valore venne meritata, pure il 15 giugno, dalla brigata Caserta (267° , 268°) quando il nemico riuscì a passare il Piave a sud di Candelù, venendo prontamente contrattaccato dalla quarta compagnia del 267° e dalla terza del 268°. Fattasi critica la situazione, la brigata Volturno (217°, 218 ) iniziò a sua volta l’attacco combattendo per tre ore sotto la pioggia scrosciante; il giorno 18 il nemico, che aveva occupato Candelù, riprese il combattimento attaccando poi con veemenza i reparti della brigata Volturno (la cui bandiera venne decorata di medaglia d’argento per l’eroico contegno tra il 15 e il 18 giugno) i quali resistettero accanitamente distruggendo infine gli occupanti.
In concomitanza con l’azione delle due accennate brigate, si svolse il 18 giugno l’attacco del 1° e 2 gruppo della prima divisione d’assalto, che con «ostinato eroismo» (come afferma la motivazione delle medaglie di bronzo conferite alle rispettive bandiere) attaccarono le posizioni nemiche catturando 500 prigionieri e 46 mitragliatrici.
Anche le bandiere del 243° e del 244° fanteria della brigata Cosenza guadagnarono entrambe - tra  S. Andrea di Barbarana e Zenson - una medaglia d’argento «per l’ardore e la tenacia mostrati in tre giorni di violentissima battaglia, sbarrando il passo al soverchiante nemico e per l’impetuoso slancio onde, sul campo insanguinato dalla lotta, ancora una volta rifuse con radiosa vittoria il rude valore dei fanti di Calabria».
In due giorni di combattimenti: - 3.331 soldati e 119 ufficiali caduti - i reggimenti della brigata Sassari (201° , 202°) meritarono la medaglia di bronzo contrastando col proprio sacrificio l’invasione che il nemico tentò di consolidare sulla destra del Piave, allorché giunse di sorpresa attraverso l’isolotto Vittoria.
Una motivazione per la medaglia d’argento seppe meritare il 48° fanteria della brigata Ferrara («esempio inarrivabile di valore e di spirito di sacrificio») che il 18 giugno combatté strenuamente tra l’ansa di Zenson e S. Pietro Novello a nord di Monastier. Lo stesso giorno meritò la medaglia d’argento anche il XXVIII reparto di assalto «per la ferrea tenacia con cui difendeva le posizioni tenute» a Villa Premuda.
La medaglia di bronzo venne conferita alle bandiere del 221° e 222° fanteria della brigata Jonio per i combattimenti sostenuti il 18 giugno tra Fosso Palumbo, Villa Premuda e Casa Cappellin.
Il 47° reggimento dell’accennata brigata Ferrara visse giornate di alto eroismo che, con il precedente valoroso comportamento dei suoi fanti, valsero a meritare la medaglia d’oro alla bandiera con una motivazione che, menzionate le epiche lotte a S. Martino del Carso e sul  S. Michele (novembre - giugno 1916) e le prove di ardimento sulla Bainsizza (agosto 1917), ricorda che «nell’offensiva austriaca del giugno 1918 sul Piave, compreso del suo dovere altissimo verso la Patria –in quell’ora suprema, scrisse col sangue dei suoi migliori fanti pagine di gloria imperitura, sostenendo con impeto ed ardore sovrumani, in cinque
giorni di lotta furibonda il formidabile urto delle masse avversarie a Villa Premuda, travolgendole con magnifico slancio a C. Puma e contenendole a C. Ninni; impareggiabile esempio del più fulgido valore e del più alto patriottismo».
Anche le gesta del 48° della «Ferrara» - riconosciute, come prima detto, con il conferimento della medaglia d’argento - trovano riferimento nella medaglia d’oro che venne conferita alla bandiera del reggimento e che nella motivazione testimonia come «dopo aver infranto il formidabile urto nemico a C. Cappellin ed a C. Gasparinetti, riconquistando l’argine di S. Marco opponeva eroicamente pur con forza assottigliata dalla lunga e sanguinosa lotta la sua ultima e decisiva resistenza a  S. Pietro Novello, sicuro che la vittoria e la salvezza dell’onore d’Italia riposavano sul suo sacrificio». La motivazione ricorda pure le precedenti imprese di  S. Martino del Carso e del S. Michele (novembre 1915 - giugno 1916), della Bainsizza (agosto 1917),
infine l’eroismo del primo battaglione che «circondato nell’ansa di Lampol, dopo aver seminato con poche eroiche mitragliatrici superstiti, per tre giorni, la strage nelle schiere nemiche, si apriva leoninamente un varco (Piave, 15-17 giugno 1918)».
Le bandiere del 129° e del 130° fanteria della brigata Perugia vennero decorate di medaglia d’argento per l’eroismo - costato 75 ufficiali e 2.040 uomini di truppa - col quale venne contrastato il nemico, il 19 giugno, a C. Ninni; il 20 giugno detti reparti ebbero il cambio dalla brigata Macerata i cui reggimenti (121°, 122°) proseguirono gli attacchi sulla linea dei capisaldi  C. Pavan - C. Martini - occupandoli - portandosi nei giorni successivi sul Piave (e alcune pattuglie lo attraversarono) e meritando la medaglia d’argento al valore per le loro bandiere.
Non è stato possibile, al ricercatore, di accertare se i lancieri dei reggimenti Milano e Vittorio Emanuele II – che il 18 giugno furono al Piave e che «aggiungono qui nuove pagine alla storia gloriosa dell’arma di cavalleria» - abbiano meritato la medaglia di bronzo ai propri labari combattendo in provincia di Treviso; probabilmente fu tra Fagarè e l’ansa di Zenson, dove iniziò il ripiegamento nemico tra il 23 e il 24 giugno.
La medaglia di bronzo venne pure conferita al 3° e al 4° reggimento della brigata di fanteria Piemonte che rioccupò Nervesa, coadiuvata dal 253° reggimento - pure decorato di medaglia di bronzo - della brigata Porto Maurizio e dalle brigate Lombardia e Mantova.
Medaglie di bronzo ebbero pure il XXVI reparto d’assalto che combatté intorno a Nervesa per otto giorni, e il XXVII reparto d’assalto che a Casa Bianca - pure sul Montello, nei pressi di Nervesa - catturò otto pezzi di artiglieria e numerose mitragliatrici.
Infranto il piano strategico dell’avversario, l’iniziativa rimase alle nostre armi.
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Dalla sponda trevigiana dei Piave iniziò l’attuazione, a fine ottobre, dell’appello del gen. Caviglia comandante dell’VIII armata: «Avanti! Passate il Piave e portate sulle Alpi con le nostre bandiere, la fortuna d’Italia».
Nella sera del 23 ottobre venne raggiunta l’isola, detta della Caserta, dal reparto d’assalto dell’XI corpo d’armata e da tre battaglioni di ciascuna delle brigate Foggia e Macerata; due battaglioni inglesi vennero traghettati sulle Grave di Papadopoli da tre nostre compagnie di pontieri; reparti delle brigate Pisa, Mantova e Cuneo e due batterie del 5° gruppo da montagna passarono a Fontana di Buoro, nella parte terminale delle Grave di Ciano del Montello; la brigata Porto Maurizio e la 2° divisione d’assalto passarono di fronte a Falzè di Piave; sempre sotto l’intenso bombardamento nemico, altre truppe passarono a Casa Alfa, a Ca’ Biadene, a Palazzon; non riuscì - inizialmente - il passaggio di fronte a Nervesa e Villa Berti e al Ponte della Priula; fino al 27 ottobre altri passaggi vennero assicurati, e nella notte venne intensificato il gittamento di ponti e di passerelle.
Le opere dei pontieri vennero nuovamente distrutte nella quasi totalità all’alba del 28 ottobre, isolando sulla sponda sinistra i reparti dell’ 8° armata; ma il XVII corpo d’armata (divisioni 35° e 36°) attraversarono il Piave alle Grave di Papadopoli col compito di puntare immediatamente verso Susegana e Conegliano; a Palazzon passarono la 52° divisione con le brigate Como, Bisagno e Sassari e la divisione francese.
La medaglia di bronzo venne conferita al Gruppo della 1° divisione d’assalto (V, X e XX reparto e 1° battaglione bersaglieri) per l’azione fulminea che condusse all’occupazione di Sernaglia e di Soligo.
Il III Gruppo d’assalto (reparti VIII, XXII e XXX e il 9° battaglione bersaglieri) «lanciatosi arditamente sulla riva sinistra del Piave ne travolgeva le formidabili difese spingendosi sino alle artiglierie avversarie, che conquistava dopo cruentissima lotta, e resistendo sulle posizioni, benché fatto oggetto su due fronti a fieri e ripetuti attacchi», meritò con questa motivazione la medaglia d’argento sulla Piana della Sernaglia.
In due giornate di aspri combattimenti le brigate Como e Bisagno catturarono 3.000 prigionieri, sette pezzi d’artiglieria e 150 mitragliatrici. La «Como» meritò la medaglia d’argento «per aver determinato con l’impeto gagliardo del suo attacco e coll’ardire insuperabile dei suoi fanti il ripiegamento e la rotta disastrosa del secolare nemico»; la medaglia d’argento venne pure a premiare la brigata Bisagno «per aver offerto alla vittoria un largo e generoso olocausto di sangue».
Il 30° reggimento della brigata Pisa aggiunse nuovi eroismi da meritare il conferimento della medaglia d’oro alla bandiera; la relativa motivazione - dopo ricordate le imprese a San Martino del Carso-Vallone (6-14 agosto 1915) a Loquizza e quota 263 (14-17 settembre 1916; 10-12 ottobre 1916) a quota 309 (8 novembre e 24 dicembre 1916) - riferisce, infatti, che questo reggimento d’eroi «guadagnata la riva sinistra del Piave, al nemico che con ingentissime forze lo attanagliava disperatamente per rigettarlo nel fiume, opponeva una titanica resistenza, sbaragliandolo in un secondo momento, con un impetuoso contrattacco degno delle più superbe tradizioni della Fanteria italiana (Sernaglia, 27-28 ottobre 1918)».
Il 29° reggimento della medesima brigata ottenne la medaglia d’argento, e il primo battaglione del 94° fanteria (brigata Messina) ebbe la medaglia di bronzo.
L’eroicissima brigata Sassari meritò il conferimento della medaglia d’oro per entrambi i suoi reggimenti: per il 151° la motivazione ricorda le prove di valore al Col del Rosso e Col d’ Echele (28-31 gennaio 1918) e testimonia infine che «all’imbaldanzito invasore oppose sui Piave l’audacia della sua indomabile volontà di vittoria, a fierezza sublime e la granitica tenacia della sua stirpe antica (16-24 giugno 1918). Nella battaglia della riscosse non conobbe limiti di ardimento nell’inseguire il nemico (26 ottobre - 4 novembre 1918)». Del tutto uguale è la parte di motivazione della medaglia d’oro conferita al 152° reggimento per il quale vengono anche citate le imprese sul Carso e sull’altipiano dei Sette Comuni.
Con un brillantissimo attacco in direzione di Ponte di Piave, gli arditi dell’XI reparto seppero meritare la medaglia di bronzo («per la sua indomita energia, la sua abnegazione, il suo irresistibile slancio») rendendo possibile, alla 6° brigata bersaglieri, di impadronirsi del ponte e di avanzare verso Vigonovo.
Dalla documentazione consultata non è stato possibile accertare se le seguenti unità - decorate di medaglia d’oro con motivazioni che in parte si riferiscono genericamente al Piave - abbiamo combattuto in territorio trevigiano: 13° e 14° reggimento della brigata Pinerolo, 226° reggimento della brigata Arezzo, 231° e 232° reggimento della brigata Avellino, e il 3° battaglione bersaglieri ciclisti.
Oltremodo eroico fu il contegno dell’arma del Genio per il gittamento dei ponti sul Piave, sotto l’imperversare dei bombardamenti, ed anche per la realizzazione sul Grappa - in sette mesi e tra le insidie del nemico - della galleria «Vittorio Emanuele» che si sviluppa in quattro chilometri e mezzo e che fu determinante per bloccare l’invasore al di là dei nostri confini provinciali. La medaglia d’oro che premiò l’Arma del Genio, con la bella motivazione che segue, ben si riferisce quindi anche all’opera eroica prestata in terra trevigiana: «Tenace, infaticabile e modesta, scavando la dura trincea o gittando per ogni ponte una superba sfida al nemico, riannodando sotto l’uragano del ferro e del fuoco i tenui fili onde passa l’intelligenza regolatrice della battaglia, lanciandosi all’assalto in epica gara coi fanti, prodigò sacrifici ed eroismi per la grandezza della Patria» (1915-1918).
Frequenti furono le citazioni, sui bollettini del comando supremo e gli encomi solenni, che meritarono i reparti combattenti in terra di Treviso; tra gli altri, il 216° reggimento della brigata Tevere sul Montello, il 113° e il 114° reggimento della brigata Mantova pure sul Montello, la brigata Pisa sul Piave, il battaglione ciclisti del 12° bersaglieri alla Rocca di Collalto, la 205° compagnia del 79° battaglione zappatori per la prima resistenza sul Piave.
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Concludiamo così la rievocazione degli eroismi compiuti nella Marca trevigiana nell’ultimo anno della Grande Guerra vittoriosa, e con la quale intendiamo rendere omaggio a tutti i nostri combattenti di quell’immane conflitto del quale si stanno concludendo le manifestazioni cinquantenarie.
Ci sembrò doveroso, in questa circostanza, ricercare in particolare - con un lavoro che non risultò né breve né facile - gli eroismi collettivi e individuali più salienti che vennero espressi entro i limiti della provincia, escludendo - per la finalità ripromessa - tante figure d’eroi che valorosamente morirono anche a poche centinaia di metri dal confine provinciale:
è il caso di molti atti di valore compiuti appena al di là di Cima Grappa da tanti eroi, specialmente alpini, che trovarono poi sepoltura nelle pendici trevigiane del sacro monte, e di molti altri che lottarono appena a sud di Zenson di Piave.
Abbiamo desiderato che i nostri lettori trevigiani potessero trattenere un particolare pensiero di ammirata riconoscenza verso i reparti e i singoli combattenti che lottarono per difendere e liberare questa nostra terra; e attraverso nomi e denominazioni che la storia ci ha lasciati, ricordare anche gli eroismi che non conobbero il premio di una medaglia e che si sintetizzano per tutti - anche per gli Eroi sconosciuti del Piave, del Grappa e del Montello - nella motivazione della medaglia d’oro al valore militare conferita al MILITE IGNOTO: «Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro sperare che la vittoria e la grandezza della Patria» (24 maggio 1915 - 3 novembre 1918).

M. ALTARUI

(Le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri 1, 2 e 5 del 1967 e nel n. 2 e 3 del 1968).