A CACCIA DI FANFARE


Giugno 1969

Grande safari degli Agenti della SIAE a Bologna, nel corso della nostra Adunata nazionale; non sappiamo quante belve fanfaristiche siano cadute ai piedi degli strenui difensori del diritto d’autore, ma ci è comunque giunta - dalla nostra Sede nazionale, in data 7 maggio - la seguente circolare che debitamente pubblichiamo:
«In occasione della recente Adunata Nazionale di Bologna alcuni Agenti della S.I.A.E. (Società Italiana Autori ed Editori) hanno voluto verificare se le nostre fan fare presenti erano in possesso del permesso abbonamento annuale «speciale» alle pubbliche esecuzioni musicali gratuite.
Richiamandoci alla circolare del 2 Settembre 1958 - pari oggetto - diramata da questa Sede, si ricorda che i nostri complessi musicali devono provvedere annualmente a versare la quota di abbonamento che, per l’anno corrente, è di L. 3.800 più i relativi bolli di quietanza.
Ad evitare quindi inconvenienti si pregano i responsabili delle fanfare di ottemperare a quanto sopra presso le Agenzie della S.I.A.E. e di portare al seguito, ad ogni esibizione dei complessi, la ricevuta comprovante l’avvenuto versamento dell’abbonamento per essere presentata ad eventuali richieste degli Agenti della Società.
Si ringrazia per la collaborazione e si porgono cordiali saluti».
Chi conosce gli Alpini sa che essi vanno a farsi scannare quando c’è un ordine, anche se discutibile; però mugugnano. Per questo brontoliamo anche senza voler trasgredire al dovere - chiamiamolo pure così - di assolvere ai diritti d’autore. Brontoliamo perchè il concetto di autore noi Alpini non lo afferriamo nel suo completo significato. E’ un po’ come per le battaglie ben riuscite: diciamo bravo al colonnello e riconosciamo il valore del tal capitano e del tal altro caporale, ma l’autore del successo è il reparto. Abbiamo troppo radicato il concetto dell’unità e del collettivo e faticato apporto di tutti, per battere esclusivamente le mani ad uno di noi sia che abbia meritato la medaglia d’oro o che sia l’autore di un nostro inno.
Della maggior parte dei nostri inni e canzoni nessuno conosce l’autore, proprio perchè gli autori (o gli ispiratori) siamo stati noi Alpini.
Scorrendo la raccolta in mio possesso - di quasi trent’anni fa - non trovo cenno di autore del «Testamento del capitano», né di «Monte Canino» e di «Monte Nero», e ugualmente per «La penna nera» e di «Dove sei stato mio bell’alpino» e tanto meno del «Ponte di Bassano» che poi ha la variante del ponte di Perati e così via.
Per «Va l’alpin» sono indicate in luogo dell’autore - la località e una data (Rifugio Grosté 1932) per specificare, assai probabilmente, la zona e l’epoca in cui l’inno è nato; nemmeno l’ombra dell’autore.
L’«Inno degli Alpini» ha la musica di D. Trave: un illustre sconosciuto al quale noi faremmo volentieri un monumento ma che, fosse vivo, accetterebbe più volentieri mezzo litro di vino piuttosto che i suoi monetati diritti d’autore; gli Alpini hanno persino cambiato il nome dell’inno, ché assai familiarmente è per loro «il 33».
Col nostro mugugno non vogliamo buttare sul rogo i poveri Agenti della SIAE: loro sono mandati a combattere e, anche se non credono, obbediscono. Ma è altrettanto certo che, quel giorno dell’Adunata, ci sono stati più simpatici gli Agenti delle imposte di consumo i quali si sono astenuti dal controllare - per qualche fiasco entro le borse il regolare possesso della bolletta di trasporto di bevande vinose.
Nessun rancore quindi per gli Agenti della SIAE, anche perchè questa benedetta SIAE è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio.
Siamo però tentati - e come cittadini ci pare doveroso - di chiederci a quanto possa ammontare l’introito dei diritti d’autore versati dalle fanfare alpine in misura di L. 3.800 ciascuna; forse mezzo milione all’anno: quindici giorni di paga per un parlamentare, anche se in vacanza.
Ma brontoliamo soprattutto per la circostanza che è stata scelta per questa caccia alle fanfare alpine:
proprio l’Adunata nazionale! Il giorno in cui anche gli Agenti della SIAE dovrebbero badare più a battere le mani che a prendere nota delle bollette di abbonamento.
C’erano tante altre occasioni più opportune, in quanto le fanfare che suonano non costituiscono un «imponibile» che si può nascondere: ed è notorio che gli Agenti della SIAE sono onnipresenti ed eterni.
Forse vogliamo chiedere che le nostre fanfare - come quelle delle altre associazioni d’arma - vengano esentate da pagare le 3.800 lire all’anno? E’ impensabile: gli americani vanno sulla luna, ma gli italiani lasciamoli indaffarati ad incassare 3.800 lire (e i bolli di quietanza) da un centinaio di fanfare alpine che magari stanno suonando l’inno nazionale.
M. Altarui