I SACRI CONFINI |
Settembre 1970 |
L’Italia confina a ovest con la Francia, a nord con la Svizzera e l’Austria, a est con la Jugoslavia. Ora gli italiani
che adorino veramente la loro Italia dovrebbero voler bene a tutto il confine da ovest a est e non soltanto a un
pezzettino del confine a nord. E’ chiaro? Succede invece che gli italiani vogliono bene solo a quel pezzettino e non
s’interessano affatto di tutto il resto. Il loro bene è poi così grande che quel pezzettino di confine è stato elevato
agli onori degli altari diventando sacro e quindi inviolabile.
Nulla da eccepire anzi è una cosa che fa tanto piacere; ma, e tutto il resto del confine? Rischiare una parola sul
confine con la Jugoslavia non si può perchè si violano le regole della libertà. Occuparsi un po’ del confine con la
Svizzera è roba da matti. Tentar di accennare al confine con la Francia è proibito dalla saggia diplomazia. E allora
cosa dobbiamo fare? Niente e buona notte.
Vediamo invece se si può fare qualche cosa senza disturbare nessuno: qualche cosa di lecito magari parlando fioco o
scrivendo con inchiostro e acqua.
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Noi nel 1915 abbiamo dichiarato guerra all’Austria per liberare Trento e Trieste; e a quei tempi non si parlava altro
che di Trento e Trieste (del mio cuore ti verremo a liberar, nonché, sulle balze del Trentino pianteremo il tricolor).
L’onesta vittoria del 1918 ha portato all’annessione di vasti territori al di là di Trento e Trieste che il grosso dei
combattenti dell’epoca non aveva nemmeno mai sentito nominare: né nei comizi della vigilia, né nei discorsi di Padre
Semeria, né nei fervorini dei colonnelli. Tutto finiva con evviva Trento e Trieste italiane con qualche accenno accorato
a Zara; e parlo per esperienza personale avendo io il privilegio della buona memoria.
Infatti io a quei tempi abitavo a Bergamo - città garibaldina e alpina di primordine dove con la patria non si scherza -
e nel 1914 facevo il secondo anno d’Istituto Tecnico ed ero forte in geografia. Orbene a quei tempi io non avevo mai
sentito nominare, e quindi non sapevo dove fossero, tante splendide località di montagna che oggi sono nostre predilette
villeggiature.
Poi è successo il fattaccio della guerra mondiale che ci ha pelato sul serio lasciandoci solo Trento e Trieste e poco
più. Questo poco più è ora delimitato dal famoso sacro confine che va dal Passo di Resia alla Sella di Dobbiaco passando
per la Vetta d’Italia. Anche qui nulla da eccepire solo che il piacere che ci fa questo pezzettino di confine è velato
dalle lacrime delle famiglie dei poveri carabinieri e delle povere guardie di finanza che aumentano la portata di piena
della corrente di lacrime versate dalle famiglie dei morti nella guerra 1915-18. E’ una storia dolorosa che speriamo che
finisca presto con una vera pace per tutti.
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Questa faccenda dei sacri confini è certamente resa oggi più palpitante dai luttuosi avvenimenti dove i poveri
carabinieri e le povere guardie di finanza hanno perduto la sacra vita; però è strano come gli italiani non guardino la
carta geografica per ammirare ciò che avevamo prima e rimpiangere ciò che ora non abbiamo più. Forse che il confine con
la Jugoslavia non era sacro? E per Briga e Tenda? Per Briga e Tenda si fa presto: non ci siamo presi la briga di
discutere e abbiamo levato le tende da quel piccolo territorio. Forse che anche lì il confine non era sacro? Allora vuol
dire che se una cosa non è sacra si può violarla e portarla via senza colpo ferire.
Mica che io pretenda di riavere Briga e Tenda e tutto quello che si è rimesso in tasca l’Jugoslavia in conto danni di
guerra. Mi basterebbe soltanto che i sacri confini partissero da Ventimiglia e finissero a Trieste come sono segnati in
verde sulla carta d’Italia.
Eugenio Sebastiani