IN VAL DIGON |
Settembre 1970 |
Il raduno delle Penne nere delle tre Venezie - svoltosi
il 28 giugno a Tamai di Val Digon, in occasione della consacrazione della chiesa eretta a ricordo delle vittime di Cima
Vallona e degli altri Caduti in Alto Adige - non è definibile con un solo aggettivo. E’ stato solenne pur costituendo
una riunione di famiglia, è stato festoso ma contraddistinto dalla lacrimata amarezza dell’originario motivo, ha
riscoperto dolorose ferite ma è pure valso a riconfermare una commossa solidarietà; un raduno alpino che non è rimasto
solo tale - con noi che lo viviamo e un po’ di gente che assiste talvolta più incuriosita che convinta – ma che è
diventato una unanime dimostrazione di italianità di cui sono stati partecipi tutti gli intervenuti. E i sentimenti che
la manifestazione ha suscitato - rinnovato dolore, riconfermata fortezza, fierezza dignitosa e auspicata speranza - sono
stati percepiti dal cuore d’ognuno; nella maggior parte dei casi, sulle tante vie che han portato lassù i partecipanti,
molti erano reciprocamente sconosciuti e indifferenti l’un l’altro; ma attorno a quella chiesa i cuori si sono fusi in
una inesprimibile fraternità che ha lasciato una traccia indimenticabile. Ed è forse questo aggettivo - indimenticabile
- che può da solo riassumere l’incontro che ha visti riuniti in comunità d’intenti le popolazioni locali e gli alpini,
autorità militari e civili, rappresentanze di associazioni patriottiche e sociali.
Un elenco delle intervenute personalità è già difficile; estremamente semplificato è il compito di citare i
rappresentanti del governo in quanto non c’era nessuno (c’è stato un telegramma del ministro della Difesa «vivamente
rammaricato» per l’impedimento, e in quei giorni i governanti avevano infatti i guai loro) ma la Nazione era comunque
rappresentata dal sen. Treu e dagli onorevoli Protti e Colleselli.
Gli onori militari sono stati resi da un picchetto del 6° Artiglieria da Montagna intervenuto con la fanfara del 7°
Alpini; ad accogliere le autorità erano il sindaco di S. Nicolò cav. Dante Compostan con gli altri sindaci dei comuni
comelicensi e Benigno Festini capogruppo degli alpini di Comelico Superiore e Danta. Sono giunti il gen. Taverna
comandante il IV Corpo d’Armata e incaricato di rappresentare anche il capo di Stato Maggiore della Difesa gen. Enzo
Marchesi il quale ha pure indirizzato un caloroso telegramma, i generali Palombi e Lo Iodice in rappresentanza dei
rispettivi comandanti generali Forlenza dell’Arma dei carabinieri e Vicari della Polizia, il generale della Guardia di
Finanza Musto a nome anche del comandante del Corpo gen. Giovanni Buttiglione, il gen. Clerico Comandante della Brigata
«Cadore», il gen. Gallarotti comandante della Scuola Militare Alpina di Aosta, i comandanti del distretto militare di
Belluno, del 6° Montagna, del 7° Alpini e del Reparto Servizi della «Cadore».
Tra i congiunti dei Caduti abbiamo notato le signore Orietta Gentile e Gabriella Di Lecce, i genitori e il fratello
dell’Alpino Armando Piva, i parenti del sottufficiale paracadutista Olivo Dordi, i fratelli del brigadiere Foti e della
guardia scelta Martini; presente anche il sergente maggiore Marcello Fagnani sopravissuto alle gravissime ferite
riportate nell’attentato di Cima Vallona.
Tra le autorità civili il prefetto dott. Crisopulli, il presidente della provincia dott. Fontana e del tribunale dott.
Alborghetti, il provveditore agli studi dott. Raschellà,
questore ed altri ancora.
In rappresentanza del presidente nazionale del Nastro Azzurro era presente il generale di CA. Carlo Ghe («el Ghe» - come
sempre lo chiamano i veci del 7° - è l’esecutore del pregevole acquarello riproducente la chiesetta e che costituisce la
copertina della pubblicazione che Rino Cazzoli ha curato per l’occasione) e infine molti rappresentanti di associazioni
patriottiche - oltre al Murer, autore dello stupendo ed ammirato Cristo collocato nell’interno della chiesa.
Con le migliaia di alpini erano presenti il nostro presidente nazionale dott. Ugo Merlini intervenuto con il segretario
centrale gen. Gerra, i consiglieri nazionali gen. Dal Fabbro, ten. col. Piasenti, geom. De Paoli e dott. Ersini, il
presidente della Sezione «Cadore» rag. Bergamo e quelli delle altre sezioni delle Venezie, l’avv. Benvenuti coordinatore
delle attività del Triveneto dirigenti e rappresentanze di numerose altre sezioni tra cui quelle del Brasile e della
Svizzera, di Pisa, Livorno, Milano; gli alpini di Gallarate hanno addirittura recato in visione il progetto della
vetrata - riproducente figure di alpini - che intendono donare alla nuova chiesa entro il prossimo anno. Per la nostra
sezione erano presenti - con vessillo e gagliardetti - il vice presidente avv. Travaini e il già citato vice presidente
e consigliere nazionale ten. col. Piasenti, altri dirigenti sezionali e il direttore del nostro giornale.
Con mons. Gioacchino Muccin - vescovo di Belluno e Feltre
- e il vicario castrense mons. Giovanni Corazza, erano alcuni cappellani militari tra cui padre Eusebio della Guardia di
finanza, e il parroco di S. Nicolò. Un altare era stato eretto appena all’esterno della chiesa, sul sagrato che
idealmente si estende alla sovrastante Forcella di Cima Vallona, fino alla valle dell’Adige, a comprendere infine - in
amoroso abbraccio - le tombe di coloro che si sacrificarono su questo arco di montagne.
Elevate parole di conforto sono state pronunciate dal vescovo mons. Muccin nel corso del rito religioso seguito a quello
della consacrazione della chiesa; ricordando in particolare l’inqualificabile agguato di Cima Vallona, il presule ha
raccomandato di saper vincere il male con il bene come ne è testimonianza la realizzazione della chiesa in memoria delle
vittime. Ha poi resa nota una lettera indirizzatagli il 10 luglio 1967 dalla Conferenza Episcopale austriaca, con la
quale i vescovi d’oltre confine hanno unanimemente condannato le azioni terroristiche dei propri connazionali, e pregato
di esprimere le condoglianze ai congiunti dei soldati caduti a causa dell’attentato; il messaggio era stato inviato nei
giorni seguiti alle esequie delle vittime di Cima Vallona, svoltesi nel Duomo di Belluno e nella qual triste circostanza
il vescovo aveva espresso la più pro fonda esecrazione per l’ignobile misfatto.
Il cav. Cazzoli, che ad avvenuta consacrazione del tempio aveva dato lettura del testo della pergamena destinata a
venire immessa nell’altare, dopo il rito religioso ha annunciato l’intervento del nostro presidente nazionale dott.
Merlini il quale ha rivolto il proprio saluto a quanti han voluto presenziare alla cerimonia e un vivo plauso per coloro
che hanno promosso e realizzato il mirabile monumento di pietà che è costituito dalla chiesa sorta a ricordo dei Soldati
d’Italia sacrificatisi per riconfermare l’italianità dell’Alto Adige.
Benigno Festini ha parlato a nome degli alpini di Comelico Superiore e Dama dei quali è capogruppo, per ringraziare le
autorità, alpini, enti e i molti altri che hanno sostenuto l’iniziativa con l’appoggio morale e con l’aiuto finanziario
e di opere prestate per conseguire lo scopo. L’ampiezza delle citazioni è valsa anche a dimostrare in quale larga misura
sia stato da tutti sentito il dovere di realizzare tale cristiano segno di memore e riconoscente affetto per le vittime
del terrorismo; basti citare la bontà
Papa Paolo VI che ha voluto testimoniare la propria solidarietà donando la pianeta a dotazione della chiesa e la Curia
di Belluno gli altri necessari paramenti, lo scultore Augusto Murer che ha eseguito l’imponente Crocifisso per un
compenso poco più che simbolico commisurato al valore delle sue opere sempre meritatamente affermate, l’Istituto del
Nastro Azzurro che ha offerto il monolitico altare di pietra di Castellavazzo, l’artigliere da montagna Francesco De
Bolfo - nato a S. Nicolò di Comelico ed emigrato in Australia - che ha donato l’artistica campana, la popolazione
(quella più umile) di Milano che ha contribuito in occasione della presentazione in Galleria del bozzetto della chiesa,
il «Fogher» cadorino in Milano; poi i Corpi che annoverarono le Vittime: i Carabinieri che hanno offerto la vetrata, i
Finanzieri che provvidero al pavimento, i Paracadutisti della «Folgore» che donarono il portale, le Guardie di P.S. con
un contributo per l’acquisizione dell’imponente crocifisso. Infine l’appoggio prima del generale Carlo Ciglieri -
purtroppo prematuramente scomparso - e del Capo di Stato Maggiore della Difesa gen. Enzo Marchesi, i generali Sangiorgio
e Taverna avvicendatisi al comando del IV Corpo d’Armata - e il loro cappellano capo mons. Roberto Mancini, dei generali
Zavattaro Ardizzi, Brugnara e Clerico con i rispettivi ufficiali e gli alpini del «Val Cismon» cui appartenne la giovane
Penna Mozza Armando Piva, i Comuni tutti del Comelico e quello di Belluno, il Corpo Forestale che ha dato l’adeguata
sistemazione boschiva alla zona, i Vigili del fuoco che provvidero a sistemare il terreno su cui doveva sorgere la
chiesa, l’impresa di costruzione che accordò notevoli facilitazioni di prezzo e di termini di pagamento (e chi vuoi
concorrere al saldo ha quindi il modo di contribuire!), il distretto militare, l’Ente provinciale per il turismo, gli
allievi della Scuola professionale di Comelico Superiore che sotto la direzione del geom. Mauro Gant hanno eseguito con
bravura i lavori richiedenti particolare tecnica e precisione, la Cassa di Risparmio di Verona Vicenza e Belluno e
quella di Milano, la Banca Cattolica e quella del Friuli, la ditta Caloi che per interessamento della nostra sezione ha
donato le sedie-inginocchiatoio, associazioni, sezioni e gruppi alpini, e molti ancora. Questa manifesta solidarietà è
stata di notevole incoraggiamento per i promotori i quali si sono accollati preoccupazioni e fatiche durati tre anni
poiché, già all’indomani dell’attentato di Cima Vallona, gli alpini della zona decisero di realizzare un’opera duratura
che con la sua pacifica risonanza sovrastasse i micidiali scoppi voluti dai terroristi. Ed ecco all’opera il capogruppo
Benigno Festini con tutti i consiglieri e i suoi alpini generosi, il perito industriale Neri Valmassoi che provvide al
progetto poi realizzato in collaborazione con i geometri Mauro Gant ed Enzo Dall’Asta e il disegnatore Mario Carbonio
(tutti soci della Sezione «Cadore»), Luigi Vardanega che ha eseguito un bassorilievo sintetizzante la tragedia di Cima
Vallona, i combattenti e reduci di S. Nicolò e Comelico Superiore che han collocato una lapide che accomuna il
sacrificio dei combattenti della «15-18» a quello delle vittime recenti, altri che a nome delle genti del Cadore hanno
provveduto per una lapide che ricorda i Morti dell’ultimo conflitto. Una appassionante gara di solidarietà che tuttora
continua e per la quale il bravo Festini ha espresso la gratitudine dei comitato promotore.
Il cav. Cazzoli - vecio maresciallo del 7° e ottimo
coordinatore di questa manifestazione che presentava aspetti organizzativi non facili - ha infine presentato l’oratore
incaricato della commemorazione ufficiale. Mario Altarui ha anzitutto sottolineato il significato dell’iniziativa che ha
destato così larghi consensi, ricordando brevemente il tragico svolgimento dell’attentato perpretato a Forcella di Cima
Vallona e ponendo in evidenza il determinante contributo che le Forze Armate continuano a dare per la salvaguardia dei
nostri confini; soffermandosi sul precetto costituzionale che «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», ha
richiamato l’attenzione dei responsabili della Nazione affinché ogni pur auspicabile azione diplomatica non abbia ad
avvilire il fondamentale presupposto della intangibilità delle nostre frontiere e il rispetto della sovranità e delle
nostre istituzioni. Accennando alla recente conclusione del processo col quale i responsabili dell’eccidio di Cima
Vallona sono stati condannati a pene che in parte non sconteranno, l’oratore ha affermato che esse non valgono a
compensare la gravità del delitto anche perchè esso, oltre alle vittime, ha rappresentato un’offesa per tutto il popolo
italiano. Ma è proprio per la comprovata onestà del nostro popolo che dobbiamo andare oltre il significato
esclusivamente giuridico del delitto e della pena per riproporre - con la chiesetta eretta a ricordo dei Caduti e con
l’appassionata manifestazione inaugurale - il reciproco rispetto che deve animare le parti contrapposte, per giungere ad
una sincera collaborazione animata dalla comune idealità europea.
L’oratore ha concluso elencando i Caduti per l’Alto Adige:
il finanziere Raimondo Falqui barbaramente ucciso a Fundres il 15 luglio 1956, il carabiniere Vittorio Tiralongo
raggiunto da un colpo di fucile sparatogli il 4 settembre 1964 dall’esterno della caserma di Selva dei Molini, i
carabinieri Palmerio Ariù e Luigi De Gennaro abbattuti a raffiche di mitra sparate il 27 agosto 1965 attraverso la
finestra della loro caserma di Sesto Pusteria, il finanziere Bruno Bolognesi dilaniato da una mina al rifugio di Passo
Vizze il 24 maggio 1966, i finanzieri Salvatore Cabina e Giuseppe D’Ignoti caduti in un agguato a S. Martino di Casies
il 25 luglio 1966, il vice brigadiere Eriberto Volgger e il suo finanziere Martino Cossu morti per il crollo della
caserma di Malga Sasso distrutta da un ordigno il 9 settembre 1966 causando mortali ferite anche al ten. Franco Petrucci
poi deceduto all’ospedale, l’alpino Armando Piva dilaniato da una mina a Forcella di Cima Vallona il 25 giugno 1967 e
poco dopo deceduto all’ospedale di S. Candido mentre una seconda mina seminò la strage in una pattuglia di accorsi
soccorritori causando la morte del capitano dei carabinieri Francesco Gentile, del sottotenente paracadutista Mario di
Lecce e del suo sergente Olivo Dordi, infine il brigadiere di P.S. Filippo Foti e la guardia scelta Edoardo Martini che
il 30 settembre 1967 perirono a Trento per lo scoppio di una valigia rilevata dall’Alpen Express proveniente da
Innsbruck e che, nei propositi dei disumani attentatori, era destinata a seminare la morte tra i passeggeri del treno.
Appena terminato il doloroso elenco sacrificale dei nostri Soldati - che richiamava alla memoria anche i numerosi feriti
sfuggiti alla morte - un trombettiere alpino ha eseguito il «silenzio» mentre i presenti si raccoglievano in commosso
raccoglimento.
La manifestazione ufficiale si è in tal modo conclusa, e la chiesa è poi stata meta di visitatori fino al tardo
pomeriggio.
L’eco dell’avvenimento si è diffuso rapidamente e già la domenica successiva la chiesa ha accolto altri fedeli e molti
che han voluto ritornarvi per assistere alla Messa; vi è già stata la celebrazione di un matrimonio (lo sposo era stato
ufficiale del 7°) e non pochi alpini hanno fatto battezzare i figli nella nuova chiesa che viene in tal modo a
rappresentare la prima scuola di italianità per le future generazioni della valle.
Ai nostri soci che ancora non si sono recati lassù rivolgiamo l’invito a non trascurare - specialmente nei programmi di
gite dei gruppi - una doverosa visita a questa magnifica chiesa immersa nel verde panorama dell’accogliente Comelico;
sarà un’occasione validissima per vivere momenti di intima commozione, confermando che la generosa iniziativa degli
ammirabili alpini del Comelico trova continuazione in tutti noi.