LE DUE GUERRE |
Febbraio 1970 |
Sui muri delle strade erano stati affissi, un paio d’anni fa, dei grandi manifesti con figure a colori per avvertire la
gente che stava per uscire un libro di storia della seconda guerra mondiale: completo dalla prima pallottola all’ultima,
di sciagura in sciagura.
Bene. Allora vuol dire che il libro della prima guerra mondiale era già uscito di nascosto senza appoggiarsi al muro.
Senza fare tante storie.
Questo dei muri che si usano oggi per parlare di storia o contar balle è un meccanismo che una volta non funzionava.
Adesso tutto serve - muri in testa - per intontire la gente.
Ora il fatto che si parli oggi di seconda guerra mondiale fa sospettare che vi sia stata ieri una prima guerra mondiali.
Ciò non è vero perchè la guerra del 1915-18, o se vogliamo del 1914-18, non è stata mondiale ma europea. Così infatti
l’hanno chiamata a suo tempo coloro che l’hanno fatta o, per lo meno, vista fare. Così sta stampata nelle riviste
dell’epoca e nelle menti di quanti, come me, sono vecchi ma non ancora rimbecilliti.
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L’abitudine di dare un numero di matricola alle guerre è ripugnante perché trascina alla serie infinita dei numeri. Più
bello dire: guerra europea, guerra mondiale, guerra universale che sarà l’ultima, finalmente. E così l’uomo avrà capito
quanto cretino è stato.
La guerra del 1914-18 fu chiamata europea (e non mondiale) perché ebbe per teatro - un bel teatro, spettacolare - il
suolo europeo e non un solo metro quadrato d’altri continenti.
La partecipazione degli Stati Uniti d’America alla guerra europea, e in particolare l’invio delle loro truppe in Italia,
avvenne all’ultimo momento dopo la ritirata di Caporetto più che altro per portare soccorsi in soldi e materiali. A quel
tempo,
si può dire, tutte le nazioni civili del mondo dichiararono guerra alla Germania, all’Austria-Ungheria, alla Turchia e
alla Bulgaria, tutte tra loro alleate; ma
fatti bellici, non uno escluso, si svolsero sui campi di battaglia europei. Fu quindi logico chiamare quella guerra,
guerra europea. Se fu logico allora perchè non deve esserlo più oggi? Ma, vagliela a far capire agli storici che magari
nel 1914 non erano ancora nati o andavano all’asilo a imparare a fare le aste !
Che sia possibile, magari fra cento anni o fra un paio di ore, un’altra guerra io non so niente, lo scrivo sul passato e
non sull’avvenire. Ma se ci sarà un’altra guerra sarà quella che sbriciolerà la Terra e la sua comare Luna.
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Separiamo con tranquillità la guerra europea da quella mondiale. Sono due guerre che si sono toccate solo nella tragica
conclusione della guerra mondiale. L’europea fu la vera guerra per amor patrio, per l’onore delle stellette che erano la
disciplina di noi soldà. Viva Trento e Trieste italiane! Viva Bèrghem! come urlò dalla carlinga Antonio Locatelli,
bergamasco con tre medaglie d’oro, svolazzando con D’annunzio sul cielo di Vienna; Viva l’Italia! come usavano scagliare
gli alpini dalle vette del Cadore conquistate con la scala umana. Altro che vittorie di rocciatori a base di chiodi a
espansione e rifornimenti a mezzogiorno in punto con cestini caldi da viaggio !
La guerra mondiale è stata invece la vera angoscia incalzata dalla paura della pena di morte. Tutti condannati: militari
e borghesi (i civili, secondo il bel parlare nuovo della nostra romantica civiltà).
Io darei il nastrino di guerra anche ai borghesi perchè anche loro hanno patito al punto di morire sotto le bombe.
Magari è stato un po’ così anche nella guerra europea e i borghesi di Treviso ne sanno qualcosa che è rimasto
indimenticabile. Ma questo qualcosa si è poi talmente ingrossato da spianare mezze città di mezza Italia.
E’ stata forse una guerra, quella? Signornò, è stato un cataclisma che solo Dio poteva comandare alle sue forze. Invece
gli uomini vollero fare ciò che Dio non fece e si scambiarono gli ordini di massacrarsi fino alla fine.
Abbiamo visto i risultati, alla fine. Possiamo sempre gridare Viva Trento e Trieste ma per il resto, esclusa una
fettina, è meglio far silenzio che per noi è ormai diventato il silenzio d’ordinanza.
Tanto è vero che se oggi un coraggioso vuole parlare lo pigiano per il culo: e fai silenzio che hai perduto la guerra.
Non l’hai ancora capita che conta poco (quasi niente) averne vinta una cinquant’anni fa?
No non l’ha ancora capita. E’ un testardo. Non sa rendersi conto del discorso che gli fanno, così, preso per il collo.
Quel poco (quasi niente) a noi italiani costa salato perchè lo paghiamo piangendo sui cadaveri bombardati delle povere
guardie di finanza e dei poveri carabinieri.
Non per niente le lacrime sono salate.
Eugenio Sebastiani