BORGHESI O CIVILI ? |
Giugno 1971 |
Quando fui chiamato alle armi e mi presentai al Distretto Militare, durante la guerra 15-18, io ero un borghese di
nemmeno diciotto anni. Finito di fare il militare tornai borghese come prima, né più e né meno, e senza trucchi solo un
po’ più vecchio e sciupatino.
Oggi invece un giovane quando si presenta al suo Distretto è un civile che tornerà ad essere civile dopo aver fatto il
militare come se fare il militare significasse fare l’incivile ossia il selvaggio.
Dunque il trucco c’è ed è questo: che prima che gli Americani della guerra 40-45 scoprissero l’Italia noi eravamo al
coperto suddivisi in borghesi e militari.
Venuti a stare di casa qui da noi gli Americani ci hanno suddivisi con finezza in civili e militari e tale suddivisione
resterà sempre a copertura della nostra soma; perchè noi italiani quando impariamo qualche parola dalla bocca dei grandi
prima rimaniamo a bocca aperta, poi anche noi con uno sforzo di grandezza non la dimentichiamo più.
E’, come si vede, una sorta di colonialismo che ci siamo meritati per merito di una guerra a dir poco cretina. E
coloniali siamo quando mastichiamo il chewing gum portatoci dai grandi e fumiamo le loro Camel; quando usiamo (da USA?
Ma usa mìa, non gridare, dicono a Bergamo) i loro prodotti dando un calcio a quelli patriottici.
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Le memorie, specialmente quelle sacre, vanno tenute in piedi e conservate anche quando c’è dentro una guerra andata
storta (tanto per intenderci senza esser presi per disfattisti. Ma più disfatta di quella!).
Anzi è proprio a non usare le parole dei grandi che potremo un po’ alla volta dimenticare le nostre bellicose
piccolezze.
Ostinarci a dire week-end, hobby, speaker, boom, smog, juke-box, best-seller e finalmente civili invece di
borghesi io la trovo un’asineria, o meglio una vergogna nazionale dove il meglio è una vergogna.
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Sul carro bestiame (cavalli 8, uomini 40) che la Biondona aveva messo a nostra disposizione per riportarci a casa,
finita la guerra 15-18, noi congedati cantavamo a squarciagola:
O macchinista metti il carbone quel macchinone fallo volar fallo volare come un diretto
siamo borghesi a casa si va.
Miei cari commilitoni che su quel carro occupavate ognuno lo spazio riservato ad un quinto di cavallo, ditemi che
effetto vi farà quella canzone, sulle vostre memorie, se oggi la ricantate mettendo civili al posto di borghesi.
Eugenio Sebastiani