GALINA DE CIAF Trent’ anni dopo


Marzo 1971

L’8 dicembre, ricorrendo il 30° anniversario della battaglia di Ciafa Galina, si sono riuniti a Conegliano i «veci» reduci di quelle dure giornate.
In grande maggioranza erano del Btg. «Cadore», ma c’erano anche i rappresentanti della 66a Cp. del «Feltre», del plotone del S. Ten. Narduzzo del «Val Fella» e della Compagnia Reggimentale del 7°, che in quei lontani giorni avevano condiviso i disagi ed i pericoli.
Numerosi i vessilli ed i gagliardetti delle sezioni, dei gruppi e dei Mutilati ed Invalidi di guerra, ed a loro si unì il vecchio gagliardetto del Btg. «Cadore» arrivato da Tai accompagnato dal Cap. T__ella, dal M.llo Grandinetti, ferito a Galina de Ciaf, e da due giovani e begli alpini
Malgrado la neve caduta nella notte, dalle valli del Comelico, di Zoldo, del Cadore centrale, dai ridenti centri del Coneglianese e di Vittorio Veneto e da più lontano ancora erano venuti i «veci» riunendosi intorno alla signora Perico ed al figlio Renato per rendere onore al loro vecchio Comandante ed a tutti i Caduti del nostro Battaglione.
Ci siamo ritrovati un po’ invecchiati, ma il sorriso nel riabbracciarsi era sempre quello di una volta, amichevole e sereno.
Ci siamo riuniti nell’accogliente chiesetta del PP. Cappuccini a Conegliano che ne risultò gremita. All’Elevazione un «vecio» con la sua tromba ha dato l’attenti e poi ha suonato, veramente all’alpina, «Monte Tomori».
Al termine della S. Messa il Cap. Gastone Ferro, brillante sottotenente della 67° Cp. a Galina de Ciaf, ha ricordato così quelle giornate:
«Uno schianto improvviso, e fu l’8 Dicembre di Galina de Ciaf. Così un meriggio inzuppato di pioggia, fangoso doveva insediarsi nella storia del Btg. Cadore.
Il fragore della battaglia subito levato, dura ancora ed echeggia per tutte le valli cadorine, e più in là, nella tristezza di un lutto che si protrarrà di famiglia in famiglia chissà per quanto ancora, per sempre forse.
L’8 Dicembre durò un istante e fu notte.
Al di là della breve valle il nemico, chiassoso, aveva acceso innumerevoli fuochi ben sapendo, che privi di artiglieria e mortai, non avremmo potuto molestarlo,
Più tardi uno sconcertante silenzio, rotto da un latrare lontano di cani, un buio fondo e pieno d’ansia gravarono su di noi, e trascorremmo la notte, gli occhi conficcati nelle tenebre, guardinghi, finché l’alba del 9 Dicembre riaccendeva d’un tratto la battaglia.
Si combatté ancora per un intero giorno e verso sera un poco di nebbia risalente il pendio permise al nemico d’infiltrarsi fra noi, a quel nemico il cui impeto avevamo con vigore contenuto sebbene sì poveramente armati, o meglio, armati solo di coraggio e di quel valore tenace e testardo che distingue e caratterizza gli alpini.
9 Dicembre sera!
Il mio Battaglione, il nostro Battaglione, era sconfitto.
Ci precedeva una storia di vittorie, una giovinezza avevamo trascorsa in cui altro non s’era parlato che di eroi, ci precedeva un gonfio fardello di una guerra vittoriosa. Sin da quando eravamo bambini avevamo sentito e cantato canzoni ch’esaltavano un’Italia sempre vittoriosa.
Ed ecco a distruggere in noi tutto ciò d’un tratto, Galina de Ciaf.
Nella notte che seguì, non so più dove, davanti ai fuochi accesi sotto la persistente pioggia, i superstiti, a capo chino, in silenzio devastati nell’animo, attendevano, pareva non si sapesse cosa.
Il Col. Psaro, comandante il 7°, era morto in mezzo a noi, il Cap. Tarabini, il S. Ten. Luzzatto erano caduti al loro posto e con loro numerosi alpini; tanti i feriti, alpini ed ufficiali.
Questo poco m’è rimasto di Galina de Ciaf!
Una amarezza indicibile, una tristezza profonda.
Eppure io so di essere ingiusto, io so che il mio pensiero offende noi tutti che lassù combattemmo strenuamente, armati, lasciatemelo ripetere, solo di coraggio e di dignità.
I bollettini di guerra di quei giorni infatti citavano a caratteri risonanti la resistenza ad oltranza dei Btg. «Feltre» e «Cadore».
Ed era giusto.
Forse per la prima volta l’esercito nemico si era trovato di fronte a due Battaglioni di granito, che cedettero solo quando furono distrutti dalle artiglierie e dai mortai, di cui noi eravamo privi, tutti i loro centri di fuoco.
A parità d’armamento devo dire, avremmo di certo messo in fuga quei reparti, seppure numericamente molto superiori.
Fu scritto un libro:
«Centomila gavette di ghiaccio» un libro in cui tutta l’Italia si riconosce.
Noi abbiamo scritto un libro che nessuno leggerà:
«Cento, settecento, mille gavette di sangue e di fango» per questa volutamente dimenticata «Pusteria».
E lasciate allora ch’io mi rammarichi!
E non posso, ed è motivo questo di conforto, il solo forse, non ricordare parole che furono dette da un uomo, e non a caso uso questo termine «uomo»: «Ho comandato, disse, molti reparti, ho vissuto la mia vita tra gli alpini dall’uno all’altro dei nostri reggimenti; ma come questi soldati tenaci, generosi, orgogliosi non ne conobbi mai».
Caro Col. Perico, carissimo Comandante, così burbero e gentile, così avaro di sorrisi e riservato.
Pochi sanno della tua sofferenza per ogni alpino che cadeva.
Erano tempi in cui per una rapida carriera, senza intoppi, si doveva dire che ogni cosa era perfetta ed esatta.
Forse tu solo di tanti e tanti Comandanti avevi il coraggio, ed io ne sono testimone, avevi il coraggio di denunciare le manchevolezze e il disordine che ci affligevano per la noncuranza dei Capi.
L’amore che portavi a tutti noi, la tua umanità, e per chi sa basta un nome Passo Jàbuca, facevano sì, queste tue alte qualità che ti dimenticassi del tuo tornaconto. Non si può parlare di Galina de Ciaf, non si può accennare ad un qualsiasi fatto che riguardi il Btg. Cadore, senza che si levi innanzi a noi la sua rocciosa paterna immagine.
Chi non ricorda ciò che disse al Col de Brouis all’ufficiale tedesco forte di una divisione corazzata, che gli ingiungeva di consegnare le armi: «Molti sono i campi di battaglia su cui ho combattuto e mai ho ceduto le armi. Venitele a prendere se vi riesce».
Un giorno, ed io ero al suo fianco, un giorno in cui un nutrito fuoco di fucileria ci aveva presi di mira, mi gridò con un tono che non ammetteva disobbedienza:
«Stattene giù».
Ed egli rimase eretto, impassibile.
Vi furono momenti, nell’andar dei giorni, gravi e disperati, Mai ci riuscì di cogliere sul suo volto un attimo di sgomento.
Un comandante era, un alpino, un simbolo, il Battaglione stesso!
Mi piace pensare che verrà tempo, che da tutto il Cadore i suoi vecchi alpini scenderanno a prendersi le sue spoglie, poiché lassù egli dovrebbe giacere, ravvolto nel maestoso silenzio delle alte fiammeggianti vette, tra le arcane sublimi leggende di quelle valli, leggenda divenuto Lui stesso».
Dopo ci siamo recati al monumento ai Caduti di Conegliano a deporvi una corona, successivamente al cimitero, dove abbiamo deposto sulla tomba del T. Col. Perico un cuscino di garofani rossi sul quale risaltava un 7° bianco. Il Col. Morosini, medaglia d’argento al valore e gravemente ferito a Galina de Ciaf, ha dato l’attenti invitandoci a ricordare i nostri Caduti.
Dopo siamo stati insieme, tra «veci», e l’argomento ricorrente era il pensiero che ha concluso il discorso del Cap. Ferro; noi siamo d’accordo ed attendiamo un’iniziativa da parte dei «veci » del «Cadore» cadorini.

Uno dei «veci» di Galina de Ciaf


I TREVIGIANI DECORATI A GALINA DI CIAF

Non abbiamo appreso in tempo che Conegliano era stata prescelta per il convegno dei reduci del battaglione «Cadore» che - unitamente a quelli della 66a compagnia del «Feltre», del plotone del sott. Narduzzo del «Val Fella» e della compagnia reggimentale del 7° - erano attesi per la commemorazione del 30° anniversario dei combattimenti di Galina di Ciaf. Nel giornale sezionale non è quindi apparso l’annuncio - come sarebbe stato doveroso, unitamente a un caloroso saluto - e dobbiamo quindi limitarci alla cronaca che abbiamo sopra pubblicato.
Riteniamo opportuno aggiungere il testo della seguente lettera che il ten. col. Perico scrisse a Campari pochi giorni dopo quel fatto d’armi e che rivela quanto eroicamente si siano comportati gli alpini a Galina di Ciaf:
Carissimo Campari,
dopo nove giorni dalla dura prova che il «Cadore» ha brillantemente superata, ti mando le nostre notizie.
Il combattimento di Galina di Ciaf è durato esattamente 18 ore.
Il Battaglione, in posizione isolata, schierato su una dorsale di circa tre Km. ha sostenuto l’urto nemico, preparato da un intenso tiro d’artiglieria e mortai, con mirabile ardimento ed alto spirito di sacrificio.
Sono caduti eroicamente a fianco dei propri uomini il capitano Tarabini ed il S. Ten. Luzzatto, il primo verso le ore 16 del 9, mentre il nemico intensamente bombardava la quota 1089 di Galina di Ciaf e tentava gli ultimi disperati assalti, arginati dai parziali, tenaci audacissimi contrassalti dei nostri lungo tutta la linea; il secondo colpito alla fronte mentre, oltre le linee, a bombe a mano respingeva un nucleo di nemici che aveva tentato di infiltrarsi nella posizione.
I vostri Alpini sono stati veramente eroici, tutti, dal primo all’ultimo, hanno confermato, caro Campari, le magnifiche doti e tradizioni dei vecchi Cadorini di Calvi, dei Combattenti di Croda dell’Ancona, delle Tofane; molti dei nostri sottufficiali e graduati hanno di iniziativa contrattaccato il nemico a bombe a mano, buttandosi avanti oltre le nostre linee. Il nemico, ributtato una decina di volte, è sempre ritornato con truppe fresche all’attacco.
Si sono particolarmente distinti in queste azioni il Ten. Pisoni, il Ten. Appoggi, il S. Ten. Luzzatto, il Serg. Magg. Davare, i sergenti Riccobon, Andreotta, Orubolo, Menia, quest’ultimo veramente eroico nella vera essenza della parola, ha, nella giornata del 9, contrattaccato il nemico ben 8 volte. Meravigliosi tutti i nostri mitraglieri morti e feriti sulle armi che non hanno mai cessato di far fuoco anche quando, letti segno al più intenso tiro di mortai e d’artiglieria, stavano per essere sopraffatti.
La gloriosa giornata rimarrà, nella storia del nostro Battaglione, come una delle pagine più belle delle guerre sin qui combattute. Il povero Colonnello Psaro morì il giorno 8 verso le ore 15 mentre, con me, si recava in un punto della linea ove si svolgeva un contrattacco per ricacciare una infiltrazione nemica (tratto tenuto dalla 68° compagnia).
Il Battaglione è stato proposto per la concessione di medaglia d’argento al valor militare sul campo. Ora siamo in linea, ed attendiamo».
Non siamo in grado di enumerare le molte decorazioni conferite ai prodi di Galina di Ciaf; tra essi sono numerosi i trevigiani ed è per rendere omaggio a loro - ma nel contempo per far intuire quanto l’avvenimento rappresenti una gloriosa pagina scritta dagli Alpini - che pubblichiamo l’elenco dei riconoscimenti conferiti per atti di valore compiuti in quelle diciotto ore tra l’8 e il 9 dicembre del 1940. Il direttore di Fiamme Verdi, che da tempo si dedica alla ricerca dei nomi dei Caduti e dei decorati alpini nati in provincia di Treviso (compito assai difficile e lungo che lo costringerà forse a lasciare le altre incombenze svolte nell’ANA), fornisce il seguente elenco che, per la ristrettezza dello spazio, non può venire integrato dalle relative motivazioni; l’elenco risulterà forse incompleto (essendo tuttora in corso le ricerche) e si sarà grati ai lettori che potessero segnalare eventuali omissioni.
Medaglie d’Argento:
GIACOMEL RUGGERO (alla memoria), alpino, da Formeniga di Vittorio Veneto;
DE LUCA GIOVANNI, alpino, da Fregona;
MOROSINI MARINO, tenente, da Treviso;
ORUBOLO GIOVANNI, sergente, da Vittorio Veneto.
Medaglie di Bronzo:
DE NARDI NATALE (alla memoria), alpino, da Vittorio Veneto.
Croci di Guerra al Valor Militare:
PAGOTTO MARCO (alla memoria), alpino, da Orsago;
BERLATO DAVIDE, sergente, da Montebelluna;
CARPENE’ CARLO, alpino, da Revine. Lago;
CONCIONI MARIO, alpino, da Ramon di Loria;
DALL’ANESE ANTONIO, cap. magg. da S. Vendemiano;
DALLE CESTE VITO, alpino, da Pieve di Soligo;
DAL MAS ANTONIO, cap. magg., da Orsago;
D’ANDREA GIOVANNI, sergente, da Pieve di Soligo;
DEL FABBRO VALENTINO, tenente medico, da Conegliano;
DELLA COLLETTA ANTONIO, alpino, da Orsago;
DEL PIN PIETRO, alpino, da Fregona;
DE MARTIN ANGELO, caporale, da S Fior di Sopra;
FASAN ANTONIO, alpino, da S. Zenone degli Ezzelini;
FERRACIN PIETRO, alpino, da Cordignano;
MARCHIONI PAOLO, cap. maggiore, da S. Fior;
MASUT STEFANO, cap. magg., da Conegliano;
MICHELIN LUIGI, serg. magg. da Montebelluna;
MONTECCHIO ALESSANDRO, sergente, da Treviso;
PIZZOL AUGUSTO, alpino, da Sarmede;
POLESELLI NARCISO, alpino, da Conegliano;
TIBERIO FRANCESCO, alpino, da Montebelluna.