FINALMENTE UNA SEDE |
Settembre 1971 |
Non era possibile che gli alpini di
Conegliano - patria del 7° - non avessero la loro sede sociale. Il grosso problema - come sasso che rotola nel torrente
- è rimbalzato di seduta in seduta del Consiglio sezionale, finché si è fermato ed ha preso piede, forma, realtà.
Il merito di tutto questo lo si deve al Presidente della Sezione Comm. Enot. Guido Curto, che con la cocciutaggine che
distingue i muli e gli uomini della montagna (non si sa ancora se sia stato il mulo a rendere cocciuto l’alpino o
viceversa), ha voluto a tutti i costi e costa parecchio che i suoi alpini avessero una sede stabile, accogliente,
dignitosa, una baita ove poter respirare l’aria della fraternità alpina, della comprensione reciproca, dell’affetto
montanaro, dei ricordi e soprattutto per stringere maggiormente il legame tra i vecchi ed i nostri baldi giovani.
Costi quel che costi - disse Curto ai suoi consiglieri; i debiti non fanno paura quando si ha la coscienza di fare una
cosa degna, seria, onesta, pulita, e poi abbiamo Conegliano alle spalle. Conegliano che conosce i suoi alpini, perché
come si diceva all’inizio, è stata la patria del 7°, inquadrato durante l’ultimo conflitto nella Divisione «Pusteria» ed
ora nella Brigata «Cadore»; Conegliano che ha dato il nome ad un Gruppo del 3° Rgt. Artiglieria da Montagna, inquadrato
nella gloriosa ed eroica Divisione «Julia» durante la guerra ed ora nella stessa Brigata dal nome immortale.
Conegliano abbia dunque, non mancherà di essere orgogliosa di questo avvenimento che la porta ad inserirsi nel novero
delle città già sedi di sezioni vive, operanti, attive e fattive.
Dove è questa sede? In una casetta di Via Beccaruzzi, corrosa dal tempo e dagli armi come una vecchia baita di montagna,
ma gli alpini la stanno trasformando. Lavorando settimana su settimana, impiegando le loro ore di tempo libero, con
meraviglioso ed encomiabile spirito di sacrificio, gli alpini dei gruppi dipendenti, a turno, senza gru o tralicci,
senza tramogge, senza betoniere o carrelli, hanno riparato e ricostruito con la tenacia alpina e con la forza delle
loro mani use alla ricerca dell’appiglio roccioso, muro su muro, solaio su solaio, tegola su tegola, tanto che fin d’ora
si vede entrando - nelle ore di apertura - l’abbozzo e la sistemazione dei locali studiati in modo da renderli degni,
decorosi e funzionali.
Sono partiti con un fondo cassa di poche lire, ma la comprensione dei soci, degli amici, dei cittadini, dei
simpatizzanti, degli enti e dei Gruppi alpini dipendenti, ha fatto miracoli. Sono stati elargiti materiali da
costruzione e fondi. Le Brigate Alpine «Julia» e «Cadore» hanno fatto il resto e non hanno messo limite alla loro
generosità.
Questa grande famiglia verde, che lega tutti Generali e soldati in un solo abbraccio di fraternità, di affetto, di
concordia, di comprensione, ha uno spirito di corpo meraviglioso che è invidia di molti, gelosia dei maligni, avversione
per i denigratori della Patria.
Diceva il Cappellano alpino Don Pietro Zangrando: «Gli alpini sono una porca fameja, ma una grande bella fameja»; un
glorioso Colonnello reduce di Russia, diceva invece: «Noi siamo una mafia verde, una mafia di amore, di cameratismo, di
generosità, di reciproco aiuto».
Noi diciamo: «Siamo compatti perché ci vogliamo bene».
L’inaugurazione ufficiale della sede avverrà il prossimo anno nel quadro delle manifestazioni per il centenario delle
truppe alpine. Infatti il corpo è stato costituito nel 1872 dall’allora Capitano Perrucchetti di Cassano d’Adda, per un
arrangiamento inserito tra le pieghe di un decreto che aumentava il numero dei Distretti Militari, e per questo
arrangiamento gli alpini sanno arrangiarsi in ogni tempo e in ogni luogo, sia in pace che in guerra.
Sarà una festa grandiosa, saranno due giornate di esaltazione dell’amor patrio, saranno due giornate di serenità e di
armonia in cui vedremo gli alpini nel loro caratteristico folclore, nel loro esuberante e schietto spirito, ci
esalteranno le loro genuine e vecchie canzoni, ci commuoveranno i ricordi e la visione dei vecchi combattenti che anche
se cadenti per gli anni, sanno portare ancora con fierezza e con orgoglio la loro gloriosa penna nera.
Gli alpini quando fanno le cose, sono abituati a farle sui serio e a farle bene. Sarà una manifestazione di ancor più
vasta entità delle precedenti cerimonie del 1948, del 1954, del 1959 e del 1963 attuate per la inaugurazione della
Gradinata degli Alpini, dei pennoni porta bandiera, per il convegno triveneto, ecc, e pertanto viene chiesta la
partecipazione viva ed operante di tutta la cittadinanza e il suo appoggio morale e materiale.
Vedremo finalmente garrire non più sporadico, sperduto ed isolato il tricolore, ma una selva di bandiere italiane,
sentiremo finalmente parlare di una cosa ormai reietta e dimenticata, sentiremo finalmente il cuore pulsare nel parlare
di PATRIA.
A.PIASENTI