PIAVE «FIUME SACRO» |
Gennaio 1974 |
Portava all’occhiello di una giacca pulita, ma lucida
dall’uso e che aveva certamente conosciuto per molte volte la benzina, un distintivo inconfondibile ed inequivocabile.
Il nostro distintivo dell’A.N.A.
Il suo comportamento denotava una dignitosa povertà, una seria compostezza, una austera riservatezza, il che dimostrava
nel suo insieme l’uomo che aveva molto sofferto e patito, l’uomo che il dolore sapeva tenerlo in sé e per sé.
Gli occhi incavati, i capelli canuti, leggermente curvo dagli anni, davano già l’idea dell’età di quell’alpino. L’età
che noi chiameremo «del combattente del 1915-18 ». Era infatti un Cavaliere di Vittorio Veneto.
Era salito a Verona sull’autocorriera che fa servizio Milano - Gorizia e passando attraverso la Marca Trevigiana, nella
zona del Piave, che fu calda ed infuocata nei lontani anni del 1917-18.
Treviso - Carità - Visnadello- Spresiano. Ora l’automezzo percorre il lungo viale che fiancheggia la ferrovia e dove
ancora si notano in mezzo ai rovi vecchie costruzioni in calcestruzzo, vecchi fortini che a ridosso del terrapieno della
ferrovia videro l’eroismo e la gloria dei nostri soldati.
Dopo il sottopassaggio della ferrovia Conegliano-Montebelluna, un filare di cipressi porta, dopo una curva, al ponte
della Priula.
Ponte della Priula sul fiume PIAVE «FIUME SACRO ALLA PATRIA».
Ed è in questo momento, nel momento in cui l’autopullman imbocca il ponte, che si assiste ad uno spettacolo commovente:
il cuore da un balzo, un nodo stringe la gola, gli occhi si inumidiscono. Quell’uomo che fino ad allora aveva viaggiato
nel suo angolo, taciturno e chiuso nei suoi ricordi, sembra svegliarsi da una lunga meditazione, si alza, occupa il
corridoio e si inginocchia facendosi il segno della croce. In tale posizione rimane per tutta la lunghezza del ponte,
poi riprende il suo posto in silenzio senza alcuna parola di commento o giustificazione.
I passeggeri in un primo tempo pensarono fosse un ubriaco o uno che stesse male, ma ben presto si resero conto di quali
sentimenti fosse pervaso il cuore di quell’alpino, di quali e quanti ricordi dovessero affollare la sua mente, e
contemplarono quello spettacolo con commozione e comprensione. Erano certamente visioni - le sue - di battaglie cruente,
di commilitoni caduti, e di tanto tanto sangue da arrossare l’acqua del Piave.
Io scesi a Conegliano, ma lui proseguì. Dove fosse diretto non lo so. L’unico mio rammarico è di non averlo abbracciato
con trasporto, col più profondo sentimento e spirito alpino.
Tale vicenda non ha bisogno di commento, ma voi amici che leggete questi appunti e che sapete quali sentimenti sono
custoditi nel cuore dei nostri alpini vecchi e giovavi, trovate ancora qui un esempio vivo e palpitante di amore e
calore umano, di uomini che non si vergognano a dimostrare il loro amore per tutto quello che è sacro al cuore degli
italiani, ma soprattutto che sanno dare testimonianza in pubblico e senza vergogna, del loro attaccamento per tutto ciò
che viene compreso nella parola PATRIA.
E così, prendendo esempio da quel vecchio alpino, dovremmo essere tutti noi.
A. Piasenti