PER IL TRICOLORE |
Giugno 1984 |
Anno del Tricolore. Giornata del Tricolore.
Sull’iniziativa promossa dall’A.N.A. di ottenere l'istituzione di una Giornata (lavorativa) del Tricolore non possiamo
che essere tutti d’accordo. Il dubbio sorge sulle possibilità di riuscita di tale suggerita espressione unitaria di
amore alla Bandiera, poiché sarebbe terribile se in una giornata così dedicata all'esaltazione dell'amore alla Patria,
di Tricolori se ne vedessero assai pochi.
Anzitutto perché per la gran parte degli italiani una festa non sussiste se quel giorno bisogna andare a lavorare. Poi
per la constatazione che, durante le esistenti feste nazionali con esenzione dal lavoro, la Bandiera — salvo rare
eccezioni — non appare esposta nemmeno negli edifici pubblici, poiché è raro (se non sindacalmente proibito) trovare un
usciere disposto (specialmente se la « festa » favorisce l’effettuazione del « ponte ») a consumare mezz’ora, pur
retribuita, per esporre al mattino e poi ritirare alla sera la Bandiera al balcone centrale dell’ edificio (ammesso che
in un palazzo moderno i progettisti non trovino che un portabandiera stona con la linea architettonica).
La gente bisogna prima educarla a determinate sensibilità, e la Festa del Tricolore può avere indubbiamente questa
preparatoria finalità, in attesa che maturi quella spontaneità che dovrebbe già venire adeguatamente coltivata
prevalentemente nelle scuole; ed è proprio a dotazione degli edifici scolastici che è frequente il dono che gli alpini
fanno del pennone e della Bandiera. e ciò è tanto più apprezzabile di molteplici costose iniziative che l’ANAS
(Associazione Nazionale Alpini Samaritani) lodevolmente ma non statutariamente escogita con mirabile instancabilità,
dimenticando se occorre coloro che per la Bandiera sono morti.
Se non si insegna a questo distratto popolo italiano che il Tricolore riassume sacrifici e speranze di tante generazioni
che attraverso vittorie e sconfitte hanno lasciato a noi, in nome della Bandiera, l’indiscusso onore di essere italiani
e liberi, dubito che una Festa del Tricolore possa avere il meritato successo.
Educhiamo intanto noi stessi, gli alpini nuovi e le loro nuove famiglie.
Ricordo che — nel periodo 1965-1968 — tra le iniziative indette nel cinquantenario della prima guerra mondiale, che è
pure stata l’ultima guerra del nostro Risorgimento, la nostra Sezione donava — in occasione del matrimonio di ogni suo
socio — la bandiera da esporre, abitasse egli in piazza o in mezzo ai campi, al balcone della sua casa.
C’è stato il suggerimento di continuare nell’iniziativa, ma dopo la conclusione delle celebrazioni, esaurite le poche
decine di Bandiere acquistate a tale scopo, la bella usanza finì. Forse vale la pena di riprenderla, in questo anno che
viene conclamato del Tricolore, quale semina di italianità nelle nuove famiglie (almeno in quelle alpine) dove
nasceranno gli uomini e le donne di cui l’ Italia abbisogna, e cioè migliori di noi.
M. ALTARUI