IN BREVE |
Giugno 1987 |
Sognavo da sempre, volevo un cappello,
volevo fra tutti, che fosse il più bello,
ho cercato molto, non l’ho trovato
ma poi un giorno, sono andato soldato.
Chissà perchè, sarà forse il destino,
mi hanno arruolato, ma han fatto un alpino,
ho avuto un regalo, sono rimasto incantato,
un cappello vero, l’ho perfino baciato.
Verde il colore, la penna nera,
quella di un’aquila, che vola leggero,
c’è la nappina, del mio reggimento,
chi ti fa cantare, ed esser contento.
Non ho più paura, non temo più niente,
ora ho trovato, il mio salvagente,
se piove, a me non serve l’ombrello
io non mi bagno, sotto il cappello.
Quando ho sete, non mi serve il bicchiere
nel mio cappello, mi metto a bere,
se incontro sui monti, la notte, il buio vicino,
ho il mio cappello che mi fa da cuscino.
Mi guardo allo specchio e mi vedo più bello,
se in testa, metto il mio verde cappello,
le bimbe, ci ammirano, nelle nostre sfilate,
sembrano tutte, di noi innamorate.
I bambini, ci guardano, tutti incantati,
e pensano, anche noi, andremo soldati,
avremo anche noi, quei verdi cappelli,
saremo più grandi, più buoni, più belli.
Neppure la neve, la pioggia, o la bufera,
farà mai paura, a una penna nera,
non ci sono altri sogni, altri desideri,
per gli alpini, che hanno cappelli veri.
FRANCESCAI ENZO
Susegana, novembre 1986
A gennaio il gen. C.A. Benito Gavazza ha lasciato il comando del 4° Corpo d’Armata Alpino per assumere il comando
della F.T.A.S.E. (Forze Terrestri Alleate Sud-Europa) a Verona.
Gli succede il gen. di C.A. Fulvio Meozzi già noto agli Alpini per avere comandato la Scuola Militare Alpina.
Il 17 aprile, nella Caserma “Piave” - sede del Gruppo di Art. Mont. “Conegliano” -, sono avvenute le consegne del
comando della Brigata Alpina “Julia”, tra il gen. Carlo Alberto Del Piero - di anni 55 - e il gen. Gianfranco Zaro - di
anni 50.
Alla cerimonia hanno assistito numerose autorità civili e militari e molti alpini in rappresentanza di varie sezioni
ANA, tra cui quella della nostra sezione con il vessillo portato dall’alfiere Mario Longhino. -
Il direttivo e tutte le Fiamme Verdi della nostra sezione augurano ai generali Gavazza, Miozzi, Del Piero e Zaro tante
soddisfazioni, e il raggiungimento di sempre più ambiti traguardi.
Li accompagnano la nostra amicizia e la nostra stima.
Il Vessillo della sezione, oltre alle innumerevoli manifestazioni e cerimonie, che qui non vengono nominate, era presente - con il gagliardetto del gruppo “M.O. Pietro Maset” alla cerimonia - che la Brigata Alpina “Julia” organizza unitamente al gruppo Muris di S. Daniele del Friuli, sul monte Muris, - in ricordo di tutti gli alpini caduti, con particolare riferimento a quelli morti con l’affondamento della nave Galilea, appartenente al Battaglione “Gemona”, avvenuto il 28 marzo 1942, durante il ritorno dalla Grecia. Con lo stesso convoglio, imbarcato sulla nave Piemonte con il Battaglione “Tolmezzo”, ha assistito alla tragedia il nostro alfiere Mario Longhino.
Si è costituito un comitato promotore per studiare, in occasione del 70° anniversario della Battaglia del Piave la
realizzazione di un’opera monumentale per ricordare alle generazioni di oggi l’epopea degli italiani e della gente
veneta in particolare che, in sol blocco con il soldato italiano seppero, contro l’avversa sorte, coagulare i sentimenti
e “fare contro il nemico una barriera”, situazione che consentì il riordino morale e materiale della Nazione,
presupposto per la vittoriosa battaglia del Piave del giugno 1918.
Il monumento sorgerà dove il Piave sbocca in pianura, nel tratto tra Pederobba ed Onigo, dove l’orizzonte abbraccia
un’ampia zona dei campi di battaglia dal massiccio del Grappa al medio corso del Piave ed al Montello.
L’opera ispirata al testo della “Canzone del Piave” deve presentarsi come luogo di serena meditazione; accanto al tema
della vicenda militare apparirà una testimonianza di umanità sincera e profonda.
Dalle figurazioni non deve trasparire l’esaltazione retorica della Vittoria, ma lo spirito e la coesione che ha unito
gli italiani in uno dei momenti più critici per i destini della Patria.
L’alpino ANDREA GRANZOTTO, originario di Santa Lucia di Piave, e da molto tempo emigrato in Australia ci invia,
frequentemente, lunghe lettere informandoci di quello che accade lì, degli incontri a cui costantemente partecipa con
gli amici alpini e con l’Associazione Trevisani nel Mondo. Ci ha pure scritto dell’incontro avuto, sempre in Australia,
con la delegazione della nostra Associazione, al quale ha partecipato il Presidente Nazionale Leonardo Caprioli e la
signora Bertagnolli, vedova di Franco.
Nelle sue lettere si manifestano le doti - che certamente non gli fanno difetto: l’entusiasmo, l’onore, la fierezza di
essere italiano e alpino, profondamente amante della sua Patria, del suo Paese e delle sue tradizioni, condivise da
tutti i nostri cari emigranti, a cui fa cenno ripetutamente.
In occasione delle festività natalizie gli abbiamo inviato gli auguri ringraziandolo per il ricordo sempre vivo che ha
della sua terra, dei nostri stupendi monti e delle verdeggianti nostri valli.
Ci ha risposto con calore ed emozione, esprimendoci la sua gratitudine e il suo compiacimento.
Noi vogliamo, attraverso queste poche righe, esterna- re ai nostri conterranei, che per motivi di lavoro han dovuto
espatriare, i sensi di stima, di affetto e di gratitudine per il grande insegnamento di amore alla nostra, pur
tormentata, ma sempre bella Italia, radicato nell’animo.
Una delle foto inviateci da Granzotto, in cui si notano gli emblemi di italiano ed alpino.
Quando un popolo divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta
ne vuole, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati
tiranni.
E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori, è definito uomo senza carattere, servo; che
il padre, impaurito, finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato; che il maestro non osa
rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; la stessa considerazione va fatta nei riguardi dei vecchi e
questi, per non essere troppo severi, danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà, in nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno, in mezzo a tanta
licenza, nasce e si sviluppa una mala pianta:
la tirannìa.
Percorro a fronte bassa i meandri della professione, ormai ho in sorte una famiglia intera, una bimba che sa dire
papà.
E quando viene sera, barboncino al guinzaglio, cammino i viali di questa città: mi accade all’improvviso di trovarmi in
un prato del centro, raro sopravvissuto, a guardare una distesa di erba spagna.
Ritornano così, sereni per un attimo, i ricordi vestiti in grigio- verde.
Gli alpini della Julia erano nella polveriera tra i campi, e mi mandavano al comando di Brigata di Udine ogni giorno,
aiutante di sanità con incarichi speciali:
dovevo riempire più che potevo la vecchia AR-59 (auto da ricognizione) con viveri da riportare. Caricavo formaggio, vino
nero, pani di burro fresco, grossi sacchi di pasta e di pane. E tornando Tonino Colangelo, alpino degli Abruzzi
comandato in terra friulana a guidare quell’auto, mi proponeva:
“Perchè, caporale, non ci fermiamo nel fresco di un campo e ci facciamo un panino e un bicchiere?”. Ci fermavamo allora
in un prato verdissimo, ricolmo di erba spagna, alta e pulita.
Eravamo, per pochi minuti, evasori di un sistema; quell’erba profumava e noi parlavamo delle nostre ambizioni, di
Patrizia e di Elena, una di Conegliano l’altra di Teramo.
È passato del tempo, ma stasera, tornato dal giretto col cane, ho cercato in fondo al mio cassetto quel vecchio foderino
a portafoglio. Pelle nera di foca, lo portavo nella tasca di dietro della tuta mimetica.
Vi ho trovato due foto, un volto di ragazza e un gruppetto di alpini col cappello, e un filo secco secco di erba spagna.
Ritorna primavera. Ci invade sempre il cuore, ed una volta ancora ci riporta ai vent’anni, cappello con la penna
spennacchiata e tanto amore.
Renzo